Aung San Suu Kyi ai domiciliari: la leader birmana esce dal carcere

La 78enne Premio Nobel è stata trasferita in un edificio governativo. Arrestata nel 2021 dopo il golpe militare, da tempo non si avevano sue notizie

di MARIANNA GRAZI -
28 luglio 2023
++ Aung San Suu Kyi uscita dalla prigione ++

++ Aung San Suu Kyi uscita dalla prigione ++

Aung San Suu Kyi, è stata trasferita agli arresti domiciliari. Lo riporta la Bbc, citando fonti carcerarie, secondo le quali l'ex leader birmana e Premio Nobel è stata portata in un edificio governativo nella capitale del Myanmar Nay Pyi Taw. La notizia è stata poi confermata da un membro del suo partito, precisando che sta già avendo incontri con varie personalità istituzionali.
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La 78enne in una delle pochissime immagini diffuse in due anni dall'arresto dopo il golpe della giunta militare

"Daw Aung San Suu Kyi è stata trasferita in una sede di alto livello lunedì sera", ha detto ad Afp il funzionario della Lega nazionale per la Democrazia in condizione di anonimato.

L'arresto e l'isolamento

Estromessa dal potere nel Paese la 78enne era stata arrestata a seguito di un colpo di Stato militare nel febbraio 2021 e ha trascorso un anno in isolamento. Suu Kyi sta scontando una pena di 33 anni, frutto di varie condanne emesse al termine di processi a porte chiuse e condotti dai militari in questi mesi. In più di due anni non è stata diffusa quasi nessuna notizia sulle sue condizioni di salute.  LA 78enne è stata vista solo una volta da quando è stata trattenuta dopo il putsch del 1° febbraio 2021, in foto sgranate dei media statali da un'aula di tribunale. L'anziana leader è stata agli arresti domiciliari fino a giugno di quest'anno, quando è stata trasferita in isolamento in una prigione della capitale del Paese.
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I militari al potere in Myanmar non hanno confermato la scarcerazione di San Suu Kyi

Il trasferimento e le condizioni di salute

Dopo il colpo di Stato, il Myanmar è precipitato in una guerra civile che ha ucciso migliaia di persone e le sanzioni imposte ai militari non sono riuscite a fermare la violenza. La giunta al potere non ha confermato il suo trasferimento dal carcere, ma il passaggio agli arresti domiciliari - sottolinea la Bbc - potrebbe essere un segnale positivo da parte delle autorità, che hanno dovuto far fronte a numerose richieste di scarcerazione della leader democraticamente eletta. Si diceva che Aung Suu Kyi fosse malata, ma i militari hanno smentito la notizia. All'inizio della settimana, una fonte della prigione di Nay Pyi Taw, dove era detenuta, ha dichiarato alla Bbc birmana che l'ex leader era in buona salute.

Gli incontri con le autorità

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Aung San Suu Kyi assiste a una cerimonia di firma presso l'Ufficio del Governo di Hanoi, Vietnam, il 19 aprile 2018 (Epa)

Anche il ministro degli Esteri thailandese ha rivelato questo mese di aver fatto visita a Suu Kyi, ma non ha fornito ulteriori dettagli. Secondo quanto riportato dalla Bbc birmana, inoltre, i militari hanno organizzato un incontro tra la politica e T Khun Myat, il presidente della Camera bassa del Parlamento. Tuttavia, gli stessi soldati hanno negato che questi colloqui siano in corso, negando quindi quanto affermato dai politici di opposizione che sostengono invece che la donna stia incontrando altre personalità istituzionali. La leader birmana ha sempre negato tutte le accuse e i gruppi per i diritti hanno condannato i processi in tribunale come una farsa.

Chi è Aung San Suu Kyi

Figlia dell'eroe dell'indipendenza, il generale Aung San, è emersa come leader del movimento pro-democrazia contro la dittatura militare. Ha co-fondato la Lega Nazionale per la Democrazia (NLD), ma è stata messa agli arresti domiciliari nel 1989. Insignita del premio Nobel per la pace, Suu Kyi è stata una delle icone mondiali della democrazia. Il suo rilascio dalla detenzione nel 2010 è stato celebrato in Myanmar e in tutto il mondo.
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La 78enne è considerata un'icona internazionale di democrazia

In seguito, però, è stata criticata per aver difeso il suo Paese dalle accuse di genocidio presso la Corte internazionale di giustizia delle Nazioni Unite (ICJ), dopo le diffuse affermazioni secondo cui il Myanmar avrebbe commesso atrocità contro i Rohingya musulmani mentre il suo governo era al potere. Quasi un milione di loro è fuggito dal Myanmar negli ultimi anni e ora vive come rifugiato nel vicino Bangladesh.