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Home » Attualità » Il premier giapponese licenzia un collaboratore per commenti offensivi nei confronti degli LGBT

Il premier giapponese licenzia un collaboratore per commenti offensivi nei confronti degli LGBT

Masayoshi Arai ha detto che molte persone se ne andrebbero pur di non dover convivere al fianco delle coppie omosessuali se il governo approvasse i matrimoni gay. Kishida: "Frasi scandalose"

Marianna Grazi
6 Febbraio 2023
Una coppia lesbica giapponese

Una coppia lesbica giapponese

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In Giappone non c’è spazio per l’omofobia. Il primo ministro giapponese Fumio Kishida ha infatti licenziato un collaboratore del governo che ha fatto commenti dispregiativi e offensivi sulle coppie LGBT. Masayoshi Arai avrebbe detto che non vorrebbe vivere accanto a persone che hanno una relazione omosessuale, né tantomeno vedersele davanti. Il funzionario ha anche avvertito che secondo lui permettere il matrimonio tra persone dello stesso sesso in Giappone porterebbe molti ad abbandonare il Paese.

Giappone, supporters del matrimonio omosessuale

Il presidente Kishida ha dichiarato che le osservazioni del collaboratore sono “scandalose” e “completamente incompatibili” con le politiche del suo governo. Il Giappone – Paese ancora in gran parte legato ai tradizionali ruoli di genere e ai valori della famiglia – è l’unica nazione del G7 a non riconoscere in nessuna forma le unioni tra persone dello stesso sesso. Tuttavia, recenti sondaggi indicano che la maggior parte dei giapponesi si dichiara favorevole ai matrimoni gay. Inoltre negli ultimi anni diverse coppie omosessuali hanno intentato cause legali in tutte le principali città dello Stato, sostenendo che il divieto alle tra coppie Lgbtq+ violerebbe la Costituzione del Paese.

Il premier giapponese Fumio Kishida

Era stato lo stesso premier Kishida ad aver sollevato in Parlamento la questione del matrimonio omosessuale. Ha dichiarato che l’argomento deve essere affrontato con la massima attenzione a causa del suo potenziale impatto sulle strutture familiari tradizionali. Ma non si aspettava certo le reazioni del suo collaboratore Arai, che invece ha reagito alle osservazioni dicendo ai giornalisti che “non gli piacerebbe se [le coppie LGBT] vivessero accanto a noi” e “non vuole nemmeno guardarle“. Ha aggiunto anche che “cambierebbe il modo di essere della società” e “molte persone abbandonerebbero il Paese”, secondo quanto riportato da Kyodo News.

In risposta il Primo Ministro ha dichiarato di aver licenziato Arai, aggiungendo: “Abbiamo rispettato la diversità e realizzato una società inclusiva“. Il funzionario si è scusato in seguito, spiegando che le sue affermazioni non erano appropriate e non rappresentavano le opinioni del capo dell’esecutivo. Il suo licenziamento rappresenta un ulteriore duro colpo per Kishida, il cui governo ha visto crollare l’indice di gradimento dopo che, negli ultimi mesi, diversi suoi ministri si sono dimessi a causa di vari scandali.

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  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

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In Giappone non c'è spazio per l'omofobia. Il primo ministro giapponese Fumio Kishida ha infatti licenziato un collaboratore del governo che ha fatto commenti dispregiativi e offensivi sulle coppie LGBT. Masayoshi Arai avrebbe detto che non vorrebbe vivere accanto a persone che hanno una relazione omosessuale, né tantomeno vedersele davanti. Il funzionario ha anche avvertito che secondo lui permettere il matrimonio tra persone dello stesso sesso in Giappone porterebbe molti ad abbandonare il Paese.
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