Ambra Sabatini: "La verità? Si è persone anche se manca un arto, basta che funzioni il cuore"

di PIERO CECCATELLI
25 novembre 2021
ambra sabatini

ambra sabatini

"Chi mi conosce per le vittorie, vede l’atleta e mi considera un esempio. Chi non sa niente di me, osserva la protesi e mi rivolge sguardi di pietà. Ma la disabilità è un aspetto della vita, che va vista con assoluta normalità". Ambra Sabatini, 19 anni,  ha vinto i 100 metri alle Paralimpiadi di Tokyo2020, davanti a Martina Caironi e Monica Contraffatto: l’immagine più bella dell’Italia che guarda (e va) avanti. Ambra Sabatini e Caironi, hanno perso una gamba per incidenti stradali, la militare Contraffatto per un ordigno in Afghanistan.   

Ambra, com’è cambiata la tua vita, dopo le Paralimpiadi? “La vittoria è ancora recente. le gente si ricorda di me e ne approfitto per lanciare un messaggio positivo: invito a praticare sport le persone con disabilità e non solo”.

Hai lo sport nel sangue. “Pattinaggio da piccola, poi volley e atletica mezzofondo. Dopo l’incidente, sempre atletica, ma velocità. Per me, non è cambiato nulla. Quando incontro i bambini,  non chiedo come si chiamano, ma: che sport fai?”.

Avere fatto sport tutta la vita, aiuta ad affrontare la disabilità? “Sì, ma non per una questione fisica. Prima dell’incidente, essendo sportiva e osservando le regole, non seguivo i coetanei che sballavano, tiravano tardi, ero e sono maestra nel fregarmi del giudizio degli altri, nel lasciarmi scivolare certe cose addosso. Un’abilità che serve, ora”.

Perché? "All’uscita dall’ospedale, come tanti altri, avevo pudore a uscire con le protesi. L’estate scorsa sono andata al centro commerciale senza protesi, in pantaloncini. Barriere superate”.

Riesci a fare le cose degli altri diciannovenni? “Sto prendendo la patente. E sono iscritta al primo anno di scienze della comunicazione, a Roma. Dal 10 dicembre riprenderò gli allenamenti: meno incontri pubblici, più studio. Penserò più a me”.

Quale messaggio vorresti lanciare, alla Festa di Luce!? “Che la diversità ci rende unici e la disabilità e una forma di diversità: non va ignorata, né vista con compatimento. Si è persone anche se manca un arto. Importante è che funzioni il cuore. E il cervello”.