Caso Ilaria Salis: Meloni chiama Orban, politici italiani divisi sui diritti umani violati

Le foto dell'udienza in Ungheria con l'attivista 39enne in catene fanno scoppiare la bolla di silenzio mantenuta finora sulla vicenda. Il papà Roberto: "L'ambasciata sapeva, non ha detto nulla"

di CAMILLA PRATO -
30 gennaio 2024
>>>ANSA/ In carcere a Budapest da un anno, padre scrive a Meloni

>>>ANSA/ In carcere a Budapest da un anno, padre scrive a Meloni

La vicenda di Ilaria Salis, la maestra 39enne milanese in carcere in Ungheria perché accusata di aver aggredito due estremisti di destra nella capitale Budapest, e fotografata in catene durante la prima udienza (che si sappia) del processo lunedì 29 gennaio, continua a tenere banco nel dibattito pubblico - e politico - italiano. Basta guardare i giornali della mattina successiva, le foto delle mani e dei piedi della donna legati stretti mentre lei viene accompagnata in Aula con un agente che tiene la catena.
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Salis è apparsa davanti al giudice in aula a Budapest legata mani e piedi con delle catene

Immagini che fanno accapponare la pelle, se si pensa che si riferiscono a una vicenda nel cuore dell'Europa, in un Paese che fa parte della comunità di quelle nazioni che si definiscono su valori democratici e civili. Insomma non si parla di regimi totalitari, quelle foto non sono state scattate in Iran o in Afghanistan. Siamo in Ungheria, Stato guidato dall'ultra conservatore Orban, è vero, ma che appunto ancora fa parte dell'Unione europea.

Meloni chiama Orban: il caso politico

Un caso, quello dell'attivista italiana, che diventa inevitabilmente politico, cosa che gli alleati di governo cercavano invece in tutti i modi di evitare dopo le immagini choc della milanese portata in tribunale in catene a Budapest. Un trattamento di cui il governo, assicura il ministro degli Esteri, non era a conoscenza e su cui si è attivato subito, non appena saputo. Per puntare ai domiciliari non certo per fare "pressioni" sul premier ungherese che "non c'entra nulla". Una lettura anch'essa divisiva, che non viene sposata completamente ad esempio dal presidente del Senato Ignazio La Russa, che in tarda sera di martedì, ospite di Avanti popolo dichiara in controtendenza rispetto ai colleghi: l'imputazione "mi sembra eccessiva" e, non meno importante, denuncia "le condizioni di umiliazione" cui è stata sottoposta la nostra connazionale. A tal proposito La Russa scandisce: "La nostra legge vieta che venga esibito il detenuto con le manette e in condizioni di umiliazione mentre questo non è avvenuto in Ungheria. Su questo credo sia giusto intervenire". Il presidente del Senato, tra l'altro, ha annunciato che incontrerà il 2 febbraio il padre di Ilaria. Prima non era possibile, spiega la seconda carica dello Stato, perché Roberto Salis in queste ore è in Ungheria, diviso tra l'ambasciata italiana e il carcere dove la figlia è reclusa da quasi un anno. Intanto l'auspicio dell'opposizione è unanime: "Meloni chiami Orban", si occupi della vicenda, rompa il silenzio nonostante il legame che la unisce a doppio filo al leader conservatore. Se l'agenda della presidente del Consiglio nei prossimi giorni è piena, la premier, spiega chi le ha parlato, aveva già intenzione di affrontare il caso Salis con il suo omologo ungherese giovedì. Ma viste le evoluzioni delle ultime ore - e quelle immagini che continuano a fare discutere - lo ha sentito intanto al telefono portando il caso della connazionale, come spiegano dal suo staff, al suo omologo, nel "pieno rispetto dell'indipendenza e dell'autonomia della magistratura ungherese". Nel frattempo l'ordine di scuderia è di non commentare. Come se il silenzio non fosse già di per sé anche fin troppo evocativo delle problematiche interne ed esterne all'ambiente del potere politico italiano. Ma si sa, per non sbagliare meglio tacere, anche quando si parla di principi basilari - in questo caso di diritti umani - violati.

Roberto Salis: "L'ambasciata italiana sapeva di Ilaria in catene"

"Credo che l'Ambasciata italiana abbia partecipato ad almeno quattro udienze in cui mia figlia è stata portata in queste condizioni davanti al giudice" ha accusato il padre di Ilaria, Roberto Salis, ai microfoni di Agorà, su Rai Tre. "Noi fino al 12 ottobre quando mia figlia ha scritto una lettera - ha aggiunto - non avevamo evidenza del trattamento che stava subendo. Gli unici che lo sapevano e non hanno detto nulla sono le persone dell'Ambasciata italiana in Ungheria". L'uomo, riferendo che in mattinata avrebbe avuto un appuntamento con l'ambasciatore italiano nel Paese europeo, ha proseguito con durezza: "Mi aspetto delle azioni, abbiamo fatto tante chiacchiere. Questa è la prima volta che ho il piacere di parlare con l'ambasciatore. Evidentemente in questi 11 mesi ha avuto impegni molto più gravosi che occuparsi di mia figlia".
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Roberto Salis (Photo by Ferenc ISZA / AFP)

L'incontro con l'ambasciatore e la replica del sistema penitenziario ungherese

Da qui la richiesta di spiegazioni all'ambasciata con cui l'uomo e i legali hanno avuto un incontro stamani. "Adesso lo Stato italiano non può davvero più continuare a ignorare una situazione carceraria e processuale che vìola le nostre leggi", ha spiegato Losco, che ha incontrato l'ambasciatore italiano in Ungheria Manuel Jacoangeli, insieme a Roberto Salis. Nel frattempo anche il segretario generale della Farnesina, ambasciatore Riccardo Guariglia, ha convocato l'incaricato d'Affari della Repubblica di Ungheria per ribadire "la protesta del Governo italiano per le condizioni in cui Salis è detenuta e viene trattenuta" nelle udienze e auspicare "al più presto un regime di custodia cautelare in linea con la normativa europea, incluse misure alternative alla detenzione in carcere". "Le accuse mosse dai media italiani e ungheresi" sulle condizioni della detenzione di Ilaria Salis "sono false e l'organizzazione carceraria le respinge con forza", replica però con una nota il servizio statale penitenziario ungherese, che bolla come "triste e immorale il fatto che queste calunnie siano riportate dalla stampa senza consultare la controparte". La nota cita le accuse di Carmen Giorgio, ex compagna di cella di Salis, che ha raccontato di letti pieni di cimici, topi, maltrattamenti e uso di catene da parte del servizio carcerario di Budapest. Il sistema penitenziario ungherese è sotto supervisione del ministero dell'Interno.
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La petizione per riportare a casa la maestra brianzola ha sfondato quota 55mila firme. Intanto non si fermano le manifestazioni

Le proteste dell'opposizione

Ma le provocazioni della famiglia dell'insegnante italiana, da 11 mesi in cella a Budapest, com'era ipotizzabile sono state raccolte anche dalle opposizioni in Italia, che puntano il dito sulla maggioranza e la premier Meloni per un colpevole quanto condiscendente silenzio sul caso (sarà forse a causa delle prossime elezione europee e della storia alleanza tra la nostra presidenza del Consiglio e il Primo ministro ungherese?). "Un'italiana in catene. Legata mani e piedi in Ungheria, detenuta dopo alcuni scontri con i neonazisti di quasi un anno fa. Giorgia Meloni, non ci interessa che Orban sia un suo caro amico, bisogna agire con la massima determinazione e alzare la voce - scrive sui social il leader M5s Giuseppe Conte -. Gli amici e alleati politici vengono dopo gli italiani, i loro diritti, la loro dignità. Bisogna mettere fine a questa vergogna, ora". Della stessa opinione anche Matteo Renzi nel suo editoriale per Il Riformista, dove avave scritto che Meloni "deve chiamare Orban, subito. È inaccettabile che una ragazza italiana, Ilaria Salis, sia tenuta ammanettata al guinzaglio come un cane in un carcere ungherese. Noi non sappiamo se la Salis sia colpevole: sappiamo che gli ungheresi devono rispettare la dignità dell'uomo. E non lo stanno facendo. E chi sta zitto è complice di una evidente violazione dello Stato di diritto". Il caso della 39enne irrompe anche alla Camera, nel corso del dibattito sul sovraffollamento carcerario chiesto dal Pd. Il deputato dem Toni Ricciardi, nell'esporre l'interrogazione parlamentare sull'emergenza umanitaria che si vive in molti istituti italiani, si è rivolto direttamente al sottosegretario Andrea Del Mastro delle Vedove per sottolineare l'assenza di atti formali del nostro governo nei confronti del omologo ungherese sul caso dell'attivista italiana.
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L'italiana è in carcere ormai da quasi un anno (Foto fornite dal padre Roberto Salis ANSA /NPK)

Appello ad un'azione immediata "verso Ungheria e in Ue" arriva poi da Matteo Ricci, sindaco di Pesaro, coordinatore dei sindaci Pd e presidente di ALI-Autonomie Locali Italiane, in un post su X. "O qualcuno al Governo non vuole far dispiacere l'amico Orban?" aggiunge.

"Chieste all'Ungheria notizie sulla detenzione, non possiamo fare altro"

Intanto il ministro per l'Agricoltura Francesco Lollobrigida non perde occasione per fare gaffe  e questa volta dice di non voler commentare perché non ha visto le immagini di Salis in catene (che nell'era social è abbastanza inverosimile), foto che si trovano ovunque, sulla stampa come sul web: "Le hanno viste tutti tranne lui, una cosa indegna", dice la segretaria dem Elly Schlein. Il ministro degli Esteri Tajani svicola, "io rispondo di Fi", dopo avere ripetuto in Transatlantico che il governo non sapeva e non può fare altro se non chiedere il "rispetto delle norme comunitarie sui diritti dei detenuti". "Il nostro ambasciatore ha chiesto al ministro della Giustizia ungherese di chiedere al procuratore generale di valutare le condizioni di detenzione di Ilaria Salis e di riferirgli a stretto giro". La Lega si smarca, prima con l'ex sottosegretario Rossano Sasso, rilanciate dalla chat del partito, che precisa che se Salis dovesse essere giudicata colpevole non potrebbe più fare l'insegnante ("sarà doveroso radiarla dalle graduatorie ministeriali") e poi con il vicesegretario Andrea Crippa che liquida la questione con uno "spiace ma ogni Paese punisce come vuole e non compete a me giudicare".
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Il ministro degli Esteri Antonio Tajani

Ancora Tajani ribadisce: "Noi non abbiamo alcun potere, non abbiamo la possibilità di chiedere l'estradizione perché questa signora non ha commesso in Italia alcun reato - ha proseguito -. Il reato eventuale è stato commesso in Ungheria e quindi noi non possiamo fare nulla per quanto riguarda la sua chiamata in Italia: gli avvocati dovrebbero chiedere gli arresti domiciliari in Ungheria, ma hanno chiesto gli arresti domiciliari in Italia. La convenzione - aggiunge - non prevede il passaggio da detenzione in carcere in Ungheria agli arresti domiciliari in Italia, l'accordo della convenzione prevede che bisogna prima avere gli arresti domiciliari in Ungheria... Noi, più che fare dichiarazioni politiche, più che chiedere l'intervento del governo come abbiamo fatta a più riprese, più che seguire giornalmente come fa il ministero di giustizia... non possiamo fare", ha sentenziato.

Italiani detenuti all'estero

Inoltre, in audizione alle Commissioni Esteri di Camera e Senato, il forzista questa mattina ha sottolinea che governo italiano sta seguendo con "attenzione" i casi di "tutti i 2455 connazionali detenuti all'estero, indipendentemente dal merito delle loro vicende giudiziarie". Quello dell'insegnante brianzola non è l'unico caso recente di italiani detenuti in carcere, alcuni dei quali liberati dopo diversi mesi di prigionia. Il 29enne di Caltanissetta Filippo Mosca, ad esempio, è da quasi nove mesi nel carcere di Porta Alba di Costanza in Romania, dopo una condanna in primo grado a 8 anni e 6 mesi per traffico internazionale di sostanze stupefacenti.
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Filippo Mosca è detenuto in Romania

Originario di Caltanissetta, lo scorso aprile aveva deciso con alcuni amici di andare al festival annuale di musica Mamaia. Sua madre Ornella Matraxia, 55 anni, che vive a Londra con le altre due figlie denuncia: "Mio figlio vive in una cella di circa 30 mq con altri 24 detenuti, che hanno a disposizione un buco sul pavimento come bagno. Non bagno alla turca, ma buco, usato da tutti, sempre intasato e che non viene mai pulito. Le condizioni igienico-sanitarie sono a dir poco disastrose". Lo scorso due novembre l'hostess trevigiana Ilaria De Rosa, 24 anni, è invece rientrata in Italia dopo esser stata espulsa dall'Arabia saudita, dove aveva passato in cella sei mesi: la giovane assistente di volo, che si è sempre dichiarata innocente, era stata arrestata il 5 maggio scorso durante una festa in una villa con addosso - secondo l'accusa - una modica quantità di hashish. Un'accusa che  ha sempre respinto e dalla quale era stata scagionata anche dagli amici con lei. Un anno prima, il 10 novembre 2022, era stata liberata Alessia Piperno, la travel blogger romana di 30 anni fermata a Teheran e portata nella prigione di Evin, quella per i prigionieri politici. Piperno era stata arrestata mentre era in attesa di ottenere il lasciapassare dal Pakistan ed aveva ottenuto di restare in ancora in Iran fino a metà ottobre. Da qui raccontava su Instagram delle manifestazioni di piazza scaturite dall'uccisione di Mahsa Amini e di come un giorno nel suo ostello erano arrivate alcune persone per chiedere loro aiuto, spaventati dagli scontri. Il 28 settembre scattò l'arresto e solo dopo 45 giorni fu liberata.