È uscito questa settimana nelle sale “Martedì e venerdì”, il film di Fabrizio Moro – sì, proprio lui, il vincitore di Sanremo 2018 con “Non mi avete fatto niente” – e di Alessio De Leonardis, che racconta la storia di un uomo costretto ad abbracciare il crimine pur di non perdere il rapporto con la propria figlia.
Una storia che ha sì un aspetto noir, da thriller urbano. Ma ne ha anche uno, più profondo, legato al tema dei padri single. Raggiungiamo telefonicamente Alessio De Leonardis, che già aveva girato, insieme a Fabrizio Moro, il suo film precedente, “Ghiaccio”.
Alessio, il suo film disegna un padre separato che vive grandi difficoltà per vedere la figlia. Da che cosa siete partiti?
“Siamo partiti da elementi autobiografici. Sia io che Fabrizio siamo padri separati. E ci siamo resi conto che molti padri separati vivono le stesse difficoltà per mantenere il rapporto con i figli. Volevamo accendere una piccola luce su questo problema”.
Il vostro protagonista, interpretato da Edoardo Pesce, non vive però rapporti conflittuali con la compagna.
“Era importante raccontare la possibilità che le persone si separino senza per questo farsi la guerra. È la crisi economica, la mancanza di denaro che mette a rischio tutto. Ed è questo il punto: dopo una separazione, non tutti hanno la possibilità di gestire tranquillamente i rapporti con i figli e con la ex compagna. Devi potertelo permettere”.
Perdere il lavoro, e tutto crolla.
“Sì. Se perdi il lavoro, cede tutta la struttura emotiva”.
C’è qualche cosa che la nostra società dovrebbe fare, riguardo ai padri separati?
“Fortunatamente non faccio il politico, ma è un argomento su cui varrebbe la pena ragionare. Conosco molti padri separati che vanno a mangiare alla Caritas e dormono in macchina. Andrebbe speso, per loro, qualcosa di più delle belle parole”.
Avete figli, Fabrizio e lei?
“Fabrizio ha due bambini, e io ho una bimba. Oltre al legame professionale, c’è questa cosa che ci unisce”.
E invece come vi dividete i compiti sul set?
“Questo film era molto importante, perché ci toccava da vicino. Nel primo era tutto un po’ sull’onda dell’entusiasmo: qui io mi sono occupato più dell’immagine e Fabrizio si è dedicato agli attori. Fra gli attori, peraltro, ci sono persone che hanno conosciuto davvero il mondo della piccola malavita, che hanno vissuto in certi quartieri. Mirko Frezza viene dallo stesso quartiere in cui sono cresciuto io: da bambino lo temevo. Adesso ci vogliamo bene, ci siamo fatti due risate pensando a quei tempi”.
Tornando ai bambini. È la figlia che, nel film, assorbe ogni frana emotiva del personaggio del padre.
“I bambini sono sismografi, percepiscono ogni dolore. E io mi auguro che il film faccia passare l’idea che non bisogna mentire mai. Ai bambini va detta sempre la verità. Se menti, un bambino se ne accorge”.
Sua figlia come vive la separazione?
“All’asilo, le maestre chiamano le nostre ‘le famiglie speciali’. Intanto è un passo avanti: capire che siamo comunque famiglie. L’importante è mantenere la pace, i rapporti civili fra mamma e papà”.
E legalmente, come sono i rapporti? C’è parità fra padri e madri?
“I genitori maschi sono evidentemente svantaggiati nel rapporto con i figli. In generale, hanno molti meno vantaggi. È la verità, e non posso nasconderla. Hanno molti più obblighi di legge e molti meno diritti”.
Con la madre di sua figlia come vanno le cose?
“Per fortuna non abbiamo mai avuto bisogno di mettere in mezzo avvocati. Nostra figlia è venuta sempre al primo posto. E secondo me, la cosa più importante è che tutti dovrebbero rendersi conto che mettere al mondo un figlio è una cosa importante, la più importante. Ogni dettaglio legale viene dopo. Noi abbiamo messo nostra figlia al primo posto, e abbiamo sempre ragionato per lei”.