Caporalato in agricoltura, un progetto per dire basta. La stagione delle battaglie per i
diritti delle lavoratrici e dei lavoratori non registra battute di arresto. La sopraffazione è sempre in agguato e il pericolo di una riduzione dello spazio delle legittime tutele è sempre dietro l’angolo. La questione si complica ulteriormente quando ad essere
vittime di sfruttamento sono gli ultimi, “gli zeri del mondo”, coloro che esistono solo come numero da censire, inserire una statistica, catalogare. Stando agli ultimi dati dell’ispettorato nazionale del lavoro, i
fenomeni di sfruttamento sono in crescita in tutta Italia, soprattutto nelle aree economicamente più ricche: nel biennio 2020-2021, le aziende irregolari hanno superato il 68% nel Mezzogiorno e il 78% nel resto dello Stivale.
Stando agli ultimi dati dell’ispettorato nazionale del lavoro, i fenomeni di sfruttamento sono in crescita in tutta Italia, soprattutto nelle aree economicamente più ricche
A livello
industriale, se l’agricoltura rimane il settore più esposto, edilizia, logistica e servizi alla persona - in forte ripresa nel post-pandemia - stanno registrando forti incrementi. Un fenomeno noto come “
caporalato”, che trascina in un vortice di illegalità, sfruttamento e privazione della dignità
migliaia di donne, uomini e bambini ogni anno e che, oltre a efficaci misure di contrasto di natura normativa, ha estrema necessità di essere reso noto e riconoscibile agli occhi dell’opinione pubblica. A fare la propria parte in questo processo di consapevolezza collettiva sono, tra le altre e gli altri,
Princes Industrie Alimentari (PIA), società che gestisce il più grande stabilimento in Europa per la trasformazione del pomodoro, e
Oxfam Italia, associazione in prima linea contro ogni forma di disuguaglianza. Finalizzata a compiere un balzo in avanti nell’impegno contro pratiche che non tutelano i
diritti dei lavoratori più fragili, la collaborazione prevede un’attività di monitoraggio e certificazione delle iniziative messe in campo da Princes nell’ambito dei diritti umani che prevedono formazione in tema di diritti del lavoro, buone pratiche etiche, copertura sanitaria, accesso al servizio di “help desk” per i lavoratori impiegati nei campi, oltre alla possibilità di accedere al trasporto sicuro nei campi. Ne abbiamo parlato con
Gianmarco Laviola, amministratore delegato di Princes Industrie Alimentari, e
Louis Eze Amakonze, operaio dell’azienda.
Caporalato questo (quasi) sconosciuto
Nonostante gli importanti passi in avanti, lo sfruttamento in agricoltura continua a essere una piaga sociale. Proviamo a spiegare il fenomeno con parole semplici: cosa significa cadere nella rete del caporalato? Gianmarco Laviola -
"Per spiegare il fenomeno del caporalato è importante partire dal presupposto che esso si evolve e cambia aspetto con la società in cui si nasconde. Il caporalato dà luogo a forme di sfruttamento dell’uomo sull’uomo: i caporali reclutano persone in difficoltà economica e sociale e, ingannandoli, promettono loro un lavoro e una casa. La realtà purtroppo è tutt’altra: finire in questa rete significa vivere in baraccopoli in condizioni igienico-sanitarie critiche e non avere alcun guadagno, nella maggior parte dei casi, lavorando per ore in situazioni di sforzo fisico considerevole. Le persone accettano perché si ritrovano a non avere speranze migliori o alternative dignitose. E non si tratta più di un fenomeno legato alla sola agricoltura e al lavoro nei campi: è un’ombra che oggi aleggia anche in altri settori". Louis Eze Amakonze -
"Quando cambi Paese e ti sposti in un luogo in cui non conosci nessuno è purtroppo facile cadere in situazioni e contesti difficili, gestiti da persone senza scrupoli, perché, per chi non ha supporto, sono le uniche opportunità che si presentano. Tuttavia, esistono realtà e persone che sono convinte che un altro modo di vivere e lavorare sia possibile, creando delle occasioni di inserimento positive". Disoccupazione, lavoro povero, welfare insufficiente, mancate politiche migratorie: sono queste solo alcune delle cause dello sfruttamento in agricoltura. Cosa è cambiato negli ultimi anni e quanto è stata utile l’azione individuale di realtà che hanno deciso di invertire la rotta e fare la differenza investendo in legalità? Gianmarco Laviola -
"Sono convinto del fatto che investire in iniziative di integrazione e inclusione sia un’attività fondamentale per le aziende che, come la nostra, operano in un settore storicamente legato al territorio in cui si sviluppa. Il nostro progetto è nato come un segnale forte e solido attraverso cui far capire che un’alternativa è possibile. Un’alternativa di pensiero e di visione per la nostra filiera ma anche per tutta la comunità in cui operiamo: è un progetto di integrazione che va oltre i confini aziendali perché si inserisce e cresce nel tessuto sociale della Capitanata (ndr
Distretto storico-geografico dell’Italia meridionale, corrispondente con buona approssimazione al settore settentrionale della moderna regione Puglia). Dall’idea di lavoro congiunto con le realtà del territorio - come la Caritas di Foggia e Lucera - è nato il progetto e, negli anni, si è arricchito con la collaborazione di altri attori attivi sul territorio. Solo insieme è possibile invertire la rotta e contrastare le ingiustizie". Louis Eze Amakonze -
"Grazie a Caritas e a Princes Industrie Alimentari, posso dire di aver trovato una seconda famiglia. Una famiglia accogliente, composta dalle persone con cui lavoro e dai cittadini che incontro ogni giorno. Spero che questo progetto continui e cresca per aiutare tante altre persone che come me erano in difficoltà. Arrivare in un Paese straniero e cercare lavoro non è facile, complici le tante pratiche burocratiche e i lunghi tempi di attesa".
Oltre a efficaci misure di contrasto di natura normativa, il fenomeno ha estrema necessità di essere reso noto e riconoscibile agli occhi dell’opinione pubblica
'Lavoro senza frontiere' è un percorso coraggioso, resiliente e necessario. Un’iniziativa capace di farsi modello. Da dove nasce e cosa vuole fare da grande? Gianmarco Laviola -
"Lavoro senza frontiere
è un progetto di integrazione, nato nel 2018 in collaborazione con la Caritas di Foggia e Lucera, volto a promuovere condizioni di lavoro etiche nella filiera del pomodoro. L’iniziativa risponde alle necessità del territorio in cui la nostra azienda opera: una realtà fatta di tante persone che hanno voglia di lavorare e di fare del lavoro uno strumento tramite cui acquisire dignità e inserirsi nel tessuto sociale in cui verosimilmente poi vorrebbero restare e crescere, ma anche una realtà in cui è facile imbattersi in situazioni di sfruttamento. 'Lavoro senza frontiere' nasce dagli sforzi e dalla collaborazione di tante persone, unite dalla volontà di offrire un’alternativa valida al fenomeno del caporalato. Il progetto è lo specchio dei valori della nostra azienda: legalità ed eticità, condivisione, amicizia, supporto. Oggi, è il più grande motivo di orgoglio di Princes Industrie Alimentari e, nonostante le difficoltà che abbiamo incontrato in questi anni, siamo decisi a portarlo avanti e a metterlo a servizio di quante più persone possibili, forti dell’esperienza maturata in questi anni". Princes Industrie Alimentari si pone un obiettivo chiaro e semplice: dire no all’illegalità. Quanto costa - e quanto rende - essere liberi? Gianmarco Laviola - "
Sviluppare e dare vita a questo progetto non è stato semplice, inutile negarlo. In questi anni di lavoro sono emerse diverse difficoltà, soprattutto inizialmente, legate alla necessità da parte di un’azienda privata di avere delle garanzie su aspetti burocratici legati all’inserimento nel mondo del lavoro e alla reazione negativa da parte di alcune persone che per fortuna sono state una minoranza, ma le soddisfazioni sono tantissime e continuano ad arrivare di giorno in giorno. Vedere i ragazzi che abbiamo assunto crescere e integrarsi perfettamente all’interno dell’azienda e della comunità di Foggia, ci rende orgogliosi e ci stimola a fare di più".
Louis Eze Amakonze - "Lavoro Senza Frontiere mi ha reso libero, perché mi ha dato l’opportunità di costruirmi un futuro. Un futuro che oggi è fatto di una casa sicura, un lavoro a cui dedico passione e una famiglia tutta mia".
Disoccupazione, lavoro povero, welfare insufficiente, mancate politiche migratorie: sono queste solo alcune delle cause dello sfruttamento in agricoltura
Princes Industrie Alimentari lavora nello stabilimento di Foggia unicamente pomodoro di origine pugliese e si rifornisce esclusivamente da produttori che rispettano i più alti standard in tema di lavoro etico, secondo le certificazioni “Global G.A.P. GRASP” o “SA8000”. Inoltre, richiede l’iscrizione alla Rete del Lavoro Agricolo di Qualità a tutti i fornitori agricoli. Proprietaria e produttrice di Napolina, il più grande brand di pomodori italiani nel Regno Unito, Princes Industrie Alimentari è, grazie a partnership con Coldiretti e Oxfam, una delle voci più importanti nell’evidenziare i cambiamenti positivi che si sono attuati rispetto a modalità di lavoro storiche nel Mezzogiorno italiano. Nel
Regno Unito, i consumatori possono vedere le origini dei pomodori Napolina attraverso un tracciamento realizzato grazie a un QR code posto sulle confezioni. Un modello aziendale che dimostra senza tema di smentita che quella per un lavoro giusto è una battaglia che si può vincere solo insieme. Un esempio da conoscere, raccontare e replicare per fare in modo che il nostro Paese si liberi dal giogo dello sfruttamento e si attesti capofila di percorsi virtuosi.