Una dedica speciale, in un giorno altrettanto speciale. Per ricordare tutte le vittime di
un sistema che loda le eccellenze (una minoranza) a discapito di chi, invece, per un motivo o per un altro
non riesce a concludere gli studi.
Giulia Grasso, neolaureata dell'
Università di Bari, ha deciso di
dedicare la sua tesi di laurea in Lettere antiche a tutti gli studenti universitari che non sono riusciti a raggiungere questo traguardo, ma soprattutto
a chi non ha retto il peso del "fallimento" e ha deciso di smettere di vivere. "A chi non ce l'ha fatta, a chi ha mollato, a chi non si è sentito all'altezza e a chi ha trovato solo porte chiuse – ha scritto Giulia nella sua dedica -. A chi non crede più in se stesso, a chi ha pianto notti intere pensando un esame e a chi si è dato la colpa di ogni fallimento".
La dedica di Giulia Grasso
"Non siete il voto assegnato da un docente"
"Perché ogni giorno sentiamo notizie riguardanti studenti che si laureano in tempo record, di ragazzi che frequentano due facoltà, e chi più ne ha più ne metta. Io invece ho voluto dedicare tutti i miei sforzi, e solo chi mi ha accompagnata in questo percorso sa quanto a volte sia stato difficile, a quelle persone che hanno preferito rinunciare, che sono state soffocate dall'ansia, che sono arrivate a preferire la morte piuttosto che a dover dire di non riuscire ad affrontare l'università italiana". Questo è un estratto del post pubblicato su
Instagram dalla neolaureata
Giulia Grasso. Un messaggio che in poche ore è diventato virale sulla piattaforma social. Nella sua dedica, Giulia fa un esplicito riferimento anche alle
numerose morti a causa di un risultato non ottenuto. "Perché nessuno parla mai di loro. Perché nessuno pensa mai a chi non ce la fa più, a chi si porta quell'esame dietro per anni e non perché non studia, ma perché qualcuno ha deciso che quella domanda sulla nota a piè di pagina di uno dei tre libri da 500 pagine a cui non ha saputo rispondere, vale la bocciatura". Anche lei stessa, come molti colleghi, ha attraversato momenti difficili durante il suo percorso di studi: "La mia tesi, la mia laurea, tutti i miei sacrifici, li ho dedicati a chi ha passato notti intere a piangere, notti insonne a domandarsi: "ne vale davvero la pena?", giornate a studiare sui libri per poi sentirsi dire che non era abbastanza. Ma non è così. Non siete l'opinione di uno sconosciuto.
Non siete il voto che vi dà un docente che arriva stanco alla fine dell'appello e vuole tornare a casa".
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Università, quando il "fallimento" non lascia scampo
In Italia nel
2019, i giovani tra i
15 e i 34 anni che si sono tolti la vita sono stati
quasi 500 (dati Istat). Un gesto estremo che, ad un certo punto, diventa l'unica via d'uscita. Nelle pagine di cronaca nera si legge spesso di casi di studenti universitari che compiono questo gesto per motivi legati allo studio. Delle tragedie che nascono dalla paura di ammettere a se stessi e agli altri (famiglia, amici ecc...) un ritardo negli studi, un esame che non è andato bene, una bocciatura. Tragedie che segnano la vita di famiglie intere. Sono numerose le storie in cui il timore e lo sgomento di ammettere di non aver terminato in tempo gli studi induce gli studenti al suicidio. E il
modus operandi in molti casi è lo stesso: l'invito recapitato a genitori e amici ad una presunta discussione della tesi di laurea, seguito dalla scomparsa, dal silenzio e dall'agonia delle famiglie. Un caso terribilmente straziante fu quello di
Francesco Pantaleo, il
23enne di Marsala, studente fuorisede dell'Università di Pisa, che circa un anno fa si tolse la vita in un campo nei pressi di
San Giuliano Terme, a pochi chilometri da
Pisa, dove fu ritrovato il
corpo carbonizzato. Ma prima e dopo di lui tanti altri. Come
L.N., 29enne abruzzese, iscritto alla Facoltà di Economia e Commercio dell'
Università di Bologna che, subito dopo aver invitato i genitori alla discussione di laurea, si tolse la vita buttandosi dal
ponte di Stalingrado a Bologna.