Siamo nel 2023, quasi 2024 ormai, eppure si parla ancora oggi di razzismo. Di progressi, evidentemente, la società ne ha fatti solo in alcuni ambiti e di certo non in civiltà e rispetto per il prossimo. Nell'intervista si ricordano fatti accaduti anni fa, ma che sono ancora molto attuali e che spesso trovano ampio spazio nel mondo dello sporto, tra le tribune e gli spalti di stadi e palazzetti. Dal basket al calcio.
Il razzismo non conosce confini (purtroppo). Quello che è certo è che ogni volta si tratta di un grande dolore, oltre che una sconfitta. Per tutti. "Purtroppo sono passato anche io per questi episodi, e mio malgrado, devo dire che li ho vissuti solo in Italia". Parola di
Luìs Oliveira, ex calciatore della Fiorentina dal 1996 al 1999. Lulù (così veniva chiamato da tutti), ha mosso i primi passi da calciatore in Brasile, per poi cominciare la carriera in Belgio. Cagliari e Fiorentina due delle avventure di una lunga carriera in Italia.
Luis Oliveira (a destra) con Manuel Rui Costa in campo al Franchi
Olivera racconta: io vittima di razzismo in campo
Oliveira, secondo lei perché siamo ancora a commentare episodi del genere? "Non so darmi una spiegazione, ma posso dire che insulti razzisti li ho ricevuti sempre nell’ambito del calcio, mai fuori dal campo.
Credo che stia ai genitori far crescere i figli nel modo corretto. Forse i ragazzi di colore vengono presi di mira perché più bravi. Non posso immaginare altra spiegazione, perché è impossibile che nel 2023 alcune persone abbiano il coraggio di criticare persone come noi solo per il colore della pelle".
Ha detto che questi episodi li ha vissuti solo in Italia. Come mai? "Credo che
in Italia le persone abbiano troppa libertà di fare questo. Non ci sono punizioni adeguate".
Quando le è capitato di ricevere insulti razzisti? "Capitava soprattutto quando giocavo a Cagliari e, ad esempio, andavamo a giocare a Vicenza. Sentivo spesso il pubblico dagli spalti insultarmi con dei
‘buu’ razzisti. Ma anche quando ho giocato nel Muravera e sfidavamo la Torres. Era una gara sentita dal pubblico.
Mi lanciavano banane in campo e mi facevano il verso della scimmia. Io rimanevo indifferente e li zittivo quando facevo gol. Ma capisco che non sia facile".
Non tutti hanno la forza di reagire
Qual è il sentimento che si prova quando in questi casi? "Delusione. Una profonda delusione. Io sono un tipo che ha sempre reagito con calma. Ma dobbiamo pensare anche che ci sono persone che si nascondono in casa perché non riescono a digerire ciò che gli è stato detto".
Duncan, giocatore della Fiorentina, ha denunciato episodi di razzismo anche tra i calciatori stessi. Lei ha mai ricevuto insulti dai colleghi? "Assolutamente no. Se fosse vero sarebbe vergognoso, e nel caso le società dovrebbero intervenire prendendo provvedimenti seri".
Ha lavorato e lavora con i giovani nel calcio. Quanto è importante parlare con loro di questo tema? "Quando ho avuto la responsabilità di avere ragazzi giovani al mio comando, la prima cosa che gli dicevo è che siamo tutti sulla stessa barca, perché tutti siamo uguali. Noi allenatori abbiamo una responsabilità importante sotto questo punto di vista. Dobbiamo subito andare a tagliare radici marce".
È d’accordo nel ritirare la squadra o fermare il gioco quando ci sono insulti razzisti? "No, non sono d’accordo. Per come la vedo io è giusto che la squadra rimanga in campo. Si tratta di un’occasione per crescere. L’indifferenza è la migliore arma. Se si ferma il gioco invece diamo soddisfazione a questa gente".
Vuole lanciare un appello? "
Siamo tutti uguali. Soprattutto nello sport, che serve a unire, non a dividere. Solo questo".