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Home » Attualità » DeSantis firma la legge “Don’t Say Gay”: nelle scuole della Florida vietato parlare di Lgbtq+

DeSantis firma la legge “Don’t Say Gay”: nelle scuole della Florida vietato parlare di Lgbtq+

Il governatore repubblicano ha varato il testo lunedì 28 marzo e la nuova misura entrerà in vigore a partire dal 1° luglio. Critiche dalla Casa Bianca e dalle organizzazioni di sostegno. La Disney: "Speriamo venga abrogata"

Marianna Grazi
29 Marzo 2022
Florida, Ron DeSantis firma la legge

Il governatore della Florida Ron DeSantis firma la legge sui diritti dei genitori nell'educazione a scuola (AP)

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Tanto è stato detto e fatto, ma non è bastato. La legge “Diritti dei genitori nell’istruzione” è entrata in vigore in Florida. Il governatore repubblicano Ron DeSantis lunedì ha firmato il testo approvato il 9 marzo scorso a larga maggioranza. D’ora in poi  gli insegnanti e gli educatori esterni non potranno più parlare di temi o persone LGBTQ nelle scuole dello Stato. La legge, soprannominata dagli oppositori “Don’t Say Gay“, stabilisce in particolare che “un distretto scolastico non può incoraggiare la discussione sull’orientamento sessuale o l’identità di genere nelle classi elementari“.

Ron DeSantis-Florida-Legge-Don't say gay
Il governatore della Florida Ron DeSantis mostra un’immagine del libro per bambini “Call Me Max”, dell’autore transgender Kyle Lukoff, poco prima di firmare la legge sui diritti dei genitori nell’istruzione (AP)

Osteggiata fin dalla sua presentazione dagli/lle attivist* dei diritti Lgbtq+, da* student* e anche da* dipendenti Disney, la nuova misura arriva sulla scia di un’ondata di leggi in tutti gli Stati Uniti che prendono di mira i/le giovani queer nelle scuole, nei campi sportivi e negli studi medici.

“Parlare di questi temi ai bambini è inappropriato”

DeSantis-Governatore della Florida
Ron DeSantis, governatore repubblicano della Florida

I sostenitori della nuova norma affermano che questa ha lo scopo di permettere ai genitori di determinare quando e in che modo introdurre argomenti Lgbtq a* loro figl*. Inoltre dà loro anche la possibilità di citare in giudizio un distretto scolastico se la regola venisse violata e venissero trattati argomenti come l’identità di genere o l’orientamento sessuale in classe. Durante la conferenza stampa prima di firmare la legge, DeSantis ha detto che insegnare a* bimb* dell’asilo che “possono essere quello che vogliono” è “inappropriato per i bambini” stessi e ha aggiunto: “È qualcosa che non è adeguato in nessun posto, ma specialmente non in Florida”. Verrebbe da chiedersi perché proprio in Florida, ma le domande da porsi sono molte di più e non sta certo a noi trovare una risposta.

The Trevor Project: “Maggior rischio di suicidi”

Di sicuro sappiamo, come dimostrato da vari studi, che i/le giovani Lgbtq+ già corrono maggiori rischi legati alla loro salute rispetto ai loro coetanei cisgender o etero. Quando quest* ragazz* hanno accesso a spazi in cui poter affermare la loro identità di genere riportano tassi più bassi di tentativi di suicidio, secondo quanto afferma Trevor Project. L’organizzazione no-profit americana, che dal 1988 si batte per la prevenzione del suicidio tra giovani lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e non binary, ha infatti fermamente condannato la firma della legge, sostenendo che cancelli “l’identità, la storia e la cultura Lgbtq+ così come gli/le stess* student* Lgbtq+”.

florida-manifestazioni-studenti
Una manifestazione degli studenti contro la legge “Don’t Say Gay” in Florida

Amit Paley, CEO e direttrice esecutiva di The Trevor Project, in una dichiarazione ha affermato che “Pur essendo rattristata nel vedere questo disegno di legge dannoso convertito in una norma ufficiale, sono entusiasta della manifestazione di sostegno per gli/le student* Lgbtq a cui abbiamo assistito da parte di genitori, insegnanti, celebrità e loro coetanei. Il sostegno sociale è vitale per la prevenzione del suicidio, e voglio ricordare a* giovani Lgbtq in Florida e in tutto il Paese che non sono sol*”.

La Casa Bianca la definisce “Crudele” e la Disney si schiera

Quello che è stata soprannominata dai critici la legge “Don’t Say Gay” è stata oggetto di un’intensa campagna di opposizione, a partire dag* stess* student* della Florida – i fratelli e sorelle maggiori di quelli soggetti alla norma stessa – che hanno organizzato proteste nelle scuole e nel Campidoglio dello Stato. La stessa Casa Bianca l’ha definita crudele. “È certamente qualcosa che non aiuta i giovani membri della comunità LGBTQI+ che sono già vulnerabili, già vittime di bullismo”, aveva detto l’addetta stampa Jen Psaki quando le è stato chiesto un commento a febbraio.

Anche la Disney si è schierata contro la nuova norma introdotta in Florida

Tra gli oppositori c’è l’altra grande istituzione americana, la Walt Disney Company tra i principali datori di lavoro della Florida grazie ai suoi parchi tematici, in particolare quello di Orlando. L’amministratore delegato Bob Chapek, ha dovuto affrontare un serio contraccolpo dopo che inizialmente si era astenuto dal criticare la legge, con lettere di accusa da parte dei dipendenti, proteste e manifestazioni di indignazione. Poi però, la (tardiva?) presa di posizione. Lunedì 28 marzo, al momento della firma da parte del governatore, un portavoce dell’azienda ha affermato la major spera che la legge sia abrogata o annullata in tribunale. “La proposta della Florida HB 1557, conosciuta anche come la legge ‘Don’t Say Gay’, non avrebbe mai dovuto passare e non avrebbe mai dovuto essere firmata – si legge nella dichiarazione –. Il nostro obiettivo come azienda è che questa legge sia abrogata dalla legislatura o annullata nei tribunali, e manteniamo il nostro impegno a sostenere le organizzazioni nazionali e statali che lavorano per raggiungere questo obiettivo”.
Tuttavia DeSantis non si è dato per vinto di fronte alle critiche: “Non mi interessa quello che dice Hollywood. Non mi interessa quello che dicono le grandi corporation. Io sono qui. Non mi tiro indietro”. E così la legge entrerà in vigore il 1° luglio.

 

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  • Stando alle ultime stime, in Italia vivono almeno 88mila donne vittima di mutilazioni genitali femminili, con tutti i gravi problemi fisici, funzionali, psicologici che ne derivano. In base ai dati diffusi dal Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (Unfpa) e dall’Unicef, nel mondo ammonterebbero ad almeno 200 milioni donne e ragazze che hanno subito mutilazioni genitali. Nel 2023, circa 4,2 milioni di bambine e ragazze nel mondo sono a rischio di subire queste pratiche.

Attraverso la testimonianza di Ayaan Hirsi Ali, autrice de “L’infedele", proviamo a spiegare con le giuste parole in tutta la sua cruda realtà cosa racchiuda veramente:

“Mi afferrò e mi bloccò la parte superiore del corpo… Altre due donne mi tennero le gambe divaricate. L’uomo che era un cinconcisore tradizionale appartenente al clan dei fabbri, prese un paio di forbici. Con l’altra mano afferrò quel punto misterioso e cominciò a tirare… Sentii il rumore, come un macellaio che rifila il grasso da un pezzo di carne.”

Nella Giornata Internazionale contro le mutilazioni genitali femminili il presidente della Società italiana di chirurgia plastica ricostruttiva-rigenerativa ed estetica Sicpre, il professor Francesco Stagno d’Alcontres, dichiara: 

“Spesso l’evento della mutilazione viene rimosso dai ricordi, mentre restano i dolori nei rapporti sessuali, le difficoltà nella minzione e durante il parto. La mutilazione genitale è un evento che modifica il corso della vita e noi lo dobbiamo contrastare sul piano della cultura e affrontare sul piano medico e scientifico”.

L’edizione 2023 del Summit Itinerante contro la mutilazioni genitali femminili, l’evento che si svolge in data odierna a Roma, presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustininani, sede della Presidenza del Senato della Repubblica, vede il saluto di esponenti del Governo, la testimonianza di una vittima e la partecipazione di importanti personalità, tra cui gli esperti della chirurgia plastica italiana chiamati a raccolta dalla Sicpre.

Letizia Cini ✨

#lucenews #lucelanazione #giornatamutilazionigenitalifemminili #linfedele
  • "Vorrei ringraziare la comunità queer per il vostro amore e per aver inventato un genere". 👑

Con queste parole di ringraziamento, Queen Bay riscrive la storia dei Grammy Awards. Beyoncé ier sera ha battuto tutti i record: con la 32esima vittoria incassata, è la star più premiata della storia degli Oscar della musica.

Con altri quattro grammofoni d’oro, la star americana, icona mondiale e paladina dei diritti civili e della body positivity, ha così superato il primato del direttore d’orchestra Georg Solti scomparso nel ‘97 e che, fino a stanotte, era rimasto imbattuto per due decenni con 31 vittorie. Queen Bay ha voluto dedicare la vittoria alla comunità Lgbtq+.

#lucenews #lucelanazione #qn #beyoncé #grammyawards2023
  • Stava regalando libri alle ragazze quando è stato arrestato a Kabul, giovedì 3 febbraio. Ismail Mashal, un professore universitario afghano, 37 anni, in aperta critica con il bando posto dai Talebani all’istruzione femminile, andava in giro con un carretto pieno di volumi gratuiti che distribuiva a donne e bambine, quando le forze di sicurezza lo hanno accusato di “azioni provocatorie” dalle autorità che lo hanno portato in carcere. Lo riferisce la Bbc.

Alcuni testimoni hanno riferito che il professore è stato schiaffeggiato, preso a pugni e a calci dalle forze di sicurezza locali durante l’arresto. Tuttavia Abdul Haq Hammad, un funzionario del ministero dell’Informazione e della Cultura talebani, ha dichiarato che il docente è stato trattato bene mentre era in custodia. 

Mashal è salito alla ribalta dopo aver strappato i documenti accademici in diretta tv per protestare contro il divieto dei talebani all’istruzione universitaria e secondaria per le donne. Il video in diretta televisiva è diventato virale. 

Ex giornalista, il 37enne dirigeva un’università privata a Kabul, frequentata da 450 studentesse che seguivano i corsi di giornalismo, ingegneria e informatica, tutte discipline che il ministro dell’Istruzione afghano sosteneva non dovessero essere insegnate alle ragazze in quanto contrarie all’islam e la cultura afghana. Quando a dicembre i Talebani hanno annunciato che alle studentesse universitarie non sarebbe più stato permesso di tornare a studiare fino a nuovo ordine, il professor Mashal ha chiuso definitivamente la sua scuola, affermando che “l’istruzione o si offre a tutti o a nessuno“.

“L’unico potere che ho è la mia penna, anche se mi uccidono, anche se mi fanno a pezzi, non resterò in silenzio“, ha dichiarato il mese scorso il professore. Ha anche affermato che un maggior numero di uomini deve insorgere per protestare contro le restrizioni imposte alle donne. Durante il loro incontro a Kabul, Mahsal, padre di due figli, ha precisato che non temeva di essere arrestato o ucciso. Si è detto invece certo che alla fine i Talebani avrebbero cercato di metterlo a tacere, ma è rimasto convinto che fosse un prezzo onesto da pagare.

#lucenews #kabul
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