Presidenti e rappresentanti delle 15 Consulte municipali della Disabilità di Roma, della sezione laziale della Fish (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), del Forum del Terzo Settore e della Rete SupeRare si ritroveranno martedì 30 luglio sotto il Campidoglio, alle 16, per dar vita ad “un’azione dimostrativa forte in difesa del principio del ‘Nulla su di noi senza di noi’”. Una manifestazione con rari precedenti, se si considerano il livello e la natura degli organizzatori e se si tiene presente che quello della disabilità non è un mondo avvezzo alla protesta di piazza. “Ma ci saremo – promettono le associazioni – malgrado il caldo di fine luglio e malgrado i noti problemi di trasporto che rendono non agevoli gli spostamenti in città alle persone con disabilità”.
“Abbiamo perso la pazienza” sintetizzano i presidenti delle Consulte municipali capitoline. La protesta unisce rivendicazioni di metodo e di merito: le prime coincidono col mancato coinvolgimento delle famiglie nelle scelte della Giunta comunale, le seconde riguardano l’assistenza domiciliare alle persone con disabilità e ai non autosufficienti. “La Giunta comunale aggira le Consulte, le informa solo a decisioni prese e questo è inaccettabile – denunciano i presidenti – perché i nostri sono organismi di indirizzo ai quali non viene dato adeguato ascolto. Ma le famiglie e le persone con disabilità hanno da tempo rivendicato il loro diritto ad essere coinvolte nelle decisioni che riguardano le loro vite”.
A proposito di vite, ecco il merito della protesta: “L’assistenza domiciliare alle persone con disabilità è sempre più a rischio. Ci sono liste d’attesa interminabili e non è possibile capire quanto tempo debba passare prima di poter ottenere il servizio richiesto: questo non consente alle persone con disabilità di programmare la propria vita né di avere garanzie sulla possibilità di usufruire in tempi ragionevoli dei sostegni di cui hanno bisogno” sottolineano le Consulte.
Ma non è finita. Si denuncia un doppio disallineamento sia sull’assistenza domiciliare indiretta – quindi sui contributi economici che vengono riconosciuti alle famiglie a titolo di rimborso di prestazioni e attività assicurate ai propri cari con disabilità – sia per l’assistenza domiciliare diretta, quindi sulle prestazioni alle persone con disabilità che, però, vengono pagate dal Comune.
In sintesi, il disallineamento è tra i budget riconosciuti alle persone con disabilità e i compensi degli enti che forniscono i servizi domiciliari o i costi che le famiglie devono sostenere per l’assunzione del collaboratore familiare. Se i compensi sono aumentati, le soglie massime riconosciute dal Comune sono rimaste inalterate. Il risultato è, in ambo i casi, una diminuzione del volume di prestazioni garantite alle famiglie, con la sola differenza che per l’assistenza domiciliare indiretta queste sono costrette a metter mano al portafoglio e a sopperire di tasca propria al gap, ammesso ne abbiamo le capacità.
“Si fa presente – scrivono in una nota gli organizzatori del presidio – che i minimi retributivi per gli assistenti familiari a gennaio 2013 ammontavano a 6,49 euro l’ora mentre oggi si è arrivati a 7,83 euro. L’incremento della spesa è del 17% circa”. Da qui la “conseguente riduzione delle ore di assistenza
” o, “nel caso di coloro che hanno bisogni intensivi non comprimibili, l’impoverimento delle famiglie, costrette a coprire i maggiori costi col proprio reddito”.La stessa situazione di riduzione dei servizi si verifica per l’assistenza diretta come conseguenza dell’aumento delle tariffe per gli enti gestori del servizio. La richiesta delle realtà che hanno organizzato il presidio è quindi quella di aumentare i budget e i massimali che il Comune mette a disposizione delle famiglie con disabilità per porre fine “ad una discriminazione che è nei fatti”.