Ha sorpreso la scelta linguistica fatta dal Papa per esprimere la preoccupazione in merito alla selezione dei seminaristi. La parola “frociaggine” (per cui Papa Francesco ha chiesto scusa) poco si addice ad un pontefice che si è sempre detto, e ha dimostrato di essere, progressista e aperto (nei limiti del suo abito ovviamente). E' rimasto amareggiato don Nando Ottaviani, romano di nascita ma lucchese di adozione, da oltre vent'anni parroco in provincia di Lucca. Con lui abbiamo commentato l'accaduto.
“Sono amareggiato. Certo non è una novità la posizione della Chiesa su questi temi, già nel 2005 Papa Benedetto XVI lo disse esplicitamente, ma l'uso di questa parola colorita mi ha lasciato perplesso. E' alla stregua di politici come Vannacci e Pillon, che ne dicono di tutti i colori. Anche se in un luogo chiuso, le parole hanno un peso e io sono dell'idea che bisogna sempre stare attenti nel parlare, nel non mancare di rispetto, a maggior ragione se sei il Papa”.
Da questo Papa, poi, nello specifico.
“Esatto. Passare dalla famosa frase: 'ma chi sono io per giudicare i gay se cercano il Signore' a questo, non me lo spiego. Cioè, io sacerdote, in parrocchia, nelle comunità non vado a indagare nelle camere da letto dei fedeli, non mi informo su quello che fanno in privato. Se un gay cerca il signore lo mando via?”
Ma esattamente la preoccupazione della Chiesa qual è?
“Il pericolo che una volta in seminario faccia una doppia vita”
E questo pericolo non c'è per gli eterosessuali?
“E' quello che dico io. Noi, al momento di essere ordinati, facciamo delle promesse al nostro vescovo. Dopodiché ci aspetta obbedienza, castità. Ma ognuno ha le proprie debolezze, i pensieri vengono a tutti. Vengono alle famiglie fedeli, vengono ai mariti e alle mogli, non possono venire a tutti? I seminari sono vuoti, non è che ci siano tante vocazioni in giro. Se un giovane mi bussa alla porta io non gli faccio il terzo grado. Che devo chiedergli? Se ha tendenze o pensieri omosessuali?”.