Molestie sessuali, ricatti, liste nere , paghe da fame: spesso, quando mangiamo frutta, ortaggi e vegetali, nel piatto, inconsapevolmente, mettiamo anche una serie di ingredienti tossici, che rendono difficile e spesso disumana la vita delle lavoratrici agricole, soggette alle violenze ed alle
coercizioni dei caporali cui è affidato il reclutamento ed il controllo della manodopera. A raccontarlo il rapporto “
CAMBIA TERRA. Dall’invisibilità al protagonismo delle donne in agricoltura” realizzato da Actionaid nell’ambito del
programma che dal 2016 si occupa di indagare e intervenire sulle condizioni di vita e di lavoro delle donne in agricoltura in Puglia, Basilicata e Calabria per tutelare i loro diritti.
Il rapporto
Nelle campagne le donne arrivano a guadagnare anche solo 25/28 euro al giorno mentre gli uomini ne ricevono 40
Siamo nell’Arco Ionico, tra le provincie di Matera, Taranto e Cosenza. Una delle zone più fertili e generose della Penisola, favorita dal clima e dalle caratteristiche del suolo. In questa ampia regione
le donne sono particolarmente richieste per garantire maggiore cura per le stagioni di raccolta e lavorazione della frutta più delicata, dalle fragole all’uva da tavola fino agli agrumi. Donne soprattutto straniere, originarie della Romania e Bulgaria. Nei loro confronti la vita è spesso spietata, ed altrettanto spesso, dietro il lavor0 si nascondono le forme più umilianti di
sfruttamento e discriminazione. Si parte dalle condizioni salariali, che sono incomparabilmente peggiori di quelle riservate ai ‘colleghi’ maschi. Nelle campagne le donne arrivano a guadagnare anche solo 25/28 euro al giorno mentre gli uomini ne ricevono 40. “Inoltre, la pratica dei datori di lavoro sleali di dichiarare in busta paga un numero inferiore di giornate rispetto a quelle lavorate impedisce alle donne non solo di accedere all’indennità di infortunio, malattia e disoccupazione agricola, ma anche a quella di
maternità” denuncia il rapporto.
La testimonianza
“Guadagno trentotto euro al giorno. Chi riesce lavora senza interruzioni, dal lunedì alla domenica. Gli uomini ricevono due euro in più all’ora perché hanno compiti più pesanti. Stamattina mi sono alzata presto, cominciamo alle sei: prepariamo il terreno per piantare le fragole, lo concimiamo. Devo stare sempre piegata e adesso che sono incinta è faticoso. Mi sento sfiancata, però sono obbligata ad andarci, ho bisogno di soldi”,
racconta Catalina, lavoratrice rumena in Basilicata,
una delle 119 donne impiegate in agricoltura di origine rumena e bulgara intervistate e incontrate per il rapporto. Catalina racconta anche delle molestie. Un fatto consueto, tra le braccianti
Gli abusi sessuali
Lavoratrici agricole, secondo il rapporto realizzato da Actionaid le molestie sessuali e i ricatti sono un fenomeno ben radicato nel metapontino e nelle aree limitrofe di Puglia e Calabria
Nel report si legge che “Da quanto emerge dalle venticinque interviste realizzate a operaie agricole, operatrici e operatori, ricercatori e ricercatrici, psicologhe, sindacaliste e imprenditrici,
le molestie sessuali e i ricatti sono un fenomeno ben radicato nel metapontino e nelle aree limitrofe di Puglia e Calabria” . Secondo
Annarita Del Vecchio, psicologa e collaboratrice di ActionAid in Puglia: «Le comunitarie, le rumene in particolar modo, sono considerate donne facili, delle poco di buono, pericolose perché si crede che vengano a
rubare i mariti delle italiane. Molte si ribellano, ma quando rispondono ai tentativi di abuso con il rifiuto, restano disoccupate. I molestatori sono soprattutto caporali e rimangono impuniti perché non ci sono denunce”. Nel barese, da anni va avanti un metodo collaudato. “La mattina, quando nelle piazze arrivano i furgoni per portare le operaie agricole nei campi, la “prescelta” viene fatta salire davanti, nello spazio accanto al guidatore. Sul cruscotto vengono messi un cornetto e un caffè caldo, comprati al bar.
Mangiare la colazione significa accettare l’avances sessuale e quindi ottenere l’ingaggio. Rifiutando, invece, il giorno dopo si viene lasciate a casa».
Simonetta Bonadies, psicologa e collaboratrice di ActionAid in Calabria sottolinea che tutte le donne con cui ha parlato “hanno subito la minaccia di perdere il posto se non si prestavano sessualmente”. Secondo Maurizio Alfano, ricercatore nell’Arco ionico calabrese, autore di diversi saggi, “in quanto alle molestie sessuali, qui ci sono situazioni di omertà ancora più radicate rispetto ad altri territori. Le donne non denunciano perché hanno paura di ritorsioni a vari livelli. Qualcuna si vede sottrarre i documenti. Altre ricevono minacce contro i familiari rimasti in Romania o in Bulgaria. Chi continua a lavorare è piena di cicatrici e di ferite nell’animo: c’è un carico eccessivo da sopportare”.
Le liste nere per chi dice 'no'
Chi reagisce di solito finisce nelle “liste nere”: i caporali si telefonano l’uno con l’altro per segnalare le piantagrane. C’è uno scambio di manodopera e quindi di informazioni. “Il sistema è sofisticato” racconta ancora il rapporto di Action Aid perché “è come se fossimo di fronte a un ufficio di collocamento totalmente irregolare e criminoso, in grado di gestire la manovalanza non soltanto nell’area ma anche fuori. Ad esempio, quando finisce la stagione dei mandaranci e inizia la semina delle fragole, i caporali organizzano i trasporti fino alla Basilicata. Vengono preferite le donne perché sono
più prostrate e obbligate a sopportare con rassegnazione”.
Il modello agricolo attuale non è sostenibile, né per le lavoratrici in condizioni di sfruttamento, né per le imprese che rispettano le regole
“Il
modello agricolo attuale non è sostenibile, né per le lavoratrici a rischio o in
condizioni di sfruttamento, né per le tante imprese che rispettano le regole nonostante le molte difficoltà che il mercato e la concorrenza sleale impone loro” spiega
Grazia Moschetti, responsabile dei nostri progetti nell’Arco Ionico. Che aggiunge “abbiamo bisogno di cambiare prospettiva, mettendo al centro i bisogni delle lavoratrici agricole come cittadine e come persone che ad oggi sono escluse dai più basilari servizi di welfare e più in generale dai processi democratici delle comunità di appartenenza. Le
operaie agricole non possono più essere escluse o lasciate ai margini degli interventi delle istituzioni, ad oggi attuati senza una chiara prospettiva di genere. Continuare a farlo significa non mettere fine deliberatamente alle violazioni dei diritti e alle violenze che subiscono” .