L’atleta algerina sul ring della boxe femminile: avversaria italiana. È polemica “gender”

Olimpiadi Parigi 2024: la vicenda di Imane Khelif ripropone il caso delle controverse regole sull’ammissione ai Giochi delle sportive transgender o con iperandroginismo

di MARIANNA GRAZI -
30 luglio 2024
La pugile trangender algerina Imane Khelif

La pugile trangender algerina Imane Khelif (Instagram)

Imane Khelif è una delle due atlete escluse dai Mondiali di boxe per non aver superato il cosiddetto ‘gender test’ (che attesta la presenza di testosterone nel sangue o analizza il Dna e i cromosomi), come la collega Lin Yu-ting, si trova invece nel ring più ambito, quello dei Giochi Olimpici di Parigi 2024. Non come spettatrici, ma da concorrenti in gara. Il Comitato olimpico internazionale ha dato il via libera sia alla taiwanese che all'algerina Khelif, entrambe già reduci dalla partecipazione alle Olimpiadi di Tokyo nel 2021.  Lin aveva vinto il bronzo iridato nel 2023 e successivamente squalificata, mentre Khelif è stata fermata per livelli troppo alti di testosterone all'evento di Nuova Delhi: l’ormone, che viene considerato una caratteristica prettamente maschile, porta ad avere in ambito sportivo un vantaggio a livello di forza fisica/muscolare. 

Le regole del Cio e quelle della Federazione

Ma in questo caso le maglie per le ammissioni erano più ampie rispetto ai Campionati mondiali e agli altri eventi di di categoria, ma sappiamo che il tema della atlete trans ai Giochi è parecchio delicato e che le regole in merito sono fumose e di non univoca interpretazione. Mark Adams, portavoce del Cio, ha detto alla stampa che non avrebbe commentato casi individuali e si è limitato ad affermare che ogni iscritta alle competizioni femminili rispetta i requisiti richiesti. L’approccio per i Giochi Olimpci è infatti diverso rispetto a quello che caratterizza i Mondiali di pugilato, che si svolgono sotto l'egida dell'International Boxing Association, che non è riconosciuta dal Comitato olimpico. 

Il presidente della IBA (International Boxing Association) Umar Kremlev, in occasione della gara iridata citò i risultati dei test del Dna sulle due pugili e spiegò che l’eliminzaione era legata al fatto che entrambe “avevano cromosomi XY e per questo erano state estromesse dagli eventi sportivi così da garantire integrità e equità della competizione”. Nel caso delle Olimpiadi, invece, tutto fa capo ad un’altra istituzione, la Boxing Unit, secondo cui “tutti gli atleti che partecipano al torneo di pugilato dei Giochi olimpici di Parigi 2024 rispettano le norme di ammissibilità e di iscrizione alla competizione, nonché tutte le norme mediche applicabili in conformità con le regole 1.4 e 3.1 dell’Unità di pugilato di Parigi 2024”.

Sul ring contro l’azzurra

Imane Khelif (AdnKronos)
Imane Khelif (AdnKronos)

Due pesi e due misure, è proprio il caso di dirlo, nel difficilissimo bilanciamento tra inclusione ed equità nelle competizioni, tra i diritti di chi chiede di potersi esprimere anche in ambito sportivio nella sua reale identità di genere e la necessaria tutela della sicurezza – nel caso della boxe è quantomai indispensabile, come disciplina di contatto – delle avversarie.

Per il Cio in questo caso è tutto ok, ma come spesso accade in casi di questo tipo non basta il via libera dell’istituzione a placare i rumors. Perché vedere in gare femminili donne che alla nascita erano state assegnate al genere maschile, che hanno compiuto un percorso di affermazione di genere, farmacologico e/o chirurgico, è ancora oggetto di discussioni, di polemiche, di discriminazione transfobica anche quando sono le evidenze scientifiche a dar ragione a queste sportive. E l’occasione questa volta ci riguarda da vicino, visto che a Parigi, l’algerina Khelif salirà sul ring giovedì all'esordio nella categoria welter contro l'azzurra Angela Carini (il giorno dopo Lin Yu-ting debutterà nei pesi piuma).

“Pugile trans dell'Algeria – bandito dai mondiali di boxe – può partecipare alle Olimpiadi e affronterà la nostra Angela Carini – scrive infatti sui social il leader della Lega Matteo Salvini –. Un'atleta messicana che l'aveva affrontata ha dichiarato ‘i suoi colpi mi hanno fatto molto male, non credo di essermi mai sentita così nei miei 13 anni da pugile, nemmeno combattendo contro sparring partner uomini’. Uno schiaffo all'etica dello sport e alla credibilità delle Olimpiadi. Basta con le follie dell'ideologia ‘woke’!”. Il riferimento del ministro è a Brianda Tamara, che dopo aver lottato contro l’algerina dichiarò di aver affrontato un dolore mai sentito a causa dei colpi subiti.

Le polemiche

Assurda la decisione del Comitato Olimpico Internazionale di ammettere Imane Khelif ai Giochi. Il pugile trans dell'Algeria era stato escluso dai Mondiali dello scorso anno per non aver superato i 'test di eleggibilità di genere’. Adesso, invece, Khelif combatterà alle Olimpiadi contro la nostra azzurra Angela Carini nel match di boxe femminile – fa eco il senatore della Lega Roberto Marti–. È chiaro a tutti che Khelif, per natura, ha una prestanza fisica maggiore rispetto a una donna e che, quindi, si tratta di un confronto impari che non dovrebbe essere permesso Un cattivo esempio che va contro il codice morale dello sport”, chiosa il presidente della commissione Sport a Palazzo Madama.

Sul tema, tra i primi a prendere parola, un altro esponente del Carroccio, il deputato Rossano Sasso, capogruppo in commissione Cultura, Scienza e Istruzione: “Le Olimpiadi di Parigi non smettono di sorprenderci, in negativo. Dopo lo scempio della rappresentazione blasfema dell'Ultima Cena, ora viene messa in discussione anche la scienza – ha dichiarato –. Imane Khelif, nata uomo, potrà salire sul ring contro Angela Carini il 1° agosto in un incontro di pugilato. La motivazione che le permette di essere idonea, a differenza di quanto accaduto nei mondiali? Per quanto riguarda i Giochi Olimpici, la gestione del sistema di valutazione è stata affidata alla Paris 2024 Boxing Unit del CIO, che adotta regole meno rigide e segue da tempo una linea completamente diversa, orientata verso l'inclusività: la decisione del Comitato di non effettuare più la verifica del sesso. Nessun commento – conclude Sasso – solo una domanda: è giusto far combattere qualcuno che ha, per sua natura, una maggiore prestanza fisica contro una donna? Nel nome di una sedicente inclusività si è superato il limite della decenza”.