Il ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara ha disposto un’ispezione nella scuola di Treviso finita al centro delle polemiche, dopo che due bambini musulmani sono stati esonerati dallo studio della Divina Commedia per motivi religiosi. “L'esclusione dal programma scolastico di uno dei pilastri della nostra letteratura, per motivi religiosi o culturali ancora non abbiamo ben capito, è del tutto inammissibile” ha detto il ministro.
CVD. Come volevasi dimostrare la notizia ha fatto scatenare la politica italiana. Tanti i commenti piovuti sulla testa dell’istituto di chi sostiene fermamente, come Valditara, che sia una scelta “inammissibile” (questo è l’aggettivo più utilizzato). Dopotutto per i nostri politici (italiani e, si presume, cristiani) Dante e la Divina Commedia sono intoccabili. La questione, però, non è scolastica, diciamolo. Alla base delle polemiche non c’è la premura per la cultura di questi due giovani studenti, semmai il rispetto della nostra tradizione che sappiamo essere una priorità soprattutto per una certa parte politica.
Che il testo dell’indubbio capolavoro della letteratura italiana vada a toccare temi religiosi e, per questo, delicati e controversi, non condivisibili da tutti, poco importa. Fa parte dell’identità del Paese. Vero. Ma il nostro Paese è ricco di sensibilità e di fedi diverse (o di assenza di fede). Motivo per il quale, seppur faticosamente, l’ora di religione nelle scuole (che, ricordiamo, dovrebbero essere un ambiente laico) è diventata facoltativa. Perché non mette d’accordo l’intera classe.
Dall’altra parte, però, è vero anche che dal disaccordo nasce il confronto e che la scuola in questione ha perso un’occasione. In un periodo storico che tende a polarizzare, a spaccare in due come prima solo lo sport riusciva a fare; in una società evidentemente impoverita, pigra orfana del valore dell’incontro di due opinioni contrapposte che riescono a dialogare tra loro senza insultarsi a vicenda, evitarlo ed eliminarlo anche in un contesto educativo che dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) stimolare il pensiero critico fin da giovanissimi, è un peccato. Per il quale Dante forse ci metterebbe tra gli ignavi.
La Divina Commedia (ma tutti gli argomenti controversi) dovrebbe essere uno spunto di riflessione, per spiegare il contesto storico-politico in cui venne scritta e la sua evoluzione fino ai giorni nostri, poteva essere motivo di dibattito tra i ragazzi stessi, oggetto di uno scambio di opinioni. Essere, insomma, un’occasione per andare oltre i confini del programma ministeriale, della solita pappardella imposta e inculcata.