
Il termine hikikomori indica un disturbo psichiatrico riconosciuto che si manifesta con l'isolamento sociale. Il termine deriva dal giapponese hiku, "tirare", e komoru, "ritirarsi" o "chiudersi"
Il termine "Hikikomori" deriva dal giapponese e significa letteralmente "stare in disparte". Descrive la condizione di persone, prevalentemente giovani, che scelgono di ritirarsi dalla vita sociale, isolandosi nella propria abitazione, o addirittura nella propria stanza, e limitando al minimo i contatti con l'esterno. Un comportamento che può durare settimane, mesi o anni e che spesso comporta l'abbandono scolastico o lavorativo. Un fenomeno che – come ci raccontano i dati – è in aumento nel nostro Paese.
Quante persone Hikikomori ci sono in Italia?
Secondo le stime di Hikikomori Italia, associazione che dal 2017 lavora per contrastare e ridurre l'isolamento sociale volontario, in Italia ci sono tra i 100mila e i 200mila casi di ritiro sociale volontario. E il fenomeno sembra essere, negli ultimi anni, in aumento: secondo uno studio del Consiglio Nazionale delle Ricerche pubblicato su Nature nel gennaio 2025, il 10 per cento degli adolescenti italiani tra i 14 e i 19 anni si trova in una condizione di estremo ritiro sociale. Un numero che è raddoppiato rispetto al 5 per cento rilevato nel 2019. Questo incremento è stato attribuito in parte all'impatto della pandemia da Covid-19, che ha accentuato le tendenze all'isolamento tra la popolazione più giovane.
Secondo Hikikomori Italia, il fenomeno “riguarda soprattutto i giovani dai 14 ai 30 anni, principalmente maschi (tra il 70 e il 90 per cento), anche se il numero delle ragazze isolate potrebbe essere sottostimato dai sondaggi effettuati finora”. E sebbene la condizione di Hikikomori tenda a svilupparsi durante l’adolescenza - l’età media di inizio del ritiro sociale si aggira intorno ai 15 anni -, essa “tende a cronicizzarsi con facilità e può dunque durare potenzialmente tutta la vita”.
Perché si diventa Hikikomori?
Le cause del fenomeno possono essere diverse e intrecciarsi tra loro, rendendo il fenomeno complesso da analizzare. Dal punto di vista caratteriale, i ragazzi che sviluppano questa condizione sono spesso intelligenti, ma anche particolarmente sensibili e inibiti socialmente. Questo temperamento li porta a incontrare difficoltà nel costruire relazioni soddisfacenti e durature, così come nell’affrontare con efficacia le inevitabili difficoltà e delusioni della vita.
A livello familiare, l’assenza emotiva del padre e un eccessivo attaccamento con la madre sono indicate come possibili concause. Sul piano scolastico, il rifiuto della scuola rappresenta uno dei primi segnali di allarme: l’ambiente scolastico viene vissuto in modo particolarmente negativo e, in molti casi, dietro l’isolamento si cela una storia di bullismo. Infine, dal punto di vista sociale, gli Hikikomori sviluppano una visione estremamente negativa della società e soffrono in modo acuto le pressioni legate alla realizzazione personale, dalle quali cercano di fuggire isolandosi dal mondo esterno.
“Tutto questo porta a una crescente difficoltà e demotivazione del soggetto nel confrontarsi con la vita sociale, fino a un vero e proprio rifiuto della stessa”, spiega Hikikomori Italia. L’associazione aggiunge che “la dipendenza da internet viene spesso indicata come una delle principali cause dietro all'esplosione del fenomeno, ma non è così: essa rappresenta una possibile conseguenza dell'isolamento, non una causa”.
Quali sono le conseguenze?
L'isolamento prolungato delle persone Hikikomori può avere gravi ripercussioni sulla salute mentale e sul benessere generale: la mancanza di interazioni sociali può aggravare o causare disturbi dell'umore, come la depressione e l'ansia e, inoltre, l'assenza di contatti interpersonali compromette lo sviluppo e il mantenimento delle competenze sociali, rendendo ancora più difficile un eventuale ritorno alla vita attiva.
Dal punto di vista scolastico e lavorativo, il ritiro sociale spesso comporta l'abbandono degli studi e la mancanza di esperienze professionali, ostacolando l'integrazione futura nella società. Molti Hikikomori si trovano, quindi, in una situazione di dipendenza economica dalle famiglie e con poche prospettive di autonomia.

Come si può affrontare questo fenomeno?
Affrontare il fenomeno degli Hikikomori richiede un approccio multidisciplinare che coinvolga famiglie, scuole, professionisti della salute mentale e la società nel suo complesso, al fine di prevenire e intervenire efficacemente in queste situazioni. In Italia, diverse associazioni e iniziative si dedicano alla sensibilizzazione e al supporto riguardo al fenomeno degli Hikikomori. L’esempio più significativo è la già citata Associazione Hikikomori Italia, fondata nel 2017 con l'obiettivo di creare una rete nazionale di professionisti ed enti interessati al tema del ritiro sociale volontario tra i giovani. L'associazione organizza eventi formativi e di sensibilizzazione in tutto il paese e facilita, tramite psicologi convenzionati, gruppi di auto mutuo aiuto per le famiglie coinvolte.
Tra le iniziative recenti del gruppo, “Il Mese degli Hikikomori” rappresenta una campagna di sensibilizzazione promossa dal Consiglio nazionale dei centri commerciali, con il supporto della Scuola del Fumetto. Lanciata il 10 marzo 2025, questa iniziativa mira a creare maggiore consapevolezza attorno al fenomeno dell'isolamento volontario, fornendo strumenti di supporto per riconoscerne precocemente i segnali.
A livello istituzionale, diverse regioni italiane hanno adottato misure per affrontare il fenomeno degli Hikikomori. Oltre alla Campania, che ha istituito un tavolo permanente per contrastare il ritiro sociale giovanile , anche la Puglia ha approvato una legge regionale specifica per affrontare questa problematica . A livello nazionale, la Camera dei Deputati ha approvato mozioni per sviluppare progetti volti a prevenire e contrastare l'isolamento sociale volontario tra i giovani.
Queste associazioni e iniziative rappresentano passi significativi verso la comprensione e il supporto degli Hikikomori in Italia, evidenziando l'importanza di un approccio multidisciplinare e collaborativo per affrontare efficacemente il fenomeno.