Il Senato francese ha votato, nelle scorse ore, per vietare alle donne islamiche di indossare l'hijab nelle competizioni atletiche del Paese. La decisione, l'ultima di una lunga serie nello stato transalpino, è stata approvata con 160 voti favorevoli e 143 contrari. Una maggioranza risicata, ma che basta per imporre il divieto alle tante ragazze e donne musulmane che amano e praticano sport ma vorrebbero farlo mantenendo fede ai principi dettati dalla loro religione. Ma "L'Hijab viola la neutralità - laicite - sul campo di gioco" secondo i senatori.
sulle piazze francesi ma anche virtuali, sui social, delle donne musulmane, che da anni provano a sfatare falsi miti attribuiti all’Islam, tra cui il presunto obbligo di indossare il velo, ribadendo più volte che, in realtà, si tratta di una libera scelta e in particolare che non pone le donne in una posizione di inferiorità rispetto all’uomo. Almeno in Paesi civili e democratici.
Cosa che però la stessa Francia non dimostra di essere, almeno sulla questione. D'ora in poi, con l'ultima risoluzione adottata dal Senato, giovani ragazze e donne musulmane dovranno scegliere tra lo sport che amano e la loro fede. Queste leggi, infatti, vogliono ribadire come detto la laicità del Paese, di cui la nazione da sempre si fa portatrice. Tuttavia, se per laicità si intende “la neutralità dello Stato e delle sue istituzioni in materia di religione”, il divieto non sarebbe esattamente l'altra faccia dell’obbligo? Se la libertà è il fondamento della democrazia, come recita lo stesso motto alla base della Repubblica Francese, perché le donne musulmane non possono esercitare liberamente la loro fede come credono? In questo modo la nazione che ospita la più grande popolazione musulmana dell'Europa occidentale, più che inclusiva e fondata sulla Liberté, Égalité, Fraternité si dimostra in realtà avanguardia dell'islamofobia globale.
La misura, però, non è l'unica del suo genere. Il ruolo della religione e i simboli religiosi – non solo islamici – indossati in pubblico, sono infatti oggetto di una controversia di lunga data in Francia, un Paese risolutamente laico dove però risiede, ad esempio, la più grande minoranza musulmana d'Europa. Che con le leggi che si susseguono da ormai 15 anni si sente costantemente discriminata. Nel 2004 Parigi aveva già proibito di indossare il velo islamico nelle scuole statali, mentre sempre dalla Capitale, nel 2010, era arrivato il divieto anche per quanto riguarda il niqab, indumento che copre l'intera figura, nei luoghi pubblici come strade, parchi, trasporti ed edifici amministrativi. Più di recente, una legge del 2019 vietava alle madri che indossano l'Hijab di partecipare alle gite scolastiche con i loro figli, o di accompagnarli a scuola, mentre in molte zone dello stato è proibito anche indossare il burkini, ovvero il costume da bagno usato generalmente dalle donne musulmane. L'anno scorso, infine, è stata approvata la proposta di legge chiamata "hijab ban", che vieta alle minori di 18 anni di portare il velo in pubblico, ovvero “qualsiasi abbigliamento o vestiario che indicherebbe una presunta inferiorità della donna rispetto all’uomo”. Il provvedimento e la sua motivazione sono state l'ultima goccia che ha fatto traboccare le proteste,