C’è stato un epoca in cui vedere donne alle Olimpiadi era “improprio”. Ma lei perseverò e a Parigi 2024 le donne saranno esattamente in pari numero dei colleghi uomini: la parità di genere è stata raggiunta per la prima volta.
Un risultato la cui pioniera, un secolo fa, è stata Alice Milliat, che si è battuta per l'inclusione delle atlete ai Giochi Olimpici. Il suo contributo in questa battaglia di civiltà è stato a lungo trascurato, ma finalmente, anche per celebrare la vittoria conquistata in termini di uguaglianza, oggi viene riconosciuto.
I Giochi olimpici femminili
Era il 1922, due anni dopo si sarebbe svolta l’ultima edizione delle Olimpiadi nella Capitale francese prima di quella che inizierà tra pochi giorni. In una calda giornata di agosto, circa 20mila persone si recarono al Pershing Stadium per vedere 77 atleti di atletica leggera, tra cui la squadra degli Stati Uniti. Ci fu la classica sfilata delle delegazioni nazionali, coi grandi campioni, tra cui detentori di record mondiali. Abbiamo parlato al maschile? Scusate, volevamo dire atlete, campionesse, detentrici di record. Sulla pista di Parigi, ai blocchi di partenza, la 38enne di nome Alice Milliat dette il benvenuto al pubblico presente e ai 27 giornalisti accreditati affermando: “Dichiaro aperti i primi Giochi Olimpici femminili”. Era la fondatrice della Federazione internazionale dello sport femminile, nota in Francia come Fédération Sportive Féminine Internationale. Quel giorno ogni concorrente era una donna.
Pierre de Coubertin, il fondatore delle Olimpiadi moderne, ha reso noto il suo pensiero più volte nel corso degli anni: secondo lui la presenza di donne ai Giochi era “impraticabile, poco interessante, sgraziata e, non esito ad aggiungere, impropria”. Così sentenziò quello che poi fu definito un visionario, nel 1912. Quattordici anni dopi il suo pensiero non si era evoluto: “Per quanto riguarda l'ammissione delle donne ai Giochi, rimango fortemente contrario”, disse quell'anno.
Gli uomini non volevano che le donne gareggiassero
Nel mentre era arrivata la dichiarazione di Milliat, che allora il mondo olimpico maschile impegnato nella preparazione dei Giochi di Parigi del 1924, ignorò completamente, salvo poi lamentarsi dell’uso non autorizzato della parola “Olimpiadi” da parte di Milliat. Fu un fulmine a ciel sereno, nonostante tutto, che oggi rimbomba come un tuono, ricordando cosa quelle poche parole rappresentavano, una rivendicazione per trovare spazio nel settore sportivo, per essere almeno riconosciute, accettate e quindi accolte. I colleghi uomini risposero nell’unico modo a loro possibile: ignorando l’evento e respingendo l’idea nascente che le donne dovessero gareggiare tanto quanto loro. Un’idea assurda allora (come lo è ancora oggi in alcuni Paesi e società, dove le donne sono relegate ai margini e ‘servono’ solo come domestiche o come madri), che però germogliò in qualcosa di più grande, che passo dopo passo aprì una crepa nei pregiudizi, nei costumi, buttando giù ostacoli e muri.
La parità di genere ai Giochi
Le Olimpiadi del 1924 contarono una manciata di atlete – 135 donne su 3.089 concorrenti – ma solo in alcune discipline, come il nuoto e il tennis. Non c'erano invece gare femminili nella maggior parte degli sport, tra cui l'atletica leggera, il calcio, il canottaggio, il ciclismo e persino la ginnastica. Di strada, da allora, ne è stata fatta e alla fine – cosa volte che siano 100 anni – Alice Milliat ha vinto la battaglia per la parità di genere: le Olimpiadi di quest'estate saranno (almeno sulla carta) le prime con un numero di atlete pari a quello degli uomini. Merito anche delle lunghe battaglie di una donna che non si è mai arresa davanti ai no.
La pioniera Alice Milliat
Nata a Nantes dai genitori Hyppolite e Joséphine Million, che avevano un piccolo negozio di alimentari del centro cittadino, nel 1904 Alice sposò l'impiegato Joseph Milliat, che morì quattro anni appena dopo le nozze. Nel 1909 fondò con Pierre Payssé Femina Sport, primo club sportivo femminile di Francia e nel 1917 fu la volta della Fédération des sociétés féminines sportives de France. Diventata presidente portò alla direzione altre due donne: Jeanne Brulé, segretaria generale e Eliane Thébaut, tesoriera. Ma la vera svolta arrivò nel 1921 (la notte di Halloween, 31 ottobre, sia mai che si volesse fare un paragone con le streghe...): Alice Milliat fondò la Fédération Sportive Féminine Internationale, ente supervisore delle manifestazioni femminili di livello internazionale. In risposta al rifiuto della IAAF di includere le gare femminili all'interno del programma dell'atletica leggera ai Giochi olimpici, la FSFI decise di organizzare una nuova manifestazione internazionale riservata esclusivamente alle donne: i Giochi olimpici femminili.
La prima edizione, come visto, si si svolse a Parigi nel 1922 e vide la partecipazione di 77 atlete provenienti da cinque Paesi. Per la terza edizione il Comitato Olimpico Internazionale convinse Alice Milliat a cambiare il nome della manifestazione internazionale in cambio dell'apertura alle donne dei Giochi olimpici. La richiesta fu accolta e i Giochi femminili assunsero la denominazione ufficiale di Giochi mondiali femminili, mentre ai Giochi olimpici di Amsterdam 1928 furono introdotte cinque gare riservate alle donne, alle quali presero parte dieci squadre nazionali. L'ultima edizione dei Giochi mondiali femminili fu quella di Londra 1934.
Oggi Milliat, a un secolo di distanza, ha ottenuto finalmente quel ruolo di pioniera, una specie di Billie Jean King ma più in grande. In Francia si stanno pubblicando sue biografie e un nuovo documentario che racconta la sua vita e le sue battaglie è stato proiettato nei cinema e in televisione. Ancora, il Museo Nazionale dello Sport di Nizza ha allestito una mostra temporanea sull’atleta (fu nuotatrice e canoista) e dirigente sportiva francese e una piazza all'esterno della nuova arena olimpica le è stata intitolata. Titoli tardivi, è vero, ma necessari per riscoprire finalmente la donna a cui si deve il riconoscimento dello sport femminile a livello internazionale.
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