“Fuori Binario”, la campagna di sensibilizzazione per la parità di genere e il contrasto alle discriminazioni

di MARIANNA GRAZI
7 marzo 2022
ARCI (5)

ARCI (5)

“Com’era vestita?”, “Gli uomini non piangono”, “È geloso perché ti ama”, “Era ubriaca e me l’ha data”, “Sei maschio o femmina?” “Quando ti sposi? Quando fai figli?”, “Stai bene truccata”. Quante volte sentiamo queste frasi nel nostro quotidiano? O siamo noi stessi/stesse a pronunciarle? Perché da qualcuno dovranno pur arrivare, ed è importante fare prima di tutto un esame di coscienza personale prima di puntare il dito. Soprattutto visto che queste sono solo alcune delle espressioni che riproducono nelle conversazioni comuni il sessismo, la cultura patriarcale e la violenza di genere nella nostra società.

La campagna lanciata da Arci Emilia Romagna in occasione della Festa delle Donne

Per provare a smontare questi stereotipi, carichi di violenza verbale e pressioni sociali a volte evidenti altre volte invisibili, in occasione dell'8 marzo, Giornata internazionale della Donna, è nata una nuova campagna di sensibilizzazione intitolata “Cambiamo la mentalità, usciamo fuori dai binari!”, promossa da Arci Emilia Romagna e realizzata dall’agenzia Comunicattive di Bologna, grazie al sostegno della Regione Emilia Romagna (L.R. 27 giugno 2014, n. 6). Diffusa offline e online negli oltre 800 circoli in Emilia Romagna e sul sito e sui canali social dei comitati Arci della regione, ha come obiettivo quello di sensibilizzare oltre 220mila iscritti e iscritte ai circoli, e tutta la variegata comunità che frequenta i circoli Arci, ad una cultura plurale delle diversità e della non discriminazione.

"Fuori Binario" è frutto della collaborazione con Comunicattive, agenzia specializzata in campagne di comunicazione sociale gender oriented con una esperienza di quasi 20 anni su questi temi e artefice anche della campagna nazionale di sensibilizzazione degli uomini contro la violenza sulle donne NoiNo.org, premiata dalla Presidenza della Repubblica.

Fiore Zaniboni, responsabile sviluppo associativo e progettazione Arci Bologna, ci racconta cosa significa per lei l'8 marzo: "È importante fermarci a riflettere, a fare un po' un punto della situazione su dove siamo e quanto ancora c'è da fare in giornate come l'8 marzo. Ma è importante, altrettanto, che il lavoro verso la vera parità di genere, la vera inclusione, la vera lotta alla violenza di genere sia fatto ogni giorno". Il cambiamento, insomma, deve partire dalla base culturale, che siano i/le giovani o i vecchietti che giocano a briscola o le signore che vanno a ballare. Tuttз possono fare la differenza. Bisogna però volerlo, non solo oggi, non solo per la Festa della Donna. Ogni giorno.

Da dove nasce questa campagna “Fuori Binario”, che dà l’idea di allargare la visuale dalle donne a tutto il mondo Lgbtq+?

“È nata dalla volontà di un gruppo di donne, in particolare all’interno di Arci Emilia Romagna, di avere un approccio intersezionale al femminismo. Quindi nel portare avanti le battaglie delle donne non dimenticare nessun altra soggettività e nessun altro tipo di identità”.

Quindi parliamo di una questione di genere, prevalentemente?

“Questa volta stiamo lavorando sull’identità di genere e la stessa cosa nel nostro approccio la facciamo anche per persone che non sono italiane, che non hanno origini italiane, o che hanno abilità differenti rispetto a quella che viene considerata la norma. La volontà è quella di avere un approccio femminista che tenga dentro chiunque”.

La campagna "Fuori Binario" di Arci Emilia Romagna

In cosa si concretizza, “Fuori binario”? Ad esempio la questione dei bagni no gender…

“Abbiamo iniziato provando a fare questa azione molto concreta sui bagni. Che magari può far sorridere ma in realtà è un concretizzare in uno spazio, geografico, fisico, delle politiche. Molto spesso chiunque di noi si trova davanti a due porte e deve poter scegliere tra una e l’altra. Non riconoscendosi in una o nell’altra non si può rimanere escluso o esclusa da un bisogno primario come quello di andare in bagno. Quindi l’idea è la produzione di questi adesivi che possono essere attaccati nei bagni dei nostri circoli: ovviamente noi partiamo dal nostro, dalle nostre basi sociali, quindi dove è possibile – c’è una logistica da tenere in conto – ci sia una riflessione per liberare dal genere i bagni”.

Una iniziativa a cui stiamo assistendo spesso anche all’interno di scuole e università. I giovani sembrano più sensibili a queste tematiche

“Devo dire che noi come Arci Bologna, ma in generale come Arci, abbiamo molti centri educativi, gestiamo spazi per adolescenti e pre adolescenti. Quello che mi dicevano le mie colleghe che se ne occupano è che sono molto più avanti, di mentalità, i ragazzi e le ragazze. Hanno già introiettato un linguaggio inclusivi, usano la schiva abitualmente, hanno canoni estetici non binari… Diciamo che questa nostra piccola rivoluzione interna all’Arci vuole anche renderlo più accogliente per queste nuove generazioni, che credo abbiano molto da dirci”.

Uno dei progetti è quello di dotare i circoli di bagni gender neutral

Tornando alla questione bagni, quali sono le maggiori difficoltà?

“Molti ne fanno un problema igienico, quindi sia necessario tenere due bagni separati perché gli uomini sporcano di più. Questa cosa è inconcepibile però: perché ci dobbiamo ancorare al fatto che un uomo debba sporcare il bagno più di una donna? L’altra cosa invece è che nei locali dove si balla, quindi anche nei circoli, i bagni misti possano essere luoghi non sicuri. È inaccettabile, perché nessuno spazio deve poter non essere sicuro per una donna. Anche questo è un problema che non voglio neanche considerare, è la base di partenza da abbattere”. 

Per questo è importante sensibilizzare e coinvolgere sia donne che uomini, sia soggettività che non si riconoscono nei generi binari

“Assolutamente sì. Stiamo cercando di fare un lavoro di questo tipo per includere tutti e tutte”

E diventa fondamentale usare un linguaggio inclusivo

“Sulla questione del linguaggio come Arci, e penso ai circoli giovanili ma anche a quelli tradizionali dove vanno a giocare a briscola, non utilizzare il maschile sovraesteso ma il maschie e femminile sarebbe già una conquista. Arrivare intanto a usare un linguaggio nei cartelli, comunicati stampa ma anche post su Facebook, declinato almeno (almeno!) al maschile e femminile. E poi fare una riflessione sulla Schwa, sulla -u, sull’asterisco, insomma su  quello in cui ogni persona si sente meglio. Su questo abbiamo fatto, con Elisa Cocco delle Comunicattive, un percorso di formazione interno, come dirigenti della nostra associazione. Al primo momento d’incontro hanno partecipato 57 associazioni ed Elisa ha dato delle basi comuni sul linguaggio che poi, ogni realtà associativa, deciderà come comunicare. Però intanto iniziare a dirci che il come comunichiamo non è neutro, anzi è un’azione molto politica, è fondamentale”.

Recentemente c'è stata una polemica da parte di un gruppo di intellettuali sull'uso della Schwa (ə / з)...
Schwa - linguaggio - inclusivo

La Schwa è uno dei metodi utili a rendere il linguaggio più inclusivo

“Io personalmente cerco di utilizzare il femminile sovraesteso, soprattutto nelle situazioni pubbliche proprio per rivendicare un potere. Questa cosa fa molto molto effetto: quando inizio un discorso dicendo ‘Buongiorno a tutte’ appena scendo da dove sto parlando moltissime persone, tutti uomini, mi avvicinano e mi dicono ‘Ah quindi il buongiorno non era per me’. Questa cosa mi permette di dire loro: ‘Vedi come tu non ti sei sentito incluso, pensa a me nella mia vita quante volte ho sentito buongiorno a tutti’. Il dare per scontato ormai che tutti si debbano riconoscere in un maschile sovraesteso deve finire. Il discorso della Schwa è per poter rivolgersi non solo alle donne, non solo agli uomini o a tutti/e e due, ma tenere dentro più soggettività. Soprattutto chi si occupa di comunicazione mi riporta che comunque ha delle criticità, sicuramente superabili, però per esempio occupandoci noi anche di abilissimo la Schiva non viene lette dai reader (gli apparecchi che leggono il testo scritto per ipovedenti), c’è poi un discorso su come articolare i nomi… Però se si vuole si può fare e ci sono diversi livelli: noi ora entriamo in una fase congressuale e una cosa è declinare con la Schwa il documento del congresso, altra il post su Facebook di un evento”. 

Nella della campagna “Fuori Binario” si dà conto anche di dati molto importanti, che riguardano la violenza sulle donne in Emilia Romagna…

“Si questo progetto, che è stato finanziato dalla Legge 6 regionale, nasce proprio dai dati dell’Istat che ci dicono che più o meno un terzo delle donne che risiedono in Emilia Romagna ha subito violenza; il che vuol dire che se in una stanza siamo 10 almeno 3 di noi hanno subito abusi. E l’altro dato è l’alto numero di accessi alle case delle donne, ai centri antiviolenza gestiti dalle nostre compagne. Nel 2020 sono state più di 4500 le donne che hanno contattato un centro antiviolenza. E comunque chi trova il coraggio, la possibilità di chiamare un centro antiviolenza è la punta dell’iceberg, quindi è un dato estremamente alto e di una piccolissima parte di donne”.

E per quanto riguarda le persone Lgbtq+?

“A questo dato sulle donne si sommano le violenze che subiscono le persone Lgbtq+, quindi sul versante dell’omolesbobitransfobia. Per cui non abbiamo dei dati certi, non essendoci una legge ad hoc. Si stima però cheil 32% della popolazione LGBTQ italiana abbia subito molestie e l’8% un’aggressione fisica (A long  way  to  go  for  LGBTI  equality - FRA Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali 2020)”.

Qual è il senso di festeggiare la Festa della Donna? 

Illustrazione di Eliana Albertini per Arci, in occasione della Festa della Donna

“Io credo che ogni occasione per fermarsi a riflettere sia necessaria. È necessario l’8 marzo, come il 25 novembre, come il 17 maggio. Però devono essere semplicemente momenti in cui ci ritroviamo e ci raccontiamo tutto quello che abbiamo fatto durante l’anno e ci diciamo quello che vorremmo fare l’anno prossimo. Sicuramente è necessario ritrovarsi in piazza tutte quante, vederci, riconoscerci, ma non è sufficiente. Deve essere, secondo me, un momento per fare un bilancio di quello che è stato fatto e di quello che bisogna continuare a fare tutti i giorni”. 

Voi cosa fate, l’8 marzo?

“Come Arci Bologna scioperiamo già da anni. Come sede centrale chiudiamo, andiamo tutti in piazza e simbolicamente da 4/5 anni abbiamo iniziato a fare questa cosa e lo faremo anche quest’anno”. 

Fuori Binario potrebbe diventare ‘Fuori binari’, nel senso di estendersi ad altre realtà, in altre regioni magari?

“Si e il nostro materiale per il progetto lo abbiamo fatto con il simbolo di Arci e basta, in modo che vada bene per tutta Italia, per tutti i circoli di tutta Italia. C’è dietro un lavoro interno, in Arci nazionale di cui io faccio parte: i materiali sono scaricabili gratuitamente sul nostro sito e l’idea è che possano girare anche tra chi non è Arci; e quindi penso a tutte le realtà con cui facciamo politica insieme, qui a Bologna penso a Libera, a Piazza Grande, al Cassero, alla Cgil… quello che è il nostro network. Abbiamo voluto creare qualcosa che, grazie al finanziamento regionale, sia a disposizione di tutte le nostre basi associative e non solo”.