
Alcuni geyser nel deserto di Atacama, in Cile
Con buona pace dei negazionisti, la crisi climatica non ha alcuna intenzione di rallentare la sua corsa. Le temperature continuano a salire e la siccità sta diventando una realtà sempre più diffusa in molte aree del mondo, costringendo i governi a cercare soluzioni per mantenere vivibili zone che potrebbero desertificarsi nel giro di poco tempo. Un esempio interessante viene dal Nord del Cile, una delle regioni più aride della Terra, dove è stata messa alla prova una soluzione che potrebbe servire da modello per altre aree del pianeta.
Nel deserto di Atacama, dove in alcune zone cade meno di un millimetro di pioggia all’anno, ci sono città e paesi che dipendono da falde acquifere non rinnovabili. L’acqua che utilizzano oggi risale a diecimila anni fa, quando il clima era ben diverso, molto più umido. Il rischio di esaurimento di queste risorse idriche non è solo realistico, ma molto vicino. Eppure, secondo uno studio recente pubblicato su Frontiers in Environmental Science, c’è una soluzione che potrebbe cambiare le carte in tavola: catturare l’umidità presente nella nebbia.

L’idea è semplice, ma decisamente avveniristica: raccogliere la nebbia e trasformarla in acqua liquida. Sebbene non sia una novità assoluta, questa tecnica è stata utilizzata in passato soprattutto per scopi agricoli. Tuttavia, la ricerca attuale rappresenta un'importante evoluzione nell’utilizzo della nebbia come fonte di acqua potabile. Se questa sperimentazione dovesse avere successo, potrebbe costituire un modello per numerose regioni del mondo oggi in difficoltà.
Ma come si cattura la nebbia? La risposta è semplice: si utilizzano reti con maglie molto sottili che permettono all’umidità di condensarsi, raccogliendo l’acqua in appositi contenitori. Al momento, i dispositivi sono stati installati nell'area di Alto Hospicio, un agglomerato urbano di circa diecimila abitanti nel deserto di Atacama. In media, da un metro quadrato di reti si possono ottenere circa due litri e mezzo di acqua al giorno. Certo, la variabilità dovuta alle condizioni meteorologiche è un fattore da considerare, ma i risultati sono comunque straordinari. Se questa tecnologia dovesse espandersi, potrebbe fornire acqua potabile a intere località prive di risorse idriche adeguate.

Variabili come la densità della nebbia, la direzione dei venti e la presenza di strutture con un orientamento favorevole sono tutti fattori da monitorare, ma sapere che esiste una tecnologia funzionante è di per sé un segnale di speranza.
Purtroppo, però, mentre queste soluzioni innovative esistono, la geopolitica continua a dimostrare scarso interesse nell’affrontare seriamente le conseguenze della crisi climatica. Tra guerre, corse agli armamenti e l’erosione dei diritti conquistati con fatica dopo decenni di battaglie, l’adattamento ai cambiamenti climatici è stato relegato a una voce marginale in alcuni programmi politici, se non addirittura ignorato. Ma l'asteroide – metaforico – è ormai sopra le nostre teste e continuare a negare l’evidenza non ci salverà. Le soluzioni ci sono, il problema anche. La vera domanda è: quando decideremo finalmente di agire?