In Arabia Saudita 7 minori rischiano l’imminente
impiccagione. Il grido d’allarme arriva da
Amnesty International, l’organizzazione non governativa internazionale impegnata nella difesa dei
diritti umani. “Nonostante l’asserito impegno delle autorità saudite a non usare più la
pena di morte nei confronti di minorenni al momento del reato, sette giovani rischiano impiccagione dopo che una corte d’appello ha confermato la loro condanna” recita la nota di Amnesty.
In Arabia Saudita 7 giovani rischiano l’imminente impiccagione (Foto: Amnesty)
“La loro esecuzione segnerebbe una drammatica escalation nell’uso della pena di morte in
Arabia Saudita, dopo che, solo negli ultimi tre anni, le condanne a morte eseguite
si sono moltiplicate per sette” prosegue il comunicato. Amnesty ricorda anche il modus operandi: “Spesso le famiglie dei condannati a morte
non vengono informate sulle decisioni della Corte suprema e sulla ratifica da parte del re e vengono a conoscenza dell’esecuzione dei loro parenti solo attraverso la stampa”.
Amnesty International denuncia che i sette giovani a rischio impiccagione “avevano meno di 18 anni, uno addirittura 12, al momento del loro presunto reato” (Foto: Amnesty)
Pena di morte, ma i reati "tazir" non la prevederebbero
Tornando al caso specifico dei sette ragazzi la cui vita è a rischio, l’associazione sottolinea che “avevano meno di 18 anni, uno addirittura 12, al momento del loro presunto reato”. Inoltre durante la detenzione preventiva “è stato
negato loro il diritto a essere rappresentati da avvocati”. Le sentenze sono state confermate in appello tra marzo 2022 e marzo 2023” spiega ancora l’organizzazione non governativa. Sei di loro, appartenenti alla discriminata
minoranza sciita, sono stati giudicati colpevoli di reati di terrorismo “quali aver preso parte a manifestazioni contro il governo o a funerali di persone uccise dalle forze di sicurezza; il settimo, di rapina a mano armata e omicidio” denuncia ancora Amnesty. Si tratta di
reati contro la persona appartenenti alla categoria “
tazir”, per i quali la legge islamica non stabilisce una pena, la cui determinazione è a discrezione del giudice. “I processi sono risultati
irregolari e basati su confessioni estorte con la tortura” puntualizza l’organizzazione non governativa.
In Arabia Saudita, nel 2022 sono state eseguite 196 condanne a morte, il più alto numero degli ultimi 30 anni, tre volte maggiore di quello del 2021 e sette volte maggiore di quello del 2020
Yousef al-Manasif è stato condannato a morte dal Tribunale penale speciale – che si occupa di casi di terrorismo – nel novembre 2022. Nel verdetto, si legge che è stato giudicato colpevole di “aver cercato di
disgregare il tessuto sociale e la coesione nazionale” e “aver partecipato e incitato a partecipare a manifestazioni e sit-in che disgregano il tessuto sociale e la coesione nazionale”. Per sei mesi dopo l’arresto è stato tenuto in isolamento senza poter vedere i familiari.
Abdullah al-Darazi è stato condannato per, tra l’altro, “aver preso parte a
disordini ad al-Qatif, cantato slogan contro lo stato e causato caos” e “aver attaccato agenti della sicurezza con bombe Molotov”. È rimasto in carcere in attesa del processo per tre anni, senza poter incontrare un avvocato. Invano, durante il processo, ha chiesto un esame medico indipendente sulle
torture che aveva denunciato di aver subito.
I sette giovani a rischio sono accusati di reati contro la persona appartenenti alla categoria “tazir”, per i quali la legge islamica non stabilisce una pena, la cui determinazione è a discrezione del giudice (Ansa)
Arabia Saudita, un primato allarmante
L’Arabia Saudita è ai
primi posti al mondo per
numero di esecuzioni. Nel 2022 sono state eseguite
196 condanne a morte, il più alto numero degli ultimi 30 anni, tre volte maggiore di quello del 2021 e sette volte maggiore di quello del 2020. Finora, nel 2023, sono state eseguite
54 condanne a morte per omicidio, spaccio di droga e reati di terrorismo. Nel 2018 è entrata in vigore la “
Legge sui giovani”, che stabilisce una pena massima di 10 anni per chiunque sia stato condannato per un reato “tazir” commesso quando aveva meno di 18 anni.
In Arabia Saudita nel 2023 sono state eseguite 54 condanne a morte per omicidio, spaccio di droga e reati di terrorismo
Un decreto reale del 2020 ha vietato di
emettere condanne a morte basate sulla
discrezionalità dei giudici nei confronti di persone giudicate colpevoli di reati commessi quando avevano meno di 15 anni. Nel maggio 2023, in una lettera inviata ad
Amnesty International, la Commissione saudita per i diritti umani aveva confermato che “l’applicazione della pena di morte nei confronti dei minorenni per reati ‘tazir’ è stata completamente annullata”.