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Francesca Vecchioni ed Emanuele Acconciamessa
Nuvenia, Sephora Italia e Ikea Italia premiate ai Diversity Brand Awards 2025. Durante l’evento, condotto dalla presidente di Fondazione Diversity Francesca Vecchioni e dal Chief Operating Officer di Focus Mgmt Emanuele Acconciamessa, patrocinato dal Comune di Milano e dall'Unione Europea e con la partnership di ExtraLab, sono stati assegnati i Diversity Brand Awards al brand che si è distinto per il miglior mix tra impegno valutato dai Comitati e percezioni di consumatrici e consumatori, rilevate attraverso la survey, a quello che ha utilizzato nel miglior modo la leva del digitale per fare inclusione e alla marca che più di altre ha saputo costruire un’iniziativa accessibile.
"Se in America colossi come Meta, Harley-Davidson, McDonald’s, Ford, Walmart hanno deciso di abbandonare le iniziative per la diversità e l’inclusione, in Europa il contesto è profondamente diverso, grazie anche a un quadro normativo che incentiva e tutela la DEIA, ovvero Diversity, Equity, Inclusion & Accessibility, come un asset fondamentale per la crescita economica, il benessere sociale e l’innovazione, come testimonia la promozione di policy come l’European Accessibility Act. D’altronde sono le nostre radici culturali: a differenza degli States, l’Unione europea si fonda proprio sul valore della diversità, tant’è che il suo motto recita ‘Unita nella diversità’. In questo contesto sociopolitico così polarizzato – sottolinea Francesca Vecchioni, presidente di Fondazione Diversity -, oggi più che mai le iniziative Diversity devono essere al centro delle mission e dei purpose aziendali e costantemente aggiornati: solo con una visione a lungo termine è possibile generare iniziative davvero efficaci ed evitare di creare l’effetto saturazione o di rigetto verso la cosiddetta cultura woke e il politically correct. Come emerge dai dati della ricerca di quest’anno, infatti, solo i brand capaci di creare un rapporto di fiducia coi propri clienti e costruire una reputazione solida e autorevole su questo fronte sanno fare davvero la differenza sul mercato, ancora di più in questo contesto, sia in termini di innovazione (disability drives innovation) che di competitività (diversity improves performance) guadagnandone anche in termini di ricavi”.
I risultati del Diversity Brand Index 2025 partono da una survey web alla quale nel corso del 2024 ha risposto un campione statisticamente rappresentativo della popolazione italiana composto da 1.005 rispondenti, che hanno citato un numero di brand decisamente superiore rispetto al 2024 (488 contro i 295 del 2024, +65%, di cui 260 quelli emersi spontaneamente), il numero maggiore rilevato nel corso degli 8 anni della ricerca, dato che conferma la rilevanza numerica delle iniziative DEIA nel mercato e la sensibilità di consumatrici e consumatori.
Complessivamente, i dati emersi confermano quanto le pratiche inclusive sui temi di genere, etnia, LGBT+, età, status socio-economico, disabilità, religione e credo e aspetto fisico (le 8 aree della diversity su cui si concentra la ricerca) impattino positivamente sulle aziende sia in termini di reputazione e di fiducia da parte del mercato che in termini economici, grazie al legame tra inclusione, NPS (Net Promoter Score, l’indicatore che misura il potenziale del brand in termini di passaparola) e crescita dei ricavi.
Sette persone su 10 preferiscono o scelgono con convinzione aziende che parlano di inclusione (Net Promoter Score - NPS pari a +69,4%, -4,2 p.p. rispetto all'anno scorso) e di contro non consiglierebbero le marche percepite come non inclusive (-67,5%, +20 p.p.), mentre 3 su 10 non accettano nemmeno quelle “neutrali” e che non prendono posizione (-32%, +31,4 p.p. rispetto al 2024).
Un passaparola che determina ancora un differenziale nella crescita dei ricavi a favore dei brand ritenuti più inclusivi pari al 20,1% (-3,3 p.p. rispetto al 2024); un dato che si riallinea a quello del 2018 (20%) e di poco inferiore a quello del 2022 (21%). Va sottolineato che i brand sempre presenti nella TOP 10 a partire dal post-Covid con le loro iniziative DEIA registrano un delta nella crescita dei ricavi ancora superiore, pari al +24% (quindi con un ulteriore +4 p.p. rispetto allo media e +0,6 p.p. rispetto all’anno scorso), dato che segnala una tendenza alla polarizzazione fra brand protagonisti di iniziative realmente efficaci e brand che non affrontano in alcun modo il tema.
Rispetto al 2024, si rileva un lieve miglioramento (o stabilità) dei livelli di familiarità verso la maggior parte dei temi della diversità (lieve diminuzione solo nei confronti del genere). Per quanto riguarda il livello di contatto, si registra un peggioramento in tutte le forme di diversità: per alcune (genere e LGBT+) è lieve mentre per altre (status socio-economico o aspetto fisico) è più marcato.
Ancora più sensibile la decrescita di tutti i livelli di coinvolgimento, soprattutto per la diversità di genere, etnica, quella relativa alla disabilità e all’aspetto fisico.
Dati che indicano un generale rischio “disillusione” verso le tematiche DEIA, ma con importanti differenze generazionali: la Gen Z risulta infatti essere molto sensibile alla DEIA e penalizzante verso i brand non inclusivi; meno severe ma simili alla Gen Z le persone Millennials, mentre Gen X e Boomer hanno meno familiarità e contatto con le tematiche e si sentono meno coinvoltə.
“L’aumento dei brand associati dal mercato finale al concetto di inclusione è emblematico della rilevanza della DEIA nel contesto contemporaneo. Emerge l’esigenza di dare continuità allo sforzo delle marche. La differenza nella crescita dei ricavi registrata per i brand presenti con continuità nella Top10 del Diversity Brand Index dimostra i benefici di un approccio costante e coerente, rispetto a sforzi estemporanei. Nonostante talvolta il dibattito mediatico si focalizzi sui dubbi di investire sulla DEIA, i dati del mercato finale sono inequivocabili” spiega Emanuele Acconciamessa, Chief Operating Officer di Focus Mgmt. “Le asperità nei confronti della diversità si accentuano solo lievemente. La propensione al passaparola per i brand inclusivi dimostra ancora una volta quanto sia potente il potenziale degli investimenti sulla DEIA. Un’evidenza che si abbina a quanto emerge in relazione ai brand non inclusivi e a quelli neutrali: il mercato rifiuta i brand che discriminano e parla male anche delle marche che non scelgono. Il modo migliore per dissipare i dubbi, spesso strumentalizzati, è fare riferimento ai numeri e quelli del Diversity Brand Index sono una solida risposta, strumento che dà anche indicazioni strategiche sulle prossime attività per i brand inclusivi: puntare sulle nuove generazioni, Gen Z e Millennials, che hanno di base una sensibilità più spiccata sul tema per attivarle con azioni concrete e coinvolgenti, tangibili e ad alto impatto, per rendere il coinvolgimento più pratico. Dall’altra, occorre ridurre il percepito di disillusione, legando la comunicazione DEIA a risultati reali per ricostruire la fiducia di chi l’ha persa” afferma.
“La qualità delle iniziative candidate dalle aziende è in crescita - afferma Sandro Castaldo, Presidente del Comitato Scientifico, Professore Ordinario presso Università Commerciale Luigi Bocconi e Founding Partner di Focus Mgmt -. Abbiamo rilevato un’attenzione più marcata da parte dei brand all’età e al genere, riducendo l’impegno su LGBT+. Spiace rilevare come la focalizzazione sulla disabilità, dopo il suo massimo raggiunto nel 2022, negli ultimi anni sia più tiepida. La stessa categorizzazione delle iniziative codificata lo scorso anno palesa un incremento delle progettualità di Education, User Experience e Supplier Diversity. I brand hanno dimostrato maggiore capacità di pensare alla DEIA in chiave B2C, pensando a progetti costruiti per consumatrici e consumatori finali. Diminuisce quindi la tendenza rilevata lo scorso anno a tradurre in chiave B2C iniziative nate sotto il cappello HR. Il trend del Net Promoter Score e il vantaggio riconosciuto ai brand più continui sulla DEIA evidenziano come quest’ultima vada necessariamente gestita come una strategia e non come una tattica. Richiede pazienza, accuratezza e costanza. Inoltre, la capacità dei brand di misurare l’impatto delle proprie iniziative, ad esempio attraverso il Social Return on Investment (SROI, è certamente un asset per risultare credibili ed alimentare l’equity delle marche sulla DEIA”.