Artemisia, una comunità contro la violenza: "Abbiamo bisogno di coltivare la speranza"

Al convegno del centro antiviolenza di Firenze c'è spazio anche per le voci e le testimonianze delle vittime e dei testimoni. Una nuova narrazione per cambiare la cultura

di GIORGIA BORGIOLI
25 novembre 2023
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Quando la Presidente del centro Antiviolenza Artemisia Elena Baragli inizia a parlare, la voce trema e, nel Salone Brunelleschi dell’Istituto degli Innocenti a Firenze, cala il silenzio. È il silenzio misto a rabbia di tutte le donne e gli uomini presenti all’edizione 2023 del Convegno “Donne, bambine e bambini liberi dalla violenza: il potere della comunità”, promosso dall’associazione Artemisia nell'ambito de L'Eredità delle Donne, con il patrocinio della Fondazione CR Firenze, Progetto Per Michela Toscana Aeroporti, Ordine degli Assistenti Sociali-Consiglio Regionale Toscana. Il convegno si è tenuto venerdì 24 novembre, dopo la Giornata Internazionale per i Diritti dell’Infanzia e Adolescenza del 20 e alla vigilia della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne di oggi.

Le proteste rumorose per rinnovare la speranza

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Il convegno all'Istituto degli Innocenti

Ed è proprio in questi giorni che l’Italia si sta facendo sentire con manifestazioni e proteste "rumorose" nelle piazze e nelle scuole, affinché il femminicidio di Giulia Cecchettin e di tutte le altre vittime non resti solo un ricordo che si dissolve nel tempo, ma sia invece un punto di svolta definitivo affinché nel futuro delle donne non ci sia più la parola violenza. “Abbiamo il bisogno etico di coltivare la speranza”, dice la presidente Baragli. Una speranza che è sempre più messa a dura prova dalle innumerevoli e continue notizie di violenza e femminicidi che popolano i nostri media.

Il centro Antiviolenza Artemisia

Il centro Antiviolenza Artemisia di Firenze conta, in 28 anni di attività, dal febbraio 1995 al dicembre 2022, 19.427 richieste di aiuto, di cui 14.403 donne in situazioni di violenza in atto, 4.057 minori vittime di maltrattamento e abuso sessuale e 936 adulte/i che hanno chiesto aiuto per violenze subite durante l’infanzia. Anche Petra Filistrucchi, vicepresidente e direttrice servizi Artemisia parla del fenomeno e di come molte volte i media non comunichino bene tematiche delicate come questa, non creando un terreno fertile per il confronto, ma bensì allontanando il dialogo. La vicepresidente definisce poi la violenza come un’arma che “frammenta il pensiero e attacca i legami”, con parole che non potrebbero essere più giuste di queste.
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Le donne che lavorano in Artemisia

Storie di abusi e violenze

Durante la prima sessione del convegno, “Ascoltare le voci delle protagoniste e dei protagonisti”, sono diverse le persone che hanno mettono disposizione il racconto della propria storia di abusi e violenze. Tra questi, Saverio Scuccimarri, decano della facoltà avventista di Teologia, racconta la sua storia di vittima di violenza in quanto il padre usava violenza verso la madre: “La grande colpa di mia mamma era quella di abbracciare una fede religiosa minore rispetto alla maggioranza delle persone del paesino in provincia di Bari in cui vivevamo”, afferma. "I figli che vedono le madri vittime di violenza sentono i colpi dentro di sé".  Una frase fortissima, che quando viene pronunciata fa sussultare l'intero salone, con il pubblico coinvolto e travolto dalle testimonianze strazianti dei protagonisti. Nella mattinata si susseguono poi Manuela Trapassi, Paola Alberti, mamma di Michela Noli, assassinata dal marito sei anni fa; Noreen Nasir e Giuseppe Aversa, parte di Care Leavers Network Toscana, e infine Anna Mancarella. Le voci di donne, ragazze, uomini che da bambini sono stati vittime e testimoni di varie forme di violenza e che oggi parlano alla comunità affinché si possa parlare del fenomeno con la corretta postura personale, professionale, collettiva e con i giusti interrogativi necessari.

Il lavoro di comunità

“Se la vita degli altri ci riguarda: il lavoro di comunità” è il titolo della seconda sessione, cuore teorico del convegno. Le tematiche del lavoro sociale di comunità vengono affrontate da relatori e relatrici di alto profilo professionale che si addentrano nei vari ambiti da un punto di vista teorico, metodologico, etico e filosofico. Ancora una volta viene rimarcata l’importanza di numerose realtà che oggi, pur non essendo istituzionali, hanno comunque una responsabilità sociale mirata a raggiungere cambiamenti significativi. Nel pomeriggio, la Tavola rotonda ospita istituzioni, aziende, fondazioni e associazioni che si sono confrontate e interrogate sui possibili sviluppi e opportunità da promuovere in futuro. Anche Ilaria Bagnoli, responsabile dell’area violenza di genere e domestica di Artemisia, rimarca l’importanza di parlare di queste tematiche in modo giusto e consapevole, poiché “parlarne significa educare a una narrazione che non sia più volta al modo in cui le donne possono difendersi dalla violenza, bensì su come l’uomo possa smettere di praticarla”. In tema di violenza niente è superfluo, inutile, né fuori contesto; si parte dalla quotidianità dei piccoli gesti, perché anche un fischio per strada concorre a piantare le radici di una società dello stupro.