Giornata mondiale del Teatro, Pamela Villoresi: “Serve più dialogo con la società e un po’ di sana modestia”

L’attrice in scena con Memorie di una schiava: “L’egoriferimento è la bestia nera più diffusa. Bisogna capire quando lasciare posto sulla scena”

di GUIDO GUIDI GUERRERA
27 marzo 2025
Pamela Villoresi e Theodoros Terzopoulos

Pamela Villoresi e Theodoros Terzopoulos

È stato affidato quest’anno a Theodoros Terzopoulos, regista teatrale greco, il messaggio internazionale in occasione della Giornata mondiale del Teatro che si celebra oggi.

Istituito nel 2012, il Centro italiano dell’International Theatre Institute – Iti Unesco, è da allora l’ente preposto alle cerimonie legate tanto alla Giornata Mondiale del Teatro che a quella della Danza, prevista tra due giorni. “Può il teatro sentire il grido di aiuto che i nostri tempi stanno lanciando, in un mondo di cittadini impoveriti, rinchiusi in celle di realtà virtuale, trincerati nella loro soffocante privacy?”. Esordisce con queste parole Terzopoulos, preoccupato della distruzione ecologica, del riscaldamento globale della massiccia perdita di biodiversità. “Che ruolo può ancora avere il teatro in un mondo di esistenze robotizzate all'interno di un sistema totalitario di controllo e repressione in ogni ambito della vita?” si chiede ancora il regista greco, da sempre impegnato nel dare ai suoi spettacoli teatrali una forte connotazione sociale.

Temi di evidente, grande, attualità che sottoponiamo all’analisi di una delle maggiori interpreti del nostro teatro: Pamela Villoresi. Dopo il grande successo di ‘Guerra e Pace’, l’attrice è attualmente impegnata nel ruolo di protagonista in ‘Memorie di una Schiava’. “Riprendo dopo 13 anni questo lavoro , tratto dal romanzo ‘Spedizione al baobab’ della scrittrice sudafricana bianca Wilma Stockenström – sottolinea Pamela Villoresi -. Una storia di abusi, schiavismo di neri su neri, di maternità violata. E’ uno spettacolo potente e molto coinvolgente sul piano emotivo perché parla di problemi che vengono dal passato ma che il nostro ‘civile’ presente non ha saputo ancora del tutto risolvere.”

Pamela, Teodoros Terzopoulos lancia un messaggio preoccupato. Può sopravvivere il teatro in una società che va disumanizzandosi sempre più?

“Il teatro implica per forza un rapporto umano, quindi se esiste un allarme simile la soluzione non può essere che rendere più saldo e continuativo quel rapporto in cui esseri umani raccontano ad altri simili storie ogni volta in modo diverso e irripetibile. La realtà è che il compito principale del teatro dovrebbe essere quello di richiamare tante persone, facendosi preferire ad altro e inducendole a uscire di casa. Se c’è un rischio di disumanizzazione, allora lo sforzo di noi attori deve essere necessariamente e a maggior ragione più deciso e incisivo che mai”.

 

La gente è forse troppo abituata a rimanere chiusa in casa, troppo preda di apparecchi virtuali con funzioni distrattive di massa?

“E’ vero, ma se la gente esce anche d’inverno per farsi all’aperto un aperitivo con l’intenzione di incontrarsi e socializzare, non vedo perché non dovrebbe essere così nel caso di un attraente spettacolo teatrale. E sottolineo attraente. Perché se la proposta non è qualitativamente all’altezza e in più si preannuncia come rappresentazione lunga e barbosa, nessuno va a vederla. Posso dire con certezza che dopo il lungo periodo di lockdown l’afflusso del pubblico agli spettacoli dal vivo è notevolmente aumentato. Dopo tanti film guardati chiusi in casa si è subito sentito il bisogno di cercare fuori ogni forma di intrattenimento”.

Quindi la qualità di un buon spettacolo è un requisito destinato ancora a pagare…

“Mi sembra evidente. Nella mia esperienza a Palermo come direttrice artistica del ‘Biondo’ ho sempre cercato di offrire cartelloni accattivanti e di pregio perché la responsabilità di un teatro pubblico è speciale e perché si deve essere consapevoli che quello spazio appartiene a tutta la città . Quindi non bisogna mai dimenticare l’importanza di operare scelte che soddisfino tutte le fasce di età e livello culturale”.

Cosa manca perché il teatro sia una volta per tutte un luogo di reale inclusione e di autentica rappresentazione di un mondo in cambiamento?

“Tutto dipende dal fatto di quanti testi nuovi si intendono produrre. Oltre alla proposta degli immancabili e direi indispensabili testi classici non può essere trascurata l’introduzione di scritture che raccontano la contemporaneità dei nostri tempi. L’importante è che ci sia equilibrio tra le proposte, perché troppo sbilanciamento in un senso o nell’altro rischia di non soddisfare le condizioni ideali di una funzione culturale pubblica. Largo ai giovani, certamente, ma senza mai abbandonare il solco tracciato dai maestri”.

Qual è l'atteggiamento dei giovani nei confronti delle odierne proposte teatrali?

“Se ai giovani dai cose che non rompono le scatole, che parlano un po’ il loro linguaggio e che si occupano dei loro problemi, della vita che condividono ogni giorno con gli amici, la risposta è molto positiva. Ricordo di aver raccolto diversi scritti di ragazzi che ho messo in mano a un drammaturgo per farne uno spettacolo riuscitissimo. I giovani vanno coinvolti, solo così è possibile stimolare il loro interesse”.

Quali sono i pregiudizi più pesanti che rendono lenta un'evoluzione del suo mondo professionale di adesso?

“L’egoriferimento è la ‘bestia nera’ per eccellenza. Un difetto molto spiccato soprattutto negli uomini che in sindrome di albagia ritengono spesso di aver prodotto la cosa migliore e mai vista in assoluto. Senza accorgersi che invece stanno proponendo a un pubblico sopraffatto dalla narcolessia un polpettone che non finisce mai. La gente è stanca la sera e non puoi immaginare uno spettacolo di tre ore per assecondare la tua megalomania capace solo di creare l’effetto ‘palla cosmica’. E aggiungo quanto sarebbe opportuno che anche molti attori si scansassero sulla scena, lasciando prevalere il personaggio interpretato al posto dell’esaltazione del proprio ‘ego’ personale”.

A cosa dovrebbe servire secondo lei una performance teatrale?

“A divertire, a far riflettere, per lasciar vivere, usando le parole di Liv Ullmann, una vita più intensa anche solo per un attimo”.

Quali sono le condizioni necessarie per il teatro del futuro?

“Il dialogo con la società, la franca apertura e un bel po’ di sana modestia perché il teatro è principalmente servizio sociale. Mi piace ripetere una frase in romanesco cara al mai dimenticato amico Franco Battiato con cui ho collaborato in diverse occasioni, che è sintesi e monito per fare bene questo lavoro: ‘Mi raccomando, nun t’allargà’”