“A volte gli spettacoli nascono da una forte urgenza personale, chiara, netta e radicale di affrontare un tema, una questione. Altre volte, come dico, a me sta succedendo ultimamente, sono i temi che ti vengono a cercare. In questo caso è andata così, perché sono stata chiamata da Antonio Latella, direttore di Biennale, quattro anni fa, a lavorare ad un progetto sul tema del nascondimento, della censura. Contemporaneamente, nella mia vita personale, una donna è venuta a cercarmi per raccontarmi una storia di censure e di tabù. Due fatti così non potevano essere ignorati. E quindi mi sono messa un po’ a servizio di questa circostanza e ho narrato l’incontro con una donna e col suo segreto”.
E’ nato così “Dentro”, lo spettacolo di cui l’attrice premio Ipazia, Giuliana Musso, ha curato la drammaturgia e la regia, per evocare con intensità uno spaccato sulle violenze celate dalle mura domestiche. Ci riesce benissimo e, in scena con Maria Ariis, condivide con lo spettatore un’indagine su storie che lottano per uscire allo scoperto, tra rimozione e tabù, alla ricerca della verità delle donne e delle figlie.
Lo spettacolo prodotto da La Corte Ospitale con Operaestate Festival Veneto propone le musiche originali di Giovanna Pezzetta (consulenza musicale e arrangiamenti di Leo Virgili), le scene di Francesco Fassone, con l’assistenza e la direzione tecnica di Claudio Parrino. “Dentro”, che ha come sottotitolo “Una storia vera, se volete”, viene proposto per la prima volta in Toscana venerdì 17 e sabato 18 gennaio alle 21 al Teatro al Cantiere Florida nell’ambito della stagione di prosa, a cura di Elsinor Centro di Produzione Teatrale per poi volare in America.
“Finiamo la tournée negli Stati Uniti, andiamo in scena in tre città, Philadelphia, in Pennsylvania, Columbus, in Ohio e East Lansing, nel Michigan, per un progetto importante, perché il testo ha anche vinto dei premi ed è stato tradotto e pubblicato negli Usa - spiega Giuliana Musso -. Lo spettacolo è piaciuto molto anche all’estero. E’ stato selezionato per il concorso di drammaturgia contemporanea francese, le Giornate dell'autore di Lione e ha vinto una borsa di traduzione anche alla Maison Vité di Parigi. Siamo stati a Helsinki, anche lì abbiamo vinto, siamo stati selezionati come testo in un progetto di divulgazione della drammaturgia contemporanea, è stato pubblicato da Scalpendi, da Istrio, dalla rivista specialistica americana Delos”.
Una scommessa vinta? “Direi che possiamo essere contenti, perché in fondo siamo una piccola produzione di artisti indipendenti: è stata una bella soddisfazione, perché il testo ha colpito il cuore del problema, non ha generato uno scandalo gratuito, ma ha creato emozione negli animi di chi l’ha seguito. È stata una sfida accettare questo progetto di scrittura e di indagine, però ne è valsa la pena!”
‘Dentro’ viene portato in scena da due persone, si sviluppa come un dialogo? “Sì, in realtà poi in scena appaiono anche altri personaggi evocati, che interpreto io . Quindi le attrici sono due, mentre i personaggi in scena sono un po' di più. Lo schema drammaturgico è quello in cui una donna, una madre, è un po' l’agente rivelatore che porta a galla questo segreto, ma che non ha gli strumenti per farlo fino in fondo (?). E’ una persona comune, come posso essere io, che fa un mestiere particolare, ma comunque rimane una cittadina, una persona, che intercetta una storia di abuso familiare e quindi che può rappresentare il sentito, il percepito del pubblico normale. Con normale faccio riferimento a chi non si può identificare direttamente né con la vittima né con il carnefice. Ed è questo il vero punto di forza di questo lavoro, che non è un lavoro sulla vittima, non è un lavoro sul carnefice, è un lavoro su di noi che stiamo nei pressi, nelle vicinanze, che intercettiamo, che rappresentiamo in qualche modo, nel nostro piccolo, un pezzettino di società civile. Questo spettacolo parla molto di noi. Il teatro sociale, visto da questa angolazione, è un qualcosa di indispensabile anche per una società, come quella in cui viviamo, impregnata di femminicidi, abusi”.
Come se si fosse formata una morale parallela che ci sfugge? “Eh sì, c'è una battuta in un altro mio spettacolo che dice che sono le persone che ci guariscono, è la relazione tra le persone che ha il potere di guarire le ferite più profonde di un'esistenza. Se estendiamo questo concetto alla collettività, è la qualità delle nostre relazioni che fa una società sana. Il teatro è un rito che crea condivisione e propone riflessioni, ma soprattutto emozioni, perché non siamo né giornalisti, né scienziati, né teorici, siamo artisti e abbiamo questa facoltà di poter maneggiare il sentire, il sentimento e farlo in maniera pubblica”.
Questo è il grande potere taumaturgico del teatro? “Io faccio teatro di indagine, quindi “Dentro”, come tutti i miei spettacoli, nasce da un approfondito percorso di ricerca. Anzi, diciamo che la parte di ricerca è la parte più consistente del lavoro di produzione dello spettacolo. Io faccio sia una parte di studio teorico, che mi aiuta a definire l'argomento e soprattutto gli interrogativi, sia poi un grande lavoro di raccolta di testimonianze dirette, orali. In questo spettacolo ho trascritto 200 pagine di interviste”.
E che realtà è venuta fuori? Angosciante, sorprendente? “La parola angoscia ci può stare, come sentimento che si aggira nelle vicinanze di questi temi, ma è la stessa che proviamo noi, se nella nostra vita privata veniamo a contatto con fatti di violenza domestica o di abuso sessuale domestico, di pedofilia. Sono azioni ancora intrise di un profondo tabù culturale e lo spettacolo tratta questo tema, cerca di spiegare cos'è e come funziona a livello anche psichico, non solo intellettuale”.