
(DIRE) Roma, 7 mar. - Essere donna, ancora oggi, può significare affrontare discriminazioni. Se a questo si aggiunge una disabilità, il rischio di essere vittime di ingiustizie si moltiplica. Le donne con sclerosi multipla e disabilità vivono quotidianamente una discriminazione multipla spesso non riconosciuta come tale e di cui si parla troppo poco. La mancanza di dati disaggregati su genere e disabilità rende difficile quantificare la portata del problema, lasciando molte vittime senza strumenti di tutela adeguati. I NUMERI DELLA DISCRIMINAZIONE - Secondo i dati Istat (2022), il Barometro Aism (2023) e la ricerca FISH Onlus (2020): - 2.033 donne con disabilità si sono rivolte ai centri antiviolenza nel 2022 (11,2% del totale). (Istat 2022); - Il 10% delle donne con disabilità subisce stupri o tentati stupri, più del doppio rispetto alle donne senza disabilità (4,7%). (Fish Onlus 2020); - Il 31,4% delle donne con limitazioni funzionali ha subito violenza psicologica dal partner, rispetto al 25% delle donne senza disabilità. (Istat 2022); - Il 64% delle donne con disabilità non ha autonomia economica in famiglia. (Istat 2022); - Il 62,3% ha subito almeno una forma di violenza, con una predominanza di violenza psicologica (51,4%), sessuale (34,6%), fisica (14,4%) ed economica (7,2%). (Fish Onlus 2020); - Nell'87% dei casi, la violenza è stata inflitta da una persona nota alla vittima: nel 40% dei casi un operatore sanitario, nel 60% il compagno o caregiver. (Fish Onlus 2020). Eppure, molte donne con disabilità non denunciano. Vergogna, paura, isolamento e dipendenza economica impediscono loro di ribellarsi a una condizione di abuso. Inoltre, spesso non riconoscono nemmeno la violenza che subiscono come tale, aggravando il fenomeno. (Relazione della Commissione Parlamentare sul Femminicidio e la Violenza di Genere). L'IMPEGNO DI AISM PER LA CONSAPEVOLEZZA - Di fronte a questa emergenza, AISM ha fatto della lotta alla discriminazione una priorità dell'Agenda 2025 SM e patologie correlate, sviluppando progetti concreti per sostenere le donne con sclerosi multipla e disabilità. "La vera libertà per una donna con disabilità in uscita dalla violenza passa attraverso la consapevolezza: sapere di avere diritti, riconoscere le discriminazioni subite e disporre di strumenti concreti per superarle" spiega Marcella Mazzoli, Direttore Gestione Sviluppo Territoriale di AISM. AISM lavora per dare voce e forza alle donne con SM, affinché possano riappropriarsi della propria autonomia e costruire un futuro libero da discriminazioni e violenze. Tuttavia, il cambiamento richiede il coinvolgimento di tutta la società: è fondamentale creare reti territoriali attive, garantire un flusso efficace di informazioni tra istituzioni, associazioni e servizi sociali e attuare protocolli d'intesa per tutelare concretamente le donne più vulnerabili. "La nostra cultura sociale tende ancora a nascondere le forme più sottili di discriminazione e violenza. Creare una rete di accoglienza vuol dire offrire alle donne strumenti e opportunità per cambiare il finale della loro storia," continua Mazzoli. L'8 marzo non è solo una giornata di celebrazione, ma un'occasione per ribadire l'urgenza di un impegno concreto: senza dati chiari, senza una rete territoriale attiva e senza la collaborazione di tutte le forze coinvolte, le donne con sclerosi multipla continueranno a essere discriminate in famiglia, sul lavoro, nella società. I PROGETTI AISM PER COMBATTERE LA DISCRIMINAZIONE MULTIPLA - AISM continua a lavorare per garantire alle donne con disabilità strumenti concreti per affrontare e superare la discriminazione, promuovendo un cambiamento culturale e strutturale: - Rete RED (Rete Empowerment Donne): è una rete di sole donne, con e senza sclerosi multipla, che opera nella rete di accoglienza AISM per favorire l'emersione dei fenomeni di discriminazione e violenza che possono arrivare allo sportello. La rete RED è un prodotto del progetto idea. - Progetto LED (Lavoro Empowerment Diritti): promuove l'inclusione lavorativa delle donne con disabilità attraverso percorsi di autonomia, formazione e mentoring per promuovere la consapevolezza e contrastare la discriminazione soprattutto nel mondo del lavoro. - Cambia il finale: un programma che mira a contrastare la discriminazione e la violenza di genere attraverso formazione, informazione e collaborazione con i servizi territoriali. Già attivo in diverse regioni, si sta espandendo in tutta Italia. - Progetto IDEA: un'iniziativa che ha raccolto testimonianze e sviluppato strategie di empowerment per le donne con SM, ora applicate nei progetti attivi di AISM. AISM continua a lavorare affinché ogni donna con sclerosi multipla possa vedere riconosciuti i propri diritti, promuovendo un cambiamento attraverso la consapevolezza, la rete di supporto e il coinvolgimento della società, per costruire un futuro in cui nessuna donna sia più discriminata o subisca violenza. (Com/Red/ Dire) 12:59 07-03-2
Da Chiara Poggi a Sabrina Baldini Paleni. Ora come diciotto anni fa, la cronaca nera ci restituisce uno spaccato drammatico della nostra società. Quello per cui il femminicidio è ancora un’emergenza. Quasi due decenni sono passati, dal delitto di Garlasco, ma invano. Sabrina Baldini Paleni, uccisa dal reo confesso Franco Pettineo in provincia di Pavia, è solo l’ultima donna uccisa da un uomo (marito, compagno, figlio) che le stava accanto dall’inizio del 2025. Tra le altre: Eliza Stefania Feru, Maria Porumbescu, Jhoanna Nataly Quintanilla Valle, Eleonora Guidi. E ora Sabrina, la nona.
I dati (inquietanti) sui femminicidi
Scorrere i siti dei quotidiani, sfogliare i giornali, ascoltare i tg è un esercizio di contenimento della disperazione, per un fenomeno che sembra non trovare argini. Come abbiamo avuto modo di scrivere in occasione dell’8 marzo, secondo i dati dell’Osservatorio nazionale di “Non una di meno” nel 2024 si sono registrati in Italia ben 97 femminicidi, più altri 53 tentati, riportati nelle cronache online di media nazionali e locali. Si è registrato almeno un caso in 18 regioni, 60 province e 100 città in tutta Italia.
Oltre il 54 per cento dei casi sono avvenuti in Lombardia, Lazio, Toscana, Emilia Romagna e Sicilia. Insomma, numeri impietosi che non possono rassicurarci nemmeno se paragonati ai 112 del 2023. Ed è proprio nella sfera intima e familiare che le violenze più gravi si sviluppano. Più di otto su dieci conoscevano il loro assassino, che è quasi sempre il partner, l’ex, un parente o un conoscente. Questa proporzione, decenni fa, era molto più bassa. Negli anni, quindi, da una parte diminuiva il numero di omicidi volontari commessi da sconosciuti, dall’altra la percentuale di donne uccise da familiari, parenti o amici restava invariata o diminuiva di poco. È in atto, insomma, un cambiamento storico e culturale che richiede interventi soprattutto nei contesti familiari. La prevenzione “sulla strada”, benché fondamentale, è efficace solo fino a un certo punto.
Una questione culturale
La natura “familiare” e “affettiva” dei femminicidi è spesso legata al desiderio di controllo e dominio dell’uomo sulla donna. Questo fenomeno non riguarda solo la “sicurezza”, ma affonda le radici nella “cultura”. Di conseguenza, difficilmente saranno pene più severe o maggiori interventi delle forze dell’ordine a far scomparire questa forma di violenza. Essa pervade le famiglie, la scuola, i luoghi di lavoro e l’essenza stessa delle relazioni umane.
Le ricerche in ambito psicologico e sociologico condotte negli ultimi decenni evidenziano come questa violenza sia alimentata da un sistema patriarcale che assegna agli uomini una posizione di privilegio economico, lavorativo e familiare. Il dibattito è ancora aperto, ma quel “mito di superiorità” continua a riflettersi nei comportamenti, nel concetto di famiglia, nei rapporti di coppia e nella visione della società.