Ci sono tanti modi in cui una professione può salvare la vita: Yusra Mardini non è un medico, è una nuotatrice siriana. Nonostante questo però, grazie al suo talento, ha salvato 18 persone.
Prima della guerra in Siria, Yusra era una nuotatrice agonistica che rappresentava il suo paese nelle competizioni internazionali. Il conflitto si stava inasprendo e le esplosioni delle bombe echeggiavano sempre più forti nelle orecchie della giovane atleta. Una mattina l’episodio che le aprì gli occhi: mentre era in piscina a Damasco con sua sorella, Sarah, una bomba distrusse il tetto dell’impianto sportivo e si immerse in acqua. Solo la fortuna, e un difetto della carica, che non esplose, le permisero di sopravvivere. A quel punto la scelta tanto difficile quanto obbligata: abbandonare per sempre il suo paese. Così, con la sorella, intraprese un viaggio per la salvezza in direzione Germania. Per raggiungere la loro meta, Yusra e Sarah si imbarcano su un gommone con altre 18 persone. Un gommone su cui, in teoria, non ci sarebbero stati più di 9 posti. Nel bel mezzo del viaggio verso la Grecia, un temporale si abbatté sulla rotta del gommone che, essendo già sovraffollato, non riuscì a reggere anche il peso dell’acqua che copiosa stava riempiendo l’imbarcazione. Il barcone stava lentamente affondando, così Yura e Sarah decisero di tuffarsi in acqua con altri due uomini per provare a tenerla a galla. Per tre ore e mezzo letteralmente trascinarono la barca fino all’approdo sull’isola di Lesbo, dove si poterono considerare finalmente in salvo.
"Il nuoto mi ha letteralmente salvato la vita"- dice l’atleta olimpica- "prima, quando ero in viaggio verso la Germania. Poi, arrivata qui, mi ha dato la possibilità di ricostruirla” Dopo essere sbarcata in Grecia, Yusra è effettivamente riuscita ad arrivare in Germania, più precisamente a Berlino, dove presso il club Wasserfreunde Spandau 04, partner delle Scuole di sport d'élite della capitale teutonica, ha trovato una seconda casa oltre a una struttura attrezzata per allenarsi ai massimi livelli. Grazie alla sua dedizione, Mardini è diventata una delle più veloci in vasca, tanto da qualificarsi per le Olimpiadi di Rio 2016 come parte della prima squadra olimpica dei rifugiati. Un’esperienza che si è ripetuta anche a Tokyo in questa edizione dei Giochi, in cui è stata anche portabandiera per la selezione dei rifugiati: “Sono onorata di portare la bandiera perché per me significa che rappresento tutti i rifugiati nel mondo, portando anche le loro speranze per un mondo migliore. Rappresenterò l'intero team e trasmetterò il nostro messaggio che i rifugiati possono sognare e avere successo come chiunque altro" Mardini è stata anche la più giovane ambasciatrice di buona volontà dell'UNHCR, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, nell'aprile 2017. Una giovane donna che ha lottato prima contro la guerra e poi contro il mare aperto per mettere in salvo la sua vita e quella dei suoi compagni , non può più temere nulla.