Main Partner

main partnermain partnermain partner

Partner

main partner

L'allarme di Amnesty: "I diritti umani non finiscano persi nella mischia"

L'associazione guidata pubblica il rapporto 2022-2023 sulla situazione mondiale: dall'Ucraina al Myanmar, dall'Etiopia alla Cina, si punta il dito contro "i doppi standard" e contro le "risposte inadeguate alle violazioni"

di DOMENICO GUARINO -
7 maggio 2023
Guerra ucraina

Guerra ucraina

C’è la guerra in Ucraina con le sue conseguenze, e poi c’è quella che Amnesty International definisce "l'ipocrisia degli Stati occidentali" che hanno reagito con forza all’aggressione russa ma hanno condonato, o ne sono stati complici, gravi violazioni dei diritti umani altrove.

Il rapporto di Amnesty sui diritti umani

amnesty-rapporto-diritti-umani

Amnesty International pubblica il "Rapporto 2022-2023. La situazione dei diritti umani nel mondo"

Il "Rapporto 2022-2023. La situazione dei diritti umani nel mondo" presentato dall'associazione è un vero e proprio grido d’allarme, in cui si punta il dito contro "i doppi standard" e contro le "risposte inadeguate alle violazioni" che hanno "alimentato impunità e instabilità, come nel caso dell’assordante silenzio sulla situazione in Arabia Saudita, della mancanza d’azione rispetto a quella dell’Egitto e del rifiuto di contrastare il sistema di apartheid israeliano nei confronti dei palestinesi". E ancora, gli Usa, denuncia AI, "hanno condannato ad alta voce le violazioni dei diritti umani russe in Ucraina e hanno accolto decine di migliaia di cittadine e cittadini in fuga dalla guerra; ma le loro politiche e prassi razziste contro i neri hanno causato l’espulsione, tra il settembre 2021 e il maggio 2022, di oltre 25.000 persone fuggite da Haiti, sottoponendo molte di esse a torture e ad altri maltrattamenti”. D’altro canto, gli Stati dell’Unione europea "hanno aperto le frontiere alle persone in fuga dall'Ucraina dimostrando di essere, come uno dei raggruppamenti più ricchi al mondo, più che in grado di ricevere grandi numeri di persone in cerca di salvezza e di dar loro l’accesso alla salute, all’educazione e all’alloggio. Al contrario, molti di quegli Stati hanno chiuso le porte a chi fuggiva dalla guerra e dalla repressione in Siria, Afghanistan e Libia”. Senza contare "l’uso di pesanti tattiche, da parte della Cina, per impedire l’azione internazionale sui crimini contro l’umanità che ha commesso", così come il “fallimento delle istituzioni regionali e internazionali, favorito dagli interessi egoisti degli stati membri, di fronte alle migliaia di uccisioni in Etiopia, Myanmar e Yemen”.

Non dobbiamo attendere che il mondo bruci un’altra volta

amnesty-rapporto-diritti-umani

Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International

Una fotografia allarmante ed impietosa che restituisce un quadro a tinte fosche, in cui il conflitto russo-ucraino, pur nella sua abnorme tragicità, rappresenta solo una delle emergenze in corso.   "La Dichiarazione universale dei diritti umani venne adottata 75 anni fa, sulle ceneri della Seconda guerra mondiale, per riconoscere universalmente diritti e libertà fondamentali a tutte le persone. Nel caos delle dinamiche dei poteri globali, i diritti umani non possono finire persi nella mischia. Devono guidare il mondo in una navigazione sempre più volatile e in un ambiente pericoloso. Non dobbiamo attendere che il mondo bruci un’altra volta", ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International.

La guerra in Ucraina e le violazioni russe

La guerra innanzitutto, come dicevamo. "L’invasione su vasta scala dell’Ucraina ha causato una delle peggiori crisi umanitarie ed emergenze dei diritti umani della recente storia europea. Il conflitto ha provocato non solo sfollamenti di massa, crimini di guerra e insicurezza alimentare ed energetica a livello globale, ma ha anche sollevato il tremendo spettro di una guerra nucleare" sottolinea Amnesty. Che evidenzia come in questo caso la risposta degli Stati occidentali sia stata rapida: hanno imposto sanzioni economiche a Mosca e inviato assistenza militare a Kyiv, la Corte penale internazionale ha avviato un’indagine sui crimini di guerra in Ucraina e l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha condannato l’invasione russa come atto di aggressione. "Tuttavia - accusa AI - , questo robusto e apprezzabile approccio è risultato in profondo contrasto con precedenti risposte a massicce violazioni dei diritti umani commesse dalla Russia e da altri Stati, e con la vergognosa risposta in atto a conflitti come quelli in Etiopia e Myanmar”. Secondo l’associazione, infatti, "se quel sistema avesse funzionato per chiamare la Russia a rendere conto dei crimini commessi in Cecenia e in Siria, allora come oggi migliaia di vite avrebbero potuto essere salvate, in Ucraina e altrove. Invece, abbiamo altra sofferenza e altre devastazioni”.

La situazione palestinese

Le cose non vanno meglio in altri quadranti del Globo. Per i palestinesi della Cisgiordania occupata il 2022, ad esempio, "è stato uno degli anni più mortali da quando, nel 2006, le Nazioni Unite hanno iniziato a registrare i numeri delle vittime: lo scorso anno sono stati 151 i palestinesi uccisi, tra i quali decine di minorenni, dalle forze israeliane. Queste hanno anche continuato a espellere i palestinesi dalle loro case". E "invece di chiedere la fine del sistema israeliano di apartheid, molti stati occidentali hanno scelto di attaccare i promotori di tale richiesta".

L'impunità cinese

I doppi standard dell’Occidente hanno rafforzato Paesi come la Cina, e consentito a Egitto e Arabia Saudita di evadere, ignorare o respingere le critiche sulla loro situazione dei diritti umani. Amnesty sottolinea come "nonostante le massicce violazioni dei diritti umani, equivalenti a crimini contro l’umanità, nei confronti degli uiguri e di altre minoranze musulmane, Pechino è riuscita a eludere le condanne, a livello internazionale, da parte dell’Assemblea generale, del Consiglio di sicurezza e del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite".

La repressione del dissenso

Altro capitolo problematico è quello della brutale repressione del dissenso nel mondo. Amnesty ricorda come in Russia numerosi dissidenti siano stati portati in tribunale e vari organi d’informazione siano stati chiusi solo per aver menzionato la guerra in Ucraina. Ma giornalisti sono stati imprigionati in Afghanistan, Etiopia, Myanmar, Russia, Bielorussia e in decine di altri stati del mondo dove erano divampati conflitti. Mentre lo Sri Lanka ha fatto ricorso ai poteri dello stato d’emergenza per stroncare le proteste di massa contro la crescente crisi economica.
amnesty-rapporto-diritti-umani

Preoccupa la situazione dei civili in Sudan

E ancora, in Iran, denuncia ancora nel rapporto AI "le autorità hanno risposto con la forza illegale a una sollevazione senza precedenti contro decenni di repressione, ricorrendo a proiettili veri, pallottole di metallo, gas lacrimogeni e pestaggi: sono state uccise centinaia di persone, tra cui decine di minorenni". Anche "le forze di sicurezza del Perú, a dicembre, hanno usato la forza illegale in particolare contro nativi e campesinos, per stroncare le proteste seguite alla crisi politica scaturita dalla deposizione dell’ex presidente Castillo". Giornalisti, difensori dei diritti umani e oppositori politici hanno subito repressione anche in altri stati, tra i quali Zimbabwe e Mozambico. Non va meglio nel mondo cosiddetto 'evoluto': "In Australia, India, Indonesia e Regno Unito le autorità hanno introdotto nuove leggi per limitare le manifestazioni". Le norme entrate in vigore nel Regno Unito, in particolare, "hanno dato alle forze di polizia poteri molto ampi, compreso quello di vietare 'proteste rumorose', compromettendo così la libertà di espressione e di protesta pacifica”.

Le violazioni contro le donne

amnesty-rapporto-diritti-umani

In Afghanistan e Iran le donne stanno subendo una drammatica cancellazione dei loro diritti

Ci sono poi le violenze specifiche nei confronti delle donne. In particolare le native hanno continuato a subire, in modo sproporzionato, “alti livelli di stupro e di altre forme di violenza sessuale”. In Pakistan ci sono stati diversi femminicidi da parte dei familiari ma il parlamento, fa notare AI, "non ha approvato la legge sulla violenza domestica di cui stava discutendo sin dal 2021. In India, sono rimasti impuniti sia casi di violenza contro le donne dalit e adivasi che ulteriori crimini di odio contro le caste". E ancora, in Afghanistan, a seguito di una serie di editti emessi dai talebani, c’è stato un grave arretramento dei diritti femminili all’autonomia personale, all’istruzione, al lavoro e all’accesso agli spazi pubblici. Mentre in Iran la "polizia morale" ha arrestato Mahsa (Zina) Amini poiché aveva una ciocca di capelli fuori dal velo: alcuni giorni dopo è morta a seguito di tortura. La sua uccisione ha dato vita a proteste nazionali in cui molte altre donne e ragazze sono state arrestate, ferite e assassinate. La Corte Suprema degli Usa infine ha annullato una duratura garanzia costituzionale sul diritto d’aborto e “ha messo a rischio altri diritti umani di milioni di persone che potrebbero avere una gravidanza, quali quelli alla vita, alla salute, alla riservatezza, alla sicurezza e alla non discriminazione”.

L'appello dell'associazione

"È fondamentale che le istituzioni e i sistemi internazionali che dovrebbero proteggere i nostri diritti siano rafforzati piuttosto che indeboliti. La prima cosa da fare è finanziare appieno i meccanismi sui diritti umani delle Nazioni Unite in modo che le indagini e l’accertamento delle responsabilità proseguano e si arrivi alla giustizia” dice Amnesty. Che chiede inoltre una riforma del massimo organo decisionale dell'Onu, il Consiglio di sicurezza, in modo che possa essere la voce degli stati e delle situazioni tradizionalmente ignorate, soprattutto nel Sud globale. “Il sistema internazionale ha bisogno di una seria riforma che rifletta la realtà odierna. Non possiamo permettere agli stati membri permanenti del Consiglio di sicurezza di trincerarsi dietro al loro potere di veto e di mantenere immutati i propri privilegi. La mancanza di trasparenza e di efficacia nel processo decisionale del Consiglio di sicurezza rende l’intero sistema aperto alle manipolazioni, agli abusi e alle disfunzioni”, ha concluso Callamard.