Due Champions Cup, quattro Premiership, un Campionato francese, un campionato italiano, una Coppa Italia. Un palmares prestigioso quello di Martin Castrogiovanni, ex rugbista e terzo giocatore a raggiungere le cento presenze nella nazionale italiana. Un ‘bagaglio’ sportivo ma anche di vita, che Castrogiovanni ha voluto mettere a disposizione dei ragazzi dai 7 ai 17 anni attraverso l’esperienza della Castro Rugby Academy. Un camp settimanale a Piancavallo o di un solo giorno nelle tappe di Noceto (Parma) e Milano (QUI tutte le info) che, accanto alle regole dello sport, mette al primo posto l’inclusione e la crescita dei giovani e giovanissimi partecipanti. Nel suo camp l'obiettivo non è solo quello di promuovere lo sport del rugby ma anche la consapevolezza: in che modo? "Sono ormai molti anni che abbiamo introdotto la mindfullness, una pratica meditativa basata sullo sviluppo della consapevolezza, per tutti i ragazzi: per quelli in età più avanzata tutti i giorni mentre con i più piccoli c’è un avviamento. È importante però per tutti iniziare a comprendere e a controllare le emozioni, perché più si controllano le emozioni meglio si gioca in campo e soprattutto si vive la vita. Questo è fondamentale non solo nello sport: non tutti i ragazzi che vengono al camp poi diventeranno campioni di rugby ma almeno possiamo fare in modo che divengano campioni nella vita". Nella Castro Rugby Academy anche l’inclusione ha un ruolo fondamentale? In che modo? "Noi facciamo wheelchair rugby: abbiamo iniziato l’anno scorso per la prima volta e proseguiremo. Quest’anno faremo fare a tutti i ragazzi un allenamento insieme ai loro compagni in sedia a rotelle, e tutti dovranno sperimentare questa esperienza. Abbiamo iniziato una collaborazione con Roma Wheelchair Rugby, che è molto importante e positiva perché questo è un movimento che deve crescere.
La cosa bella che abbiamo notato è che in una settimana tu riesci a insegnare l’inclusione a ragazzini più di quanto la puoi insegnare a scuola leggendo dei libri, o facendo comunque cose teoriche; qui l’interazione c’è veramente, i ragazzi capiscono che la disabilità non è una inabilità, che si può essere campioni anche con una sedia a rotelle". L’inclusione dunque si fa, letteralmente, sul campo… "Una volta alla settimana facciamo anche un allenamento degli istruttori della Castro Academy contro i ragazzi in sedia a rotelle. L’anno scorso ci siamo confrontati con i ragazzi della nazionale Wheelchair, ed è stato molto duro per noi e molto bello allo stesso tempo. Serve anche a capire quale sforzo facciano questi ragazzi e quanta passione mettano in campo.
L’importante è far conoscere il loro mondo e quello che fanno veramente. L’obiettivo è quello di far comprendere a chi frequenta il nostro camp che la disabilità è una cosa con cui si può convivere tutti, e che è necessario far crescere il movimento perché il rugby, anche in sedia a rotelle, dimostra di essere lo sport più inclusivo di tutti". Fra i progetti in ponte per la prossima estate uno coinvolge i ragazzi autistici e con disabilità mentali: di cosa si tratta? "Faremo un torneo nella prima settimana di camp a Piancavallo, nel quale saranno coinvolti ragazzi normodotati e ragazzi anche con problemi di disabilità mentali che giocheranno insieme partite, in squadre miste, con regole particolari. Nei giorni dell’iniziativa faremo uno special Open Day nel quale inviteremo tutte le persone anche con disabilità a venire a provare il rugby sulla sedia a rotelle e ci sarà anche la federazione di frisbee in sedia a rotelle, che vogliamo far conoscere dando loro spazio per farli crescere". La prossima estate ci sarà anche una importante iniziativa al femminile nei campi estivi, vero? "Quest’anno siamo molto orgogliosi perché, dal 25 giugno al 1° luglio, avremo il primo camp della storia dedicato esclusivamente al movimento femminile. Vi parteciperanno cinque ragazze che fanno parte della nazionale di rugby, le quali prenderanno parte a questo appuntamento particolare denominato Women Elite Rugby. L'evento, realizzato in collaborazione con ISC Italian Sport Consulting, è dedicato alle categorie Under 15/17/19. Sarà una esperienza sicuramente unica per un movimento femminile che oggi in Italia è un po’ trascurato, anche se sta crescendo molto. Oggi al Sei Nazioni sono le donne ad ottenere i risultati e credo sia giusto dare loro merito e visibilità".
Lei è da poco diventato testimonial Amref ed è tornato recentemente dal Kenya: ci racconta anche questa esperienza? "È stato un viaggio molto difficile e duro ma nello stesso tempo importante. Credo che tutti dovremo fare un viaggio di questo tipo anche solo per capire che alcuni nascono, per loro fortuna, in posti giusti e altri in posti sbagliati. Ho tanti amici anche giornalisti che mi avevano raccontato di questi scenari ma quando tu li vedi direttamente è diverso, rimani veramente toccato: il mal d’Africa non te lo danno i luoghi ma le persone. Andando là ho visto concretamente situazioni inimmaginabili, il bisogno vero di queste persone, quindi se posso dare un contributo per far conoscere Amref e questi scenari drammatici mettendoci la faccia come testimonial oppure creando eventi lo faccio davvero volentieri".