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Home » Sport » Bebe Vio: “Ieri ci chiamavano handicappati, oggi si parla di inclusione, domani sarà la normalità”

Bebe Vio: “Ieri ci chiamavano handicappati, oggi si parla di inclusione, domani sarà la normalità”

In occasione del WorldDisabilityDay l'atleta paralimpica ha postato la foto con una bambina che le accarezza la gamba 'bionica'

Letizia Cini
4 Dicembre 2022
Bebe Vio nel post sul suo profilo Instagram

Bebe Vio nel post sul suo profilo Instagram

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“Ieri ci chiamavano handicappati, oggi si parla di inclusione, domani sarà la normalità. Noi lo vediamo ogni giorno alla Bebe Vio Academy e con i progetti di art4sport“. Scrive queste parole Bebe Vio nel post sul suo profilo Instagram: “Ai bambini non serve insegnarlo. Se li lasciamo liberi di esprimersi vivono il valore dell’unicità e della diversità attraverso il gioco. Perché ciascuno di noi è unico ed irripetibile, quindi importante“, le sue parole in occasione del WorldDisabilityDay.

Bebe Vio 24 anni, conquista la medaglia d’oro a Tokyo
Bebe Vio 24 anni, conquista la medaglia d’oro a Tokyo

“Quest’anno abbiamo fatto sfidare i campioni olimpici e paralimpici italiani con quelli provenienti dal resto del mondo – aveva detto nei giorni scorsi a Milano, durante la seconda edizione di WEmbrace sport, evento benefico organizzato da Bebe Vio e art4sport– . Bellissimo vedere come, se dai a tutti la possibilità di giocare a pari condizioni, il concetto di disabilità viene meno e quello che rimane sono atleti professionisti che si sfidano ad altissimo livello“.

Il messaggio

“In Italia siamo messi bene per l’inclusione sportiva, per gli atleti stranieri non è sempre così – sottolinea l’atleta paralimpica – : gli insegneremo come fare vera integrazione“, aveva detto nei giorni scorsi durante Bebe Vio lancia un appello al pubblico, di accorrere numerosi per fare del bene: la mission della nostra associazione art4sport, che aiuta i bambini e ragazzi che hanno subito un’amputazione, a riprendere a fare sport, procurandogli protesi d’arto e seguendoli nel percorso di reinserimento nel mondo sportivo“.

Chi è Bebe Vio

Beatrice Maria Adelaide Marzia Vio, nota anche come Bebe Vio
Beatrice Maria Adelaide Marzia Vio, nota anche come Bebe Vio, 25 anni, scherza con i giudici di una passata edizionedi ‘Italia’s Got Talent’

Schermitrice, campionessa paraolimpica e mondiale di fioretto individuale. Questa è Bebe Vio, ovvero Beatrice Maria Adelaide Marzia Vio, nata a Venezia il 4 marzo 1997. Un modello nello sport come nella vita, come ha saputo dimostrare in questi anni, diventando un esempio sfavillante e seguitissimo. Nonostante la meningite fulminante che l’ha colpita all’età di 11 anni, trasformando la sua vita da un giorno all’altro, questa giovanissima donna, ha saputo cogliere tutte le opportunità che questa nuova condizione le presentava. Non ha più gambe né braccia perché le sono state amputate per salvarsi la vita, ma ha una carica incredibile, ha provato tutti gli sport, dalla ginnastica artistica alla corsa, dall’hand biking al ping pong. Nulla l’ha mai scoraggiata. E’ proprio con questa determinazione che nel giugno scorso si è iscritta al social LinkedIn.

Bebe Vion nella foto tratta dal suo profilo Instagram
Bebe Vion nella foto tratta dal suo profilo Instagram

“Qui, so di poter contare sull’aiuto di tantissimi professionisti dei settori più disparati e di conoscere nuovi alleati con competenze e risorse in grado di generare un cambiamento concreto”, aveva spiagato l’atleta. “Utilizzerò questa pagina per parlare dei temi a me più cari, quali l’ inclusione, la disabilità, lo sport e tutti i progetti che io e art4sport Onlus stiamo portando avanti. Cosa avrei fatto se non fossi diventata un’atleta di scherma paralimpica? Avrei cercato di dare una nuova veste al futuro. Sono cambiati i modi. Ma non la sostanza”, conclude ricordando che, prima di diventare un’atleta di scherma paralimpica, sognava di aprire un negozio di vestiti per bambini.

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  • Nicoletta Sipos, giornalista e scrittrice, ha vissuto in Ungheria, in Germania e negli Stati Uniti, prima di raggiungere Milano e lì restare. Il suo romanzo “La guerra di H”, un romanzo fortemente ispirato a fatti realmente accaduti.

L’autrice indaga in maniera del tutto nuova e appassionante un momento drammatico, decisivo della storia del nostro continente: la Seconda guerra mondiale. A raccontare l’ascesa e la disfatta del Nazismo è stavolta la voce di un bambino tedesco, che riporta con semplicità e veracità le molte sofferenze patite dal suo popolo durante il conflitto scatenato da Hitler, focalizzando l’attenzione del lettore sul drammatico paradigma che accomuna chiunque si trovi a vivere sulla propria pelle una guerra: la sofferenza. Pagine toccanti, le sue, tanto più intense perché impregnate di fatti reali, emozioni provate e sentite dai protagonisti e condivise da quanti, tuttora, si trovano coinvolti in un conflitto armato. La memoria collettiva è uno strumento potente per non commettere gli stessi errori. 

"Imparai poco alla volta – scrive il piccolo Heinrich Stein, protagonista del romanzo – che nel nostro strano Paese la verità aveva più volti con infinite sfumature”.

👉Perché una storia così e perché ora?
“Ho incontrato il protagonista di questa mia storia molto tempo fa, addirittura negli anni ’50, ossia in un’epoca che portava ancora gli strascichi della guerra. Diventammo amici, parlammo di Hitler e della miseria della Germania. Poco per volta, via via che ci incontravamo, lui aggiungeva ricordi, dettagli, confessioni. Per anni ho portato dentro di me la testimonianza di questa storia che si arricchiva sempre più di dettagli. Molte volte avrei voluto scriverla, magari a quattro mani con il mio amico, ma lui non se la sentiva. Io stessa esitavo ad affrontare questa storia che racconta una famiglia tedesca in forte sofferenza in una Germania ferita e umiliata. La gente ha etichettato tutto il popolo tedesco durante il nazismo come crudele per antonomasia. Non si pensa mai a quanto la gente comune abbia sofferto, alla fame e al freddo che anche il popolo tedesco ha patito”.

✍ Caterina Ceccuti

#lucenews #giornodellamemoria #27gennaio
  • È dalla sua camera con vista affacciata sull’Arno che Ornella Vanoni accetta di raccontare un po’ di sé ai lettori di Luce!, in attesa di esibirsi, sabato 28 gennaio sul palco della Tuscany Hall di Firenze, dov’è in programma una nuova tappa della nuova tournée Le Donne e la Musica. Un ritorno atteso per Ornella Vanoni, che in questo tour è accompagnata da un quintetto di sole donne.

Innanzitutto come sta, signora Vanoni?
“Stanca, sono partita due mesi dopo l’intervento al femore che mi sono rotto cadendo per una buca proprio davanti a casa mia. Ma l’incidente non mi ha impedito di intraprendere un progetto inaspettato che, sin da subito, mi è stato molto a cuore. Non ho perso la volontà di andare avanti. Anche se il tempo per prepararlo e provare è stato pochissimo. E poi sono molto dispiaciuta“.

Per cosa?
“La morte dell’orso Juan Carrito, travolto e ucciso da un’auto cercava bacche e miele: la mia carissima amica Dacia (Maraini, ndr) l’altro giorno ha scritto una cosa molto bella dedicata a lui. Dovrò scrollarmi di dosso la malinconia e ricaricarmi in vista del concerto“.

Con lei sul palco ci sarà una jazz band al femminile con Sade Mangiaracina al pianoforte, Eleonora Strino alla chitarra, Federica Michisanti al contrabbasso, Laura Klain alla batteria e Leila Shirvani. Perché questa scelta?
“Perché sono tutte bravissime, professioniste davvero eccezionali. Non è una decisione presa sulla spinta di tematiche legate al genere o alle quote rosa, ma nata grazie a Paolo Fresu, amico e trombettista fantastico del quale sono innamorata da sempre. Tempo fa, durante una chiacchierata, Paolo mi raccontò che al festival jazz di Berchidda erano andate in scena tante musiciste bravissime. E allora ho pensato: ’Se sono così brave perché non fare un gruppo di donne? Certo, non l’ha fatto mai nessuno. Bene, ora lo faccio io“.

Il fatto che siano tutte donne è un valore aggiunto?
“In realtà per me conta il talento, ma sono felice della scelta: è bellissimo sentire suonare queste artiste, vederle sul palco intorno a me mi emoziona“.

L
  • Devanshi Sanghvi è una bambina di otto anni che sarebbe potuta crescere e studiare per gestire l’attività di diamanti multimilionaria appartenente alla sua facoltosissima famiglia, con un patrimonio stimato di 60 milioni di dollari.

Ma la piccola ha scelto di farsi suora, vivendo così una vita spartana, vestita con sari bianchi, a piedi nudi e andando di porta in porta a chiedere l’elemosina. Si è unita ai “diksha” alla presenza di anziani monaci giainisti. La bimba è arrivata alla cerimonia ingioiellata e vestita di sete pregiate. Sulla sua testa poggiava una corona tempestata di diamanti. Dopo la cerimonia, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è rimasta in piedi con altre suore, vestita con un sari bianco che le copriva anche la testa rasata. Nelle fotografie, la si vede con in mano una scopa che ora dovrà usare per spazzare via gli insetti dal suo cammino per evitare di calpestarli accidentalmente.

Di Barbara Berti ✍

#lucenews #lucelanazione #india #DevanshiSanghvi
  • Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, la capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un’impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un’unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. 

Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. E ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare – sola e senza assistenza – della storia.

Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: “Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno”.

Di Irene Carlotta Cicora ✍

#lucenews #lucelanazione #polosud #HarpreetChandi #polarpreet
“Ieri ci chiamavano handicappati, oggi si parla di inclusione, domani sarà la normalità. Noi lo vediamo ogni giorno alla Bebe Vio Academy e con i progetti di art4sport“. Scrive queste parole Bebe Vio nel post sul suo profilo Instagram: “Ai bambini non serve insegnarlo. Se li lasciamo liberi di esprimersi vivono il valore dell’unicità e della diversità attraverso il gioco. Perché ciascuno di noi è unico ed irripetibile, quindi importante“, le sue parole in occasione del WorldDisabilityDay.
Bebe Vio 24 anni, conquista la medaglia d’oro a Tokyo
Bebe Vio 24 anni, conquista la medaglia d’oro a Tokyo
“Quest’anno abbiamo fatto sfidare i campioni olimpici e paralimpici italiani con quelli provenienti dal resto del mondo – aveva detto nei giorni scorsi a Milano, durante la seconda edizione di WEmbrace sport, evento benefico organizzato da Bebe Vio e art4sport– . Bellissimo vedere come, se dai a tutti la possibilità di giocare a pari condizioni, il concetto di disabilità viene meno e quello che rimane sono atleti professionisti che si sfidano ad altissimo livello“.

Il messaggio

“In Italia siamo messi bene per l’inclusione sportiva, per gli atleti stranieri non è sempre così - sottolinea l’atleta paralimpica - : gli insegneremo come fare vera integrazione“, aveva detto nei giorni scorsi durante Bebe Vio lancia un appello al pubblico, di accorrere numerosi per fare del bene: la mission della nostra associazione art4sport, che aiuta i bambini e ragazzi che hanno subito un’amputazione, a riprendere a fare sport, procurandogli protesi d’arto e seguendoli nel percorso di reinserimento nel mondo sportivo“.

Chi è Bebe Vio

Beatrice Maria Adelaide Marzia Vio, nota anche come Bebe Vio
Beatrice Maria Adelaide Marzia Vio, nota anche come Bebe Vio, 25 anni, scherza con i giudici di una passata edizionedi 'Italia’s Got Talent'
Schermitrice, campionessa paraolimpica e mondiale di fioretto individuale. Questa è Bebe Vio, ovvero Beatrice Maria Adelaide Marzia Vio, nata a Venezia il 4 marzo 1997. Un modello nello sport come nella vita, come ha saputo dimostrare in questi anni, diventando un esempio sfavillante e seguitissimo. Nonostante la meningite fulminante che l’ha colpita all’età di 11 anni, trasformando la sua vita da un giorno all’altro, questa giovanissima donna, ha saputo cogliere tutte le opportunità che questa nuova condizione le presentava. Non ha più gambe né braccia perché le sono state amputate per salvarsi la vita, ma ha una carica incredibile, ha provato tutti gli sport, dalla ginnastica artistica alla corsa, dall’hand biking al ping pong. Nulla l’ha mai scoraggiata. E’ proprio con questa determinazione che nel giugno scorso si è iscritta al social LinkedIn.
Bebe Vion nella foto tratta dal suo profilo Instagram
Bebe Vion nella foto tratta dal suo profilo Instagram
“Qui, so di poter contare sull’aiuto di tantissimi professionisti dei settori più disparati e di conoscere nuovi alleati con competenze e risorse in grado di generare un cambiamento concreto”, aveva spiagato l’atleta. “Utilizzerò questa pagina per parlare dei temi a me più cari, quali l’ inclusione, la disabilità, lo sport e tutti i progetti che io e art4sport Onlus stiamo portando avanti. Cosa avrei fatto se non fossi diventata un’atleta di scherma paralimpica? Avrei cercato di dare una nuova veste al futuro. Sono cambiati i modi. Ma non la sostanza”, conclude ricordando che, prima di diventare un’atleta di scherma paralimpica, sognava di aprire un negozio di vestiti per bambini.
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