Un’attivista afghana per i diritti umani è stata stuprata a turno e torturata in una prigione talebana da almeno due uomini delle forze di polizia. Il quotidiano britannico The Guardian avrebbe visionato un filmato, ritenuto attendibile, che mostra le drammatiche immagini delle violenze subite dalla donna.
Un video che, se ne sarà accertata l’autenticità, rappresenta la prima prova concreta di una pratica – quella delle violenze sessuali a cui sono sottoposte le ragazze e le donne detenute nelle carceri dell’Afghanistan – disumana messa in atto dai talebani dopo il loro ritorno al potere nell’agosto del 2021. Le segnalazioni, in questi anni, sono state parecchie, ma mancava finora una prova che portasse alla luce questi crimini compiuti in un contesto di crescente e assoluta repressione della popolazione femminile com’è il Paese mediorientale. Secondo la vittima, le riprese del cellulare le sarebbero state successivamente inviate accompagnate dalla minaccia che sarebbero state condivise più ampiamente (con i media locali e con la famiglia) se avesse continuato a criticare apertamente il regime talebano.
Il video dell’attivista stuprata
Nella registrazione arrivata al Guardian, si vede la giovane attivista filmata con un cellulare da un agente armato mentre le viene imposto di togliersi i vestiti e viene poi violentata più volte da altri due uomini presenti in cella. La donna cerca di coprirsi il volto con le mani, per non essere riconosciuta. Uno degli aggressori le dà anche una spinta forte quando lei esita ad eseguire quegli ordini. Ad un certo punto le viene detto: “Sei stata fo***ta dagli americani in tutti questi anni e ora tocca a noi”. Quasi fosse semplicemente un gioco, un oggetto da utilizzare per il proprio piacere, quasi una vendetta nei confronti degli statunitensi, di cui a fare le spese però è una persona in carne e ossa, una donna.
La ragazza ha affermato di essere stata arrestata per aver preso parte a una protesta pubblica contro il regime talebano e di essere stata violentata mentre era detenuta in prigione. Dopo la liberazione è fuggita dall'Afghanistan. Ha aggiounto che dopo essersi espressa contro i talebani in esilio, le è stato inviato il video e le è stato detto che se avesse continuato a criticare il regime il video sarebbe stato inviato alla sua famiglia e pubblicato sui social media. Tanto da ritenere che lo stupro e le torture subite siano stati registrati deliberatamente perché il video diventasse uno strumento di ricatto, per metterla a tacere e svergognarla: la persona che ha filmato l'aggressione la riprende nuda con il volto ben visibile e identificabile.
Le violenze sulle detenute e l’apartheid di genere
La scorsa settimana sempre il Guardian ha pubblicato resoconti di ragazze adolescenti e giovani donne che hanno affermato di essere state aggredite sessualmente e picchiate dopo essere state detenute in violazione delle draconiane leggi afghane sull'hijab. Anche il relatore speciale delle Nazioni Unite per l'Afghanistan di recente ha affermato di ritenere che le donne siano state vittime di violenza sessuale durante la detenzione. Un portavoce dei talebani, Zabhullah Mujahid, ha invece negato che questi abusi siano diffusi.
Da quando hanno ripreso il controlllo del governo in Afghanistan i Talebani hanno imposto fin da subito quello che le associazioni umanitari e i gruppi per la tutela dei diritti umani chiamano “apartheid di genere” nei confronti dei 14 milioni di donne, ragazze e bambine che abitano nel Paese. Queste sono infatti escluse da quasi ogni aspetto della vita pubblica, dal divieto di frequentare la scuola secondaria alla messa al bando da qualsiasi impiego retribuito, dagli ingressi negli spazi pubblici limitatissimi, alla proibizione di accedere a saloni di bellezza e parrucchieri. Oltre a ciò sono sottoposte a un rigidissimo codice di abbigliamento.