"Se domani tocca a me voglio essere l’ultima". Giulia Cecchettin non lo è stata. Forse non lo saranno nemmeno le prossime donne uccise da chi diceva di amarle, da chi professa un amore che in realtà era controllo, oppressione, dominio. E allora sì, tocca gridarlo con quanta più voce possibile: se domani tocca a me (essere offesa, denigrata, limitata nell'esercizio dei miei diritti e delle mie volontà, picchiata, abusata, violentata, uccisa) voglio essere l’ultima. L'ultima di una catena di sangue che deve essere spezzata. Ora.
Il ritrovamento di Giulia e il fermo di Filippo
Giulia è stata trovata sabato. Morta. Filippo domenica. Vivo, in Germania, mentre continuava nella sua assurda fuga. Assurda, sì, perché un ragazzo di appena 22 anni, un passato come tanti, dopo essere scomparso da casa una settimana fa con l'ex fidanzata, dopo averci cenato insieme, poi probabilmente litigato, dopo averla colpita con calci e pugni, dopo averla uccisa a coltellate, lasciando il corpo sul ciglio della strada, in modo che scivolasse già, nel canalone, verso il lago, dove mai sarebbe potuto andare? Non è un latitante, Filippo Turetta. È un assassino, quello sì. E Giulia Cecchettin, quella ex fidanzata a cui era morbosamente attaccato, è la sua vittima. Vittima di femminicidio. E no, lui non era "un bravo ragazzo" come lo descrive chi lo conosceva. La sua è stata oppressione, volontà di controllo, frutto di una cultura patriarcale. Di cui Turetta è figlio. E non solo lui.La sorella di Giulia: "Non starò mai zitta"
Elena Cecchettin, la sorella maggiore di Giulia, ha affidato ai social già poco ore dopo la notizia del ritrovamento della salma, il suo dolore. E sempre dai suoi profili lancia un messaggio forte: "Io non starò mai zitta. Non mi farete mai tacere". Ricondividendo stories sulla violenza di genere e contro la cultura dello stupro, oggi, dopo il fermo di Turetta, accusa Matteo Salvini che su X aveva scritto: "Se colpevole, nessuno sconto di pena e carcere a vita", mettendo in dubbio la colpevolezza del ragazzo. "Ministro dei Trasporti che dubita della colpevolezza di Turetta perché bianco, perché 'di buona famiglia'. Anche questa è violenza, violenza di Stato", scrive Elena, ma il leghista immediatamente replica e chiarisce: "Nessun buonismo, colpevolezza è evidente". In un'altra storia di Instagram la ragazza rilancia anche un post dell'account @nojusticenopeace--italy in cui è scritto: "C'è bisogno di capire che i 'mostri' non nascono dall'oggi al domani. C'è una cultura che li protegge e alimenta".La protesta: dai social alle piazze con Non Una Di Meno
Sabato la maggiore delle Cecchettin aveva condiviso nelle sue storie "Se domani tocca a me voglio essere l’ultima", seguita da un post della scrittrice Valeria Fonte: “È stato il vostro bravo ragazzo" e dalla promessa: "Per te bruceremo tutto". Poi una foto in bianco e nero con Giulia: "Rest in Power. I love you". E domenica quella stessa frase è pparsa nero su bianco su un volantino di Non Una Di Meno a Firenze. Quelle parole sono diventate immediatamente virali sui social perché sembrano scritte proprio per l'occasione. In realtà sono i versi di una poesia del 2011 dell'attivista peruviana Cristina Torres Cáceres. Ancora attuale, come 10 o 20 o 50 anni fa. Perché il femminicidio, la violenza di genere, esistevano ed esistono. Da i muri di Firenze alle strade di Padova, Treviso, Brescia, Lucca e altre città italiane si è trasformata nello slogan dei presidi organizzati dal collettivo già il giorno dopo il ritrovamento della salma della 22enne di Vigonovo. Come la fiaccolata a Vigonovo di domenica sera, con tutto il paese e migliaia di persone strette nell'abbraccio alla famiglia Cecchettin. Una sorta di liturgia laica collettiva per dire addio alla ragazza ma soprattutto per dire basta alla violenza di genere, perché la sua morte sia un monito a tutte e tutti per far sì che il dolore che sentiamo, sordo, in fondo allo stomaco, sia la benzina che alimenta il motore del cambiamento. Ma quello vero, necessario. Non solo a parole. Per questo Non Una Di Meno invita alle manifestazioni nazionali del 25 novembre a Roma e a Messina per la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. "Siamo qui per Giulia, perché lei non è più tornata a casa – dicono le attiviste da Padova, le prime a scendere in strada per manifestare la loro e la nostra rabbia – non si tratta di raptus, di gelosia, di problemi di coppia, non era 'un bravo ragazzo', il gigante buono. È oppressione patriarcale". "Non dobbiamo essere protette, dobbiamo avere voce, essere protagoniste e smetterla di spiegarvi come non farci del male. Iniziamo dalle scuole: educatevi", rispondono le donne di Treviso. "Se toccano una rispondiamo tutte"."Voglio essere l'ultima"
Perché domani la stessa sorte potrebbe toccare a un’amica, a una sorella, a una figlia. A noi stesse, a un’altra donna. Allora alla cultura distruttiva della violenza, degli stupri, dei femminicidi, le donne arrabbiate, quelle che oggi si sentono fortunate per il solo fatto di essere vive, rispondono con un altro tipo di cultura. Quella costruttiva dell’educazione, dell’unione, della rivendicazione di un diritto alla vita e alla libertà che ancora troppo spesso viene loro negato. Com'è successo a Mara, Micaela, Majo, Mariana, Emily, Shirley, Luz Marina, Arlette, Lucia e ora a Giulia. Perché a questa lista non si aggiungano altri nomi.Visualizza questo post su Instagram
Se domani non rispondo alle tue chiamate, mamma. Se non ti dico che non torno a cena. Se domani, il taxi non appare. Forse sono avvolta nelle lenzuola di un hotel, su una strada o in un sacco nero (Mara, Micaela, Majo, Mariana). Forse sono in una valigia o mi sono persa sulla spiaggia (Emily, Shirley). Non aver paura, mamma, se vedi che sono stata pugnalata (Luz Marina). Non gridare quando vedi che mi hanno trascinata per i capelli (Arlette). Cara mamma, non piangere se scopri che mi hanno impalata (Lucia). Ti diranno che sono stata io, che non ho urlato abbastanza, che era il modo in cui ero vestita, l'alcool nel sangue. Ti diranno che era giusto, che ero da sola. Che il mio ex psicopatico aveva delle ragioni, che ero infedele, che ero una puttana. Ti diranno che ho vissuto, mamma, che ho osato volare molto in alto in un mondo senza aria. Te lo giuro, mamma, sono morta combattendo. Te lo giuro, mia cara mamma, ho urlato tanto forte quanto ho volato in alto. Ti ricorderai di me, mamma, saprai che sono stata io a rovinarlo quando avrai di fronte tutte le donne che urleranno il mio nome. Perché lo so, mamma, tu non ti fermerai. Ma, per carità, non legare mia sorella. Non rinchiudere le mie cugine, non limitare le tue nipoti. Non è colpa tua, mamma, non è stata nemmeno mia. Sono loro, saranno sempre loro. Lotta per le vostre ali, quelle ali che mi hanno tagliato. Lotta per loro, perché possano essere libere di volare più in alto di me. Combatti perché possano urlare più forte di me. Perché possano vivere senza paura, mamma, proprio come ho vissuto io. Mamma, non piangere le mie ceneri. Se domani sono io, se domani non torno, mamma, distruggi tutto. Se domani tocca a me, voglio essere l'ultima.