La Uefa, che tanto velocemente negli scorsi mesi è corsa ai ripari per difendere i propri diritti (soprattutto economici) dalla possibile creazione di una nuova competizione, ha segnato uno dei peggiori autogol dello sport europeo di sempre. Oggi alle 21 si disputerà all’Allianz Arena di Monaco di Baviera la partita degli Europei 2020 tra Germania e Ungheria, e la comunità tedesca aveva portato avanti una battaglia importante, ovvero illuminare con i colori della bandiera LGBTQI+ il grande impianto sportivo (ve lo abbiamo raccontato qui). La scelta non era certo casuale, ma in risposta alla recente approvazione, da parte del Parlamento di Budapest, di una legge che limita la condivisione di contenuti che trattano di omosessualità e transessualità in presenza di minori di 18 anni (potete approfondire qui). Visto anche il mese del Pride in corso, in molti hanno fatto sentire la propria voce contro questa decisione di Orban, e lo stesso Manuel Neuer, capitano della nazionale teutonica, ha disputato l’ultima gara degli Europei con la fascia arcobaleno. Il paradosso dei vertici del calcio europeo consiste nel fatto che la federazione tedesca e il portiere hanno rischiato una multa per questa manifestazione, andando contro alle leggi federali. Il sindaco di Monaco Dieter Reiter, che si era fatto portavoce alla Uefa dell’iniziativa, ha ricevuto un secco 'No' come risposta all'ipotesi delle luminarie arcobaleno sullo stadio. La Federcalcio europea giustifica il diniego spiegando: "Comprendiamo l’intenzione di inviare un messaggio per promuovere la diversità e l’inclusione, cause da sempre sostenute dalla Uefa che ha lanciato numerose campagne su questi temi, ma l’Uefa è un'organizzazione neutrale a livello politico e religioso. A causa del contesto politico della richiesta, un messaggio in risposta alle decisioni prese dal parlamento ungherese, proponiamo date differenti per l’illuminare lo stadio con i colori dell’arcobaleno". Tempestiva è arrivata la risposta di Heiko Maas, ministro degli Esteri tedesco, che non ha lasciato spazio a repliche: "È vero, il campo di calcio non ha nulla a che vedere con la politica. Si tratta di persone, di equità, di tolleranza. È per questo che l’Uefa manda un brutto segnale". Rimane difficile capire la decisione presa dalla lega calcistica, che da sempre promuove la campagna "no to racism", dimostrando però di non tenere fede alle belle parole di cui troppo spesso si è fatta portavoce attraverso le sue più alte cariche. Ennesima, gigantesca, occasione a porta vuota sprecata dal calcio europeo di crescere e diventare una risorsa sociale importante, a livello di immagini e contenuti.