Aborto farmacologico, seconda pillola a domicilio in Emilia Romagna

Da gennaio il percorso dell’Ivg farmacologica sarà portata a termine a casa. L’avanguardia di una Regione che piace a chi difende il diritto delle donne e fa stizzire i Pro Vita

di Redazione Luce!
31 ottobre 2024
Una passata manifestazione per l'aborto (foto Instagram Lucha y Siesta)

Una passata manifestazione per l'aborto (foto Instagram Lucha y Siesta)

Il farmaco per l’interruzione di gravidanza anche a domicilio dal prossimo anno. Lo decide l’Emilia Romagna, con un aggiornamento sul protocollo per l’Igv datato lo scorso 9 ottobre. Un caso destinato a far discutere che ha già suscitato le polemiche delle associazioni pro-vita. 

Questa modalità, spiega la Regione, consente comunque “la sicurezza e la tracciabilità dell'intervento” perché “il percorso inizia all'interno dei servizi sanitari in regime ambulatoriale, nell'ambito di una presa in carico complessiva della donna”. La libertà di scelta delle donne in Emilia Romagna si declina ora in tre possibilità: l'interruzione chirurgica, in regime di day surgery e quella farmacologica in ambulatorio o a domicilio. Per il percorso dell'aborto farmacologico a domicilio, seguito con la telemedicina, sono previsti comunque due accessi in ambulatorio: il primo per valutare la situazione e assumere il primo farmaco, il secondo per la visita di controllo, passati 14 giorni ed eseguito un nuovo test di gravidanza.

"Ancora una volta - dice Francesco Perboni di Pro Vita & Famiglia - l'Emilia-Romagna non perde occasione per manifestare le sue priorità ideologiche. Per la maggioranza aiutare la donna significa permetterle di porre termine alla vita che porta nel grembo più facilmente e rapidamente possibile, in modo che non si accorga della gravità di quanto sta avvenendo, finanche sacrificando la sicurezza e l'assistenza medica”.

In realtà, quello che i pro vita ignorano, è che gli obiettivi di questa determina sono quelli di semplificare il percorso farmacologico, alleggerire la mole di lavoro degli ospedali e quindi coinvolgere maggiormente i consultori, ma soprattutto garantire alla donna un ambiente più intimo e confortevole delle quattro mura bianche ospedaliere, lontana da occhi indiscreti ed eventualmente giudicanti che potrebbe incrociare.