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“Uno spazio sicuro per chi non si sente rappresentato nel mondo della musica”

La cantautrice milanese Claudym ci racconta Keychange, un movimento che mira a dare visibilità a donne e minoranze di genere nel mondo della musica, dando loro spazio e rappresentanza. Intanto esce il suo nuovo album “Incidenti di Percorso” per Island Records

di GIOVANNI BALLERINI -
13 marzo 2024
Cover Incidenti di percorso

Cover Incidenti di percorso

Spesso si pensa che le redini del mondo della musica siano tenute strette solo dalle case discografiche, major o etichette indipendenti che siano e che, al di là dei talent show e dei contest, ci sia poco o nulla da fare per tutelare e promozionare un progetto musicale emergente. Da qualche tempo a cercare di dare una soluzione al problema c’è anche Keychange, un movimento che mira a dare visibilità a donne e minoranze di genere nel mondo della musica, dando loro spazio e rappresentanza.

È una realtà impegnata nell’empowerment di generi sottorappresentati attraverso programmi di formazione e attività di mentoring a loro dedicati, favorendo la partecipazione degli artisti a conferenze e opportunità di performance nei festival partner, sempre contando sul supporto di una rete internazionale di alleati.

L’intervista con Claudym

Per saperne di più ci siamo rivolti a un’artista che si è avvalsa dell’innovativo network internazionale nato per colmare il gender gap nell’industria musicale. Si chiama Claudia Maccechini, in arte solo Claudym e durante tutto il 2023 ha partecipato a vari eventi internazionali e approfondito il tema delle differenze di genere nel settore musicale, sul palco e dietro le quinte.

Claudym ha appena pubblicato su tutte le piattaforme digitali per Island Records “Incidenti di Percorso”, il suo primo album, anticipato in radio dal brano “Più di così”. La cantante e illustratrice milanese è una popstar senza essere star, una real bad girl senza essere bad. E’ l’autoironia innata la sua cifra stilistica e possiede l’attitudine di chi sa prendersi non troppo sul serio, ma fa sul serio. Artista a tutto tondo, Claudym cura ogni aspetto del suo progetto da quello musicale a quello creativo: dall’identità visiva agli artwork delle copertine, dagli storyboard fino alla produzione dei videoclip.

Claudym
Claudym

Claudym che rapporto hai sviluppato con Keychanghe? “Ottimo, è un progetto, che viene finanziato e organizzato dall’Unione Europea che prende un tot di artisti e artiste (quest’anno 74) che appartengono al settore musicale e appartengono a delle minoranze di genere. E’ un percorso in cui vengono trattate determinate tematiche, si sensibilizzano le differenze di genere in ambito musicale e viene offerta la possibilità di fare esperienza all’estero. Il mio percorso infatti si è concluso con live a Parigi davvero entusiasmante. Per ognuno sono state realizzate situazioni mirate, c’è chi ha suonato a Londra, chi in altri contesti”.

Una bella esperienza insomma? “Bellissima. Il percorso, che mi ha permesso di associare storie ed esperienze di vita a delle persone che mi hanno seguita, mi ha cambiata e molto motivata, grazie anche agli incontri che ho fatto, alle amicizie che si sono create. Abbiamo parlato di temi importanti con le persone che li hanno vissuti, quindi il messaggio è arrivato ancora più forte e chiaro”.

Siete ancora in contatto? “Lo staff di Keychanghe mi ha scritto in occasione del disco. Anche se l’esperienza di base, dopo un anno, si è conclusa il loro supporto e la loro vicinanza continua. Credono in quello che fanno. Di sicuro è stato un anno molto vario, con due ritrovi di gruppo a Bruxelles e Amburgo, dove abbiamo fatto dei panel e masterclass. Alla fine c’è stato il live a Parigi, ma nel corso dell’anno ho potuto confrontarmi con una tutor, neozelandese, sia artista, che manager, con cui ho stabilito conversazioni online che mi hanno dato una percezione diversa rispetto all’industria musicale”.

"Ho trovato uno spazio sicuro”

Consiglierebbe questo percorso ad altri artisti? “Certo. Mi ha aiutato a trovare un gruppo di supporto, uno spazio sicuro in cui mi sono sentita a mio agio perché si parlava di problemi comuni. Questo mi ha aiutato a crescere come persona e di conseguenza nel mio progetto artistico”.

In passato, come artista femminile si è mai sei sentita discriminata? “Non ho mai subito episodi eclatanti. Ma, come tutte, sono stata soggetta alle sottili discriminazioni e non sempre venivo presa sul serio. Adesso che ho trovato il mio gruppo sicuro, non succede più, ma sì, in passato pensandoci bene qualche discriminazione è capitata. Per fortuna, anche la mia etichetta, la Island Records, è sempre stata interessata a queste tematiche: mi hanno fatto conoscere il progetto e mi sono iscritta al bando. Non ci credevo nemmeno più di tanto, ma mi sono dovuta ricredere sulla bontà di questo progetto che seleziona artiste da tutta Europa e Canada”.

Grazie a questa nuova consapevolezza ha realizzato questo suo primo album? "E’ nato leggermente prima, ma il lavoro maggiore è stato fatto proprio durante questo progetto. Non a caso quando, come succede a tutti, ho avuto un momento di crisi nella scrittura, mi sono interfacciata con la mia tutor che mi ha dato dei feedback molto positivi e alcune problematiche si sono risolte”.

Lei è anche illustratrice? “Vengo da un bel percorso creativo. Ho studiato al liceo artistico e disegnare, cantare, scrivere, sono sempre state nelle mie corde. Ho sempre cercato di vivere la creatività in tutte le sue forme. Col tempo, appena ho trovato maggiore sicurezza nella carriera musicale, ho deciso di affiancare il mio supporto illustrativo alle grafiche, ai canvas e a tutta la parte di immagine della mia musica, a cui collaboro attivamente”.

Quando è nato il suo album? “Ci sono dei pezzi che risalgono a 2 anni fa, ma più che altro rispecchia la crescita che ho avuto quest’anno. Anche nella maggiore maturità nel raccontare le storie altrui. Mentre sinora i miei pezzi erano perlopiù ispirati a fatti autobiografici, stavolta parlo anche delle storie degli altri, con la mia visione delle cose”.

Claudym
Claudym

Come mai l’ha chiamato Incidenti di percorso? “Il titolo mi è venuto in mente riascoltando i brani e notando che in tutti c’era un intoppo, che andava a rovinare la routine, che andava superato. Ciò mi ha permesso di tirare fuori la mia ironia”.

Si considera una ragazza ironica? “Per fortuna sì. Mi sono approcciata alla musica un po’ tardi e con questo disco ho avuto conferma di tante cose, come l’ironia. Il modo in cui scrivo è lo stesso con cui mi pongo agli altri. L’autoironia mi permette di superare difficoltà e insicurezze. Trovo potere e controllo nell’ironia perché la dichiaro per prima io. Ciò mi permette di smussare le paure e allo stesso tempo non do modo agli altri di ferirmi”.

Canta degli uomini alfa. Ne ha incontrati tanti o è solo una canzone? “E’ un brano molto ironico. Come ho fatto anche per “Bugia” e altri pezzi, mi sono divertita a scherzare sugli stereotipi. Ho deciso di giocare con questo brano da club. Ho ripensato a me quando andavo in discoteca e mi sono venute in mente le situazioni che in quel luogo capitavano. Le ho raccontate con leggerezza”.

E’ mai stata bullizzata? “Di atteggiamenti molesti nella mia vita ne ho sofferto come tutte. Nel mio cerchio di conoscenze un po’ più sicure sono cose che non vivo più assolutamente. Motivo per il quale, quando mi affaccio al di fuori dal mio mondo e scopro che succedono queste cose, rimango un po’ spiazzata”.

Come si è fatta ammaliare da una cultura musicale britannico-centrica? “C’è una freschezza, un’energia che mi collega agli artisti inglesi. Ho cominciato ascoltando i dischi di mio padre che era un super fan dei Beatles, poi ho avuto la fortuna di vivere la mia infanzia con i dischi di mia sorella che ha 8 anni più di me. Grazie a lei e ai media del tempo, che comunque negli anni ’90 erano più alternativi di adesso, ho fatto ascolti molto vari e questo ha caratterizzato il mio gusto musicale. Sono insomma stata sedotta dalla vibe, dalle vibrazioni inglesi, dai Blur ai Prodigy, ai Babyshambles, Gorillaz, agli Smashing Pumpkins. Hanno un’energia, un modo di far musica, che mi ha sempre coinvolta”.

Ha intenzione di fare tanti concerti all’estero? “Se ci fosse la possibilità sarebbe splendido, anche perché quell’esperienza a Parigi è stata la migliore che mi è capitata. C’è stato un calore e un’atmosfera molto particolare, anche se cantavo in italiano e non tutti capivano quello che dicevo, sono stati tutti molto calorosi".

Per lanciare questo disco cosa farà? “Il 27 marzo c’è il primo step: un live totalmente mio all’Apollo di Milano. Con la stagione estiva arriveranno altre opportunità. Intanto mi concentro sul live all’Apollo, che vorrei che fosse una festa in cui rincontrare, oltre al pubblico, tutte le persone che mi hanno supportato sino a questo punto. Io sono sempre stata pigra nell’approcciare uno strumento, per cui canto e basta, ma al mio fianco ci saranno Leonardo e Luciano, due polistrumentisti che in due suoneranno chitarra, batteria, tastiere e altri strumenti”.