La battaglia per l’accesso delle donne single alla fecondazione assistita arriva alla Corte costituzionale

La Corte Costituzionale esamina il divieto imposto dalla legge 40 del 2024 sull’accesso delle donne single alla “Procreazione medicalmente assistita”. Il caso di Evita, sostenuto dall’Associazione Luca Coscioni, solleva dubbi di legittimità: una sentenza favorevole potrebbe cambiare il futuro della maternità in Italia

di DOMENICO GUARINO
12 marzo 2025
Foto: Amanda Hinault / Flickr

Foto: Amanda Hinault / Flickr

È conforme alla nostra Carta costituzionale il divieto – imposto dalla legge 40 del 2024 – che una donna single possa accedere alla Procreazione medicalmente assistita (PMA)? È quanto discusso in Corte costituzionale nell'udienza pubblica dell'11 marzo, su impulso del Tribunale di Firenze e con un’istanza fatta propria dell’Associazione Luca Coscioni. La vicenda della quale i giudici costituzionali sono stati chiamati a occuparsi scaturisce dal caso di Evita, una donna di 40 anni che si è vista rifiutare la maternità in provetta da una clinica specializzata toscana. Il Tribunale di Firenze, competente per il territorio, aderendo al dubbio di legittimità costituzionale della legge 40, nell’articolo in cui riserva la fecondazione assistita alle solo coppie eterosessuali, ha investito della questione la Consulta.

Nel procedimento dinanzi al tribunale di Firenze sono stati ammessi gli interventi di Serena, anche lei donna singola, che chiede l’accesso alla PMA e dell’Associazione Luca Coscioni in rappresentanza dei propri associati.

Restrittiva situazione attuale

Attualmente la legge italiana permette il ricorso a queste tecniche solo alle coppie eterosessuali, sposate o conviventi. Per poter ricorrere a queste tecniche, quindi, le donne single italiane vanno all’estero, nei paesi in cui è possibile, e partoriscono poi in Italia. In alcuni casi, se non possono o non vogliono andare all’estero, ricorrono a canali non regolamentati e rischiosi.

Una vicenda che ha risvolti pratici, oltre etici (e politici…) per centinaia di migliaia di persone in Italia, coinvolte direttamente o meno nella PMA. L’ultima relazione al Parlamento sull’applicazione della legge 40, riporta infatti che il numero di bambini nati grazie alle tecniche di fecondazione assistita è aumentato del 30,2% rispetto al 2015. Nel 2022 sono stati registrati 16.718 bambini nati tramite PMA, che corrispondono al 4,2% del totale dei nati in Italia. Questo dato evidenzia la crescente domanda di accesso a queste pratiche.

Argomentazioni davanti alla Consulta

Nel corso dell’udienza davanti alla Consulta la difesa ha sottolineato la necessità di rimuovere il divieto. In particolare, l’avvocata Filomena Gallo ha evidenziato che “la Corte costituzionale, nel corso dei 21 anni di vigenza della legge 40 del 2004, ha già avuto un ruolo fondamentale nel ripristinare la legalità costituzionale e nell’affermare i diritti fondamentali". "La genitorialità – ha sottolineato – anche sulla base della giurisprudenza della Consulta, è basata, correttamente, sull’assunzione di responsabilità, che deve esserci a prescindere dal legame biologico e genetico, così come dallo status sociale, economico e quant’altro. Cancellare il divieto di accesso a queste tecniche per le donne singole non determina alcun vuoto normativo”.

Per altro, ha aggiunto Gallo, “ci sono state cinque dichiarazioni di incostituzionalità, che hanno avuto effetti concreti e tangibili: famiglie con bambini che crescono e che sono il futuro del nostro Paese".

Argomentazioni dell’Avvocatura di Stato

Di avviso diverso è l’Avvocatura di Stato, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso per una serie di ragioni. “I precedenti della Corte sulla legge 40 – ha affermato Wally Ferrante, difensore dello Stato – hanno riguardato altri aspetti, mai hanno inciso sul requisito della famiglia per il nascituro".

"D’altronde – ha proseguito- solo il legislatore può prendere decisioni di questo tipo”. E la legislazione vigente “fa in modo che il bambino sia, almeno in partenza, nelle migliori condizioni riguardo al contesto dove si trova a vivere”. Da qui, secondo l’Avvocatura, la ragione delle limitazioni dell’accesso alla Procreazione medicalmente assistita: garantire cioè “la migliore situazione per la crescita e l’identità personale di un bambino che avrà il diritto di sapere un giorno come è stato generato”.

Intanto, l’Associazione Luca Coscioni ha lanciato la campagna PMA per tutte, che in poche ore ha superato le 10mila firme, per chiedere che anche le donne singole possano diventare madri con la fecondazione assistita.

La sentenza della Consulta è attesa per le prossime settimane. Se la Corte dovesse dichiarare illegittimo il divieto di accesso alla PMA per le donne single, questo verrebbe automaticamente fatto rimosso in quanto le pronunce della Corte hanno valore di legge. Da quel momento in poi tutte le donne single che volessero far ricorso alla PMA potrebbero farlo in Italia, nelle cliniche sia pubbliche che private.

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