Generazione Beta: pochi, ipercompetenti e con il peso del futuro sulle spalle

Saranno appena il 16% della popolazione, dovranno governare l’intelligenza artificiale, affrontare la crisi climatica e salvare la democrazia

di MARGHERITA AMBROGETTI DAMIANI
16 marzo 2025
Manifestazione contro il cambiamento climatico a Bruxelles (Ansa)

Manifestazione contro il cambiamento climatico a Bruxelles (Ansa)

Il mondo che stiamo costruendo non è un posto accogliente per chi verrà dopo di noi. Decisioni miopi, emergenze ignorate, crisi affrontate con interventi tampone: a pagare il conto saranno i nati tra il 2025 e il 2039, la Generazione Beta. Toccherà a loro raddrizzare la rotta di una società che oggi sembra incapace persino di badare a se stessa, figuriamoci di guardare davvero al futuro.

I Beta saranno la prima generazione a crescere con piena consapevolezza della necessità di un cambiamento. Svolgeranno lavori che oggi non possiamo neanche immaginare, saranno molto più scolarizzati delle generazioni precedenti e, soprattutto, dovranno sviluppare competenze avanzate in fatto di intelligenza artificiale. Se la Generazione Alpha ha iniziato a interfacciarsi con l’AI senza davvero capirne il potenziale, i Beta dovranno invece renderla parte integrante della loro vita, imparando a governarla anziché subirla. Saranno figli di una Generazione Z già immersa nelle dinamiche digitali, il che potrebbe renderli più consapevoli dei rischi e delle opportunità della tecnologia, ma dovranno anche affrontare il problema più grande: far sì che il virtuale non prenda definitivamente il sopravvento sul reale.

Ma la tecnologia non sarà il solo fronte su cui dovranno battersi. Il loro futuro sarà segnato da sfide enormi: dovranno fare i conti con le conseguenze della crisi climatica, cercando soluzioni reali per mitigare il disastro lasciato in eredità dalle generazioni precedenti. Dovranno difendere la democrazia in un’epoca in cui l’autoritarismo avanza su più fronti, tra derive populiste, crisi economiche e conflitti globali. Dovranno, soprattutto, affrontare il problema di una società che invecchia senza ricambio generazionale.

La loro sarà una generazione numericamente ridotta, appena il 16% della popolazione, in un mondo che non sembra rendersi conto delle implicazioni della denatalità. Meno giovani significa meno forza lavoro, meno innovazione, meno capacità di rispondere alle sfide globali. Il rischio non è solo un rallentamento dell’economia, ma il collasso di interi sistemi sociali: sanità, previdenza, assistenza pubblica, tutto diventerà insostenibile senza un riequilibrio demografico. Eppure, anziché affrontare il problema con politiche serie di sostegno alla natalità, i governi si limitano a misure spot, ignorando che senza una prospettiva stabile e sicura sul futuro, nessuno sarà incentivato a mettere al mondo nuovi figli.

Ai Beta stiamo lasciando un compito immenso, forse ingiusto. Dovranno riparare i danni che il presente sta continuando a infliggere, senza garanzie, senza risorse adeguate, senza un modello sociale in grado di sostenerli. Ma non possiamo aspettarci che lo facciano da soli. Se oggi non investiamo in istruzione, in diritti, in un sistema economico e politico che permetta loro di costruire un domani, non solo li avremo traditi: avremo compromesso ogni possibilità di futuro.