Tutto è bene quel che finisce bene: il lavoratore del call center di Bologna licenziato per l’ormai famosa bestemmia è stato reintegrato. Con un comunicato, Covisian ha revocato il provvedimento considerato sin dal primo istante dalle sigle sindacali SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL sproporzionato e del tutto ingiustificato.
Il ritorno in azienda è stato accolto con favore da parte dei sindacati che, in una nota, oltre ad augurare un buon rientro al lavoratore, auspicano il ripristino di un clima di distensione e serenità in azienda e fanno sapere che lo sciopero a oltranza previsto fino a domenica 10 dicembre è stato revocato.
Il caso: licenziato per una bestemmia
Qualche giorno fa un lavoratore di un call center, nel bel mezzo di un malfunzionamento delle strumentazioni necessarie per svolgere le proprie mansioni, tra sé e sé si è lasciato andare a un’imprecazione a voce alta che, seppure di certo evitabile, non aveva destinatari diretti.
Ad assistere all’accaduto è stato uno degli emissari di Hera, azienda appaltante che ha affidato a Covisian la gestione del call center. La bestemmia pare abbia turbato la sua sensibilità a tal punto da segnalare l’accaduto ai superiori che, senza pensarci troppo, hanno provveduto al licenziamento.
A nulla sono valse le scuse del lavoratore e il suo pentimento. Il vaso ormai pareva essere irrimediabilmente rotto. Fino ad oggi.
La risonanza mediatica e il lieto fine
Un lieto fine che apre la strada a un positivo precedente niente affatto scontato. Fino a ieri, in pochi avrebbero sperato in una simile decisione. La cassa di risonanza mediatica data alla notizia, la mobilitazione unitaria, le dimostrazioni di solidarietà giunte a mezzo social da tutta Italia hanno sicuramente fatto la propria parte.
Una reazione “dal basso” a una palese ingiustizia che, in assenza dell’articolo 18, si sarebbe trasformata nell’ennesima tragedia umana e personale di lavoratori costretti ad abbassare la testa pur di tenersi stretto lo stipendio. Senza l’articolo 18, infatti, neanche una sentenza del tribunale a suo favore avrebbe consentito al lavoratore di tornare al proprio posto. L’azienda se la sarebbe cavata con un indennizzo irrisorio e una metaforica stretta di mano.
Alla luce di ciò, viene da pensare che l’immediatezza della comunicazione degli anni Venti del duemila non sia poi così del tutto negativa. Fino a qualche decennio fa, una situazione come quella accaduta al lavoratore e la conseguente mobilitazione unitaria da parte dei sindacati avrebbero corso il rischio di restare invisibili.
Con il web e i social, la probabilità che ciò accada è molto minore e la funzione sociale del Panopticon del filosofo Jeremy Bentham, vissuto a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento, trova una inaspettata applicazione pratica. Il carcere ideale progettato dal pensatore, che permette di osservare tutti senza consentire loro di capire se siano in quel momento controllati o meno, ha molti elementi in comune con la rete che tutto vede e tutto sa.
Proprio il rischio di essere visti e, dunque, sanzionati, condurrebbe le persone, secondo Bentham, a rispettare le regole come se fossero sempre osservati. Un comportamento "imposto" che, nel tempo, potrebbe diventare consuetudine.
Passando dalla filosofia teorica a quella applicata, si spera che d'ora in poi si conti fino a mille prima di giocare a freccette con il destino dei propri lavoratori, considerando carta straccia diritti e contratti nazionali.
Per quanto riguarda la faccenda politica, le cose sono assai diverse e più complesse. Il Panopticon da solo non basterà a ripristinare l’articolo 18 e difficilmente scalfirà i partiti. C’è da scommettere, però, che la lotta sindacale non si placherà e non è da escludere che, in tempi di campagna elettorale, anche il social-consenso possa contribuire a inclinare il piano dalla parte giusta.
Una cosa è certa: in uno Stato laico, licenziare per una bestemmia non è giusto. Buon rientro, caro lavoratore bolognese.