“Ho scelto di dire basta perché mi sentivo di fare così. E non sono nessuno per giudicare questo match. Per me va bene così, io sono salita sul ring, l'ho fatto per mio padre, fino all'ultimo, poi scusatemi ma io ci ho messo tutta me stessa”. Sono lacrime amare ma sincere quelle di Angela Carini ai microfoni della Rai, dopo l'abbandono del match contro la pugile Imane Khelif nella categoria 66 kg welter.
“Ringrazio il popolo algerino, è la prima vittoria, spero di ottenere la seconda per garantirmi una medaglia e poi spero di vincere l'oro", ha commentato a caldo quest’ultima, 22enne oggetto di fortissime critiche e fake news nei giorni scorsi per il suo iperandrogenismo. Tanto che la federazione algerina sua alla vigilia aveva denunciato "una campagna denigratoria da parte dei media stranieri" nei confronti della pugile.
Il match e la resa dell’azzurra
Un incontro durato appena 46 secondi, due colpi al volto subiti dall’avversaria e dopo il secondo la decisione di dire basta. La 25enne napoletana va verso l’angolo italiano, si rivolge ai suoi tecnici e, inquadrata dalle telecamere la si vede dire: “Mi fa troppo male, fa malissimo”. Da ui la scelta di fermarsi. Una scelta difficilissima, immaginiamo, perché l’Olimpiade è il sogno di ogni sportivo e sportiva, quello inseguito per tutta la carriera e chiudere così fa male quasi più che subire un ko. Dopo che i giudici hanno validato la sua scelta con il verdetto ufficiale, l'azzurra si è inginocchiata sul ring e ha pianto. L’arbitro ha assegnato la vittoria alla pugile 22enne algerina, che nel rispetto dell’avversaria prova anche ad avvicinarsi per consolarla o almeno salutarla, senza però essere ricambiata.
Il match della discordia
Rabbia, delusione, senso di sconfitta. Senza dubbio Carini non si aspettava di finire sotto i riflettori mondiali per una questione così lontana dalla gara: l’avversaria, l’atleta algerina Imane Khelif, iper-androgina, l’anno scorso era stata esclusa dalla finale dei Campionati mondiali dell’Iba (associazione non riconosciuta però dal Cio) perché i suoi livelli di testosterone erano oltre la soglia ammessa nelle gare con le donne, ma è comunque stata ammessa ai Giochi olimpici, sia di Tokyo 2021 che a questa edizione di Parigi 2024.
Un fatto che ha suscitato una valanga di polemiche, di critiche sulla disposizione del Cio di ammettere alle gare femminili atlete che, seppur donne a tutti gli effetti o socializzate come tali (quindi persone transgender come hanno detto erroneamente della 22enne nordafricana) e come tali riconosciute sui documenti, presentano i cromosomi XY ed elevati livelli di testosterone, che possono influenzare la prestazione creando un vantaggio. Non è questo il caso, stando alle regole del Comitato olimpico internazionale.
Un fatto che però l’italiana non ha voluto rivangare, come non lo ha fatto prima dell’incontro. Lei voleva combattere al massimo delle sue possibilità, qualunque avversaria le si presentasse davanti. Subito dopo essere uscita dal ring, in lacrime, ha detto: “Ero salita sul ring per combattere. Non mi sono arresa, ma un pugno mi ha fatto troppo male e ho detto basta”.
“L’Italia le chiedeva di non combattere”
E a chi ipotizza che il caos mediatico, politico e, in fondo, anche sportivo abbia influenzato la sua scelta, condizionandola tanto da aver paura di proseguire o addirittura portandola a cavalcare l’onda delle polemiche in modo strumentale, risponde il tecnico del pugilato azzurro, Emanuele Renzini: “Sarebbe stato più facile non presentarsi, perché tutta Italia da giorni le chiedeva di non combattere. Ma Angela era motivata e voleva farlo. Certo al sorteggio, quando ha conosciuto l'avversaria, mi ha detto ‘non è giusto’. Ma qui oggi non c'è stata premeditazione”.
Racconta anche lui il match della discordia, spiegando che Angela Carini ha abbandonato dopo “aver preso un pugno, mi ha detto che non se la sentiva, che non voleva combattere. Ho provato a dirle di arrivare almeno alla fine della prima ripresa così ci saremmo confrontati, ma niente”.
Carini: “L’ho fatto per mio padre”
“Se mi sono fermata, l'ho fatto per la mia famiglia, per la mia integrità fisica, ma soprattutto per mio padre, per questo mi sono inginocchiata, per salutarlo. Già a Tokyo 2020 ho boxato e lui era in fin di vita ma se lui ha voluto così, vuol dire che doveva andare così. Rispetto alla questione che ha coinvolto la mia avversaria non sono qui per giudicare o prendere una decisione”, ha aggiunto la 25enne napoletana. “Se l'incontro è stato irregolare? Non spetta di certo a me dirlo o giudicarlo – spiega, lei che già dopo il primo colpo ha accusato un forte dolore al volto e dopo il secondo ha deciso di mettere fine al match –. Io, nonostante le mille polemiche e la forte pressione, sono salita sul ring per combattere e correre il mio ultimo chilometro, quello promesso a mio padre”.
Non la si può biasimare, non la si può nemmeno giudicare. E sarebbe bello, visto che niente di quello che verrà detto permetterà ad Angela Carini di essere riammessa in gara placando gli animi de più omotransfobici battaglieri, che si spegnessero anche le polemiche contro Imane Khelif: lei sta combattendo per il suo sogno laddove altri – il Cio – ha deciso di farla stare. Prendetevela piuttosto con chi ha fissato i criteri di ammissione, se proprio volete un capro espiatorio.