Un successo inaspettato e improvviso per Luca Lobuono, 33enne barese che sui suoi profili diffonde… la gentilezza. Semplici video che lui stesso realizza in prima persona, in cui regala abbracci a chi soffre di ansia, o rose al personale sanitario di Rsa e ospedali, o cibo ai senzatetto. In cui interpretando una persona cieca chiede a un cliente del supermercato di comprare una cosa per lui, gli dà il denaro per farlo per poi regalare l’acquisto a quella donna o a quell’uomo che lo hanno aiutato, che hanno compiuto un’azione buona.
“Si dice che le persone gentili non ci sono più nel nostro mondo ma non è così: ci sono quelle cattive, viviamo una follia, ma sulle mie pagine attiro chi invece quella spinta a trattare bene gli altri la sente davvero dentro di sé”.
E visto che a Natale siamo tuttə più buonə abbiamo deciso di prendere ispirazione e lo abbiamo intervistato.
Luca è buono dentro, oltre che di cognome?
“Sì. Penso che questo progetto sia un'espressione della mia persona. Dopo una ricerca incessante, perché a lungo mi sono detto ‘sento che c'è qualcosa che devo fare? Ma non capisco cosa’. Dopo tutto il mio percorso di studi (ho studiato Filosofia a Londra, poi a Milano) sono tornato a Bari per motivi di lavoro e in quel periodo, 2-3 anni fa, avevo questa sensazione molto forte. Mi ero appassionato a una pagina di un ragazzo americano che faceva tantissimi video e questi mi colpivano particolarmente, mi facevano riflettere. Ho finito di vederli tutti e quando non c'erano più video emozionanti mi resi conto che non c'era nessuno che creava questo tipo di contenuti ma io guardavo ogni giorno gli stessi e mi riuscivo ad emozionare come la prima volta. Era una notte di Capodanno e dissi: ‘Cavolo, io devo fare questo!’ perché sono sempre stato molto affascinato dalle persone, dal comportamento umano”.
Dopotutto ha studiato filosofia. Era quella la risposta che cercava?
“È stato pazzesco. Quando inizia a studiare filosofia agli occhi di molti era una scelta inutile. Invece, col senno del poi, tutte le scelte apparentemente inutili fatte della mia vita hanno cominciato ad avere senso. È successo qualcosa di magico durante quegli anni e secondo me è dovuto al fatto che mi sono iniziato a fare le domande giuste, al posto di cercare input fuori. Invece lo dobbiamo ricercare dentro noi stessi, capire qual è il nostro vero potenziale, quindi premere l'acceleratore sul nostro punto forte. Secondo me bisognerebbe fermarsi un attimo a porsi delle domande domande. A me hanno spinto a fare quello che faccio oggi, l'espressione della mia persona”.
Come ha fatto a mettere in pratica quel proposito?
“Ho iniziato con la mia ex fidanzata questo progetto, è stato incredibile perché il giorno dopo quel Capodanno, dopo una brutta lite, io resto sveglio tutta la notte e mi viene in mente quest'idea di realizzare video del genere. Quando ci svegliamo, ne cominciamo a discutere insieme e la litigata era come se non fosse mai avvenuta. Tornammo a Bari il 2 gennaio, il 3 registrammo il primo video, molto semplice: prendemmo una banconota da 10€ (ce l’ho ancora), dietro ci scrivemmo ‘Prendimi solo se hai bisogno davvero’, la lasciammo per terra e ci mettemmo lì a filmare. Era una cosa molto semplice ma il video riuscì e dopo un paio d'ore tornammo a casa, lo editammo (per me era la prima volta) e lo pubblicai. Fece 4 milioni di visualizzazioni in due giorni. Credo molto nel destino e penso che nulla accada per caso: il 5º video della mia vita ha fatto 70 milioni di visualizzazioni, cioè fece il giro del mondo. Noi non avevamo un briciolo di esperienza. È successo qualcosa di magico”.
Sui suoi profili tutto sembra bello: ma cosa cosa c’è davvero dietro i suoi video ‘gentili’?
“I social ti costringono tra virgolette non a mentire però a raccontare tutto ciò che c'è di buono, sei costretto a far vedere che va tutto bene. E io sono un po’ stanco. Me ne sono successe tante ma quando fai questo tipo di lavoro sui social non ci devono essere problemi, non puoi farlo vedere”.
È arrivato all'esperimento sociale numero 99…
“Il 100 me lo sto tenendo, arriverà”.
Come le vengono le idee per i video?
“Impazzisco per cercare i video, va a periodi: ci sono giorni in cui ti vengono tante idee, in cui sei in modalità idea on e periodi come questo, dove ti fanno passare la voglia, sai quando ci sono problemi. E io non ho un team con cui poter fare content strategy: ricade tutto su di me. Quindi mi chiudo a casa penso di fare i video, chiamo i miei amici e provo a parlarne. Parlo con mia madre. Ogni modo è buono. Solitamente di notte riesco a ragionare meglio, ma più che scrivere devi immaginare. Un conto è fare un video, un conto è far andare un contenuto virale, ma io lo capisco quando c'è un messaggio, quando c'è un insegnamento, un qualcosa che alle persone può può tornare utile, può colpire.
Per questo dico che il progetto dipenderà sempre al 100% da me, perché ci vuole una certa delicatezza, di sensibilità a fare questi video emozionali. Se non ce l’hai non riesci a portarla nel contenuto”.
C'è stato un ‘esperimento sociale’ in cui l’emotività ha preso il sopravvento in lei tanto da non sapere come portare a termine il lavoro?
“Tornando a casa, verso la seconda settimana. Era la prima volta che trattavo il tema della salute mentale, di ansia e depressione. Perché dopo alcune ricerche mi resi conto che era sempre più comune anche tra i ragazzi. Io praticamente presi un cartellone e ci scrissi ‘Soffro di ansia, depressione, abbracciami’. Era il primo video degli abbracci e incredibilmente non mi abbracciò nessuno. Dall'altra parte del cartellone c'era una frase con su scritto ‘Regalo soldi’. Credimi, io non ero minimamente preparato: erano cose che avevo visto su internet, sono stato un'oretta e mezza al freddo, col cartellone per strada, in una città come Bari… Rimasi sorpreso del mio coraggio, mi dissi ‘Le persone reagiranno bene’ e invece nemmeno una lo fece. Neanche il tempo di girare il cartellone e si erano avvicinate in 70/80. Me lo ricordo come se fosse ieri, salii in macchina, Alessia aveva gli occhi rossi, ci chiedemmo cosa avessimo appena vissuto. Se hai bisogno di una mano sei sola, io sono solo. La realtà è questa. Ma come le persone vedono che possono trarre qualcosa di utile da te, è lì che si avvicinano. Fu pesantissimo e lì mi resi conto di cosa stavo iniziando a fare: quello che faccio io è pesante se sei una persona sensibile come lo sono io”.
Tempo fa, in un post ha scritto che ha un dono che è anche una dannazione: ce lo spiega?
“Riesco ad immedesimarmi così a fondo nelle situazioni degli altri che a volte riesco quasi a sentire dolore come se fosse mio, uguale. E immagina farti carico di tutte queste persone che realmente vedono in te una una luce. Ho sempre detto che il mio profilo è un contenitore di persone gentili, sono tutte lì, sono poche magari ma chi si avvicina a uno dei miei video, uno dei miei social, sicuramente è una persona come me. Le persone tossiche ci sono: mi sono passati davanti mentre interpretavo un non vedente davanti al supermercato e mi ha rubato 50 euro, due, tre volte. Viviamo in un mondo dove c'è gente che vede una persona cieca e la deruba. È follia”.
Ma un profilo come il suo può risvegliare le coscienze. Si sente questa responsabilità?
“Il mio libro l'ho chiamato ‘La gentilezza è contagiosa’ perché mi sono proprio convinto del fatto che noi siamo il frutto della nostra esperienza. E se giri con cinque filosofi è molto probabile che tu diventi il sesto, se giri con cinque persone gentili, se vedi persone gentili intorno, è molto probabile che tu stai spinto e motivato a fare lo stesso, perché si vive per imitazione. Se tanto mi da tanto è bene metter su una pagina come questa”.
Ha citato il suo libro: com’è nata l’idea?
“Io ho sempre scritto, mi sono sempre dilettato nella scrittura di testi perché in realtà il mio sogno era fare il cantante. Oggi sono diventato un content creator ma mi è sempre piaciuto scrivere, perché è una valvola di sfogo per me. Mi è capitato di parlare con dei ragazzi della Mondadori che rimasero colpiti da alcuni discorsi che avevo fatto e mi son reso conto che c'era la possibilità di scrivere un libro. Io non volevo fare un'autobiografia, perché so che le persone prendono in considerazione solo ciò che è utile. Mi hanno convinto che la cosa interessante, la cosa che magari poteva motivare di più le persone era vedere il mio percorso di studi. Mi dicono: ‘come si fa ad essere così, sempre gentile, sempre buono?’ Ma non è così, non è che non mi arrabbio mai, io vivo nervoso ogni giorno.
E la gentilezza non è una dote innata, è semplicemente il modo in cui tratti gli altri, che secondo me ti definisce per quello che sei. Perché è facile comportarsi bene quando si è soli, ma nel momento in cui dobbiamo dar conto a qualcuno, nel momento in cui qualcuno sta affrontando un problema è il modo in cui lo trattiamo che fa la differenza. E quindi più che metterci lì a dar consigli, l'idea è stata quella di raccontare un po’ come è nato il progetto, per far sentire le persone meno distanti da quello che sono io. Io sono partito in quel modo, guardando altri profili e idolatrandoli. Invece mi sono reso conto che siamo tutti umani. Ecco quello era il messaggio che volevo mandare, mi sono aperto tantissimo raccontando anche tanti errori e sbagli, perché siamo tutti umani, siamo peccatori, ma sono convinto che se tutti facessimo un po’ attenzione al modo in cui ci rapportiamo agli altri vivremmo in un mondo più sereno”.
Chi è Luca al di là del suo profilo?
“Non riesco a definirmi facilmente o col piacere di farlo, penso che dobbiamo nascondere quello che ci sentiamo veramente. In realtà penso che sia un impegno restare gentili nonostante tutto, ma non per colpa nostra, ma succedono un sacco di cose brutte della vita delle persone e inevitabilmente queste ti segnano, ti lasciano dei traumi. Oggi ho 33 anni, mi sento di essere onesto: è molto difficile restare gentili nonostante tutto. Significa che mantenere la calma, restare sereno, restare positivo, continuare ad andare avanti per la tua strada in questo mondo, per una persona sensibile, è una tortura ogni giorno. Però io sono una persona estremamente buona a cui sono successe cose estremamente brutte”.
Che rapporto ha con gli haters?
“Tolleranza zero. Io vivo arrabbiato e non mi crede nessuno, perché questo è un lato di me che non si vede sul profilo. Non farò mai passare il messaggio che io sono ogni giorno della mia vita così, perché non è la realtà. Ricerco quella sensazione, cerco quel modo d'essere. Ma la realtà è che come tutti è impossibile essere sereni, calmi, tranquille, amorevoli. Ma ti devi sforzare a mantenerti in equilibrio. Ho un brutto rapporto con gli haters, coi bulli, con le persone che se la prendono coi più deboli e ho un brutto rapporto con le tirannie. La realtà è che esiste gente cattiva al mondo, cioè le persone non sono felici se ti vedono felice. Ma non ho più tempo da perdere con gli haters, ti dico tolleranza zero perché una persona così è difficile che cambi: mi riferisco a persone cattive, persone invidiose, persone che quando vedono qualcuno in difficoltà al posto di dare una mano vanno a premere sulla ferita. La maggior parte delle persone sono così con me, però parlo anche tanto con ragazzi, con chiunque, perché sono del parere che la tua esperienza è anche la mia esperienza ed è raro trovare qualcuno che sia realmente felice quando ti vede felice; e quando lo trovi non lo perdere”.
Parla molto nei suoi contenuti di temi importantissimi che spesso si sottovalutano, come appunto l'ansia, la salute mentale, gli attacchi di panico, l'importanza di portarli alla luce del sole.
“Sì diciamo è un po’ come quando si dice cade l'aereo: pensi che sia una cosa che succede agli altri, mai a te. Nessuno nella sua testa è veramente convinto che possa accaderti, e così sono i problemi mentali. Vado anche nelle scuole, nelle università a parlare, ed è attuale come tema tra ragazzini di 19 anni. Io a vent'anni non avevo mai minimamente pensato a cos'era l'ansia, anche se la provavo. Dare un nome alle cose, etichettarle, aiuta la gente a parlarne. Invece non parliamo più”.
Il potere della condivisione funziona anche per le cose più tristi o negative?
“Bisognerebbe usarlo di più. Però mi sono reso conto che sui social non funziona molto parlare di cose tristi, purtroppo. Ed è anche giusto, perché si tratta di intrattenimento. Una persona ha già i problemi suoi e si deve fare carico anche di problemi miei non funziona. D'altro canto non bisogna neanche creare degli stereotipi impossibili, fingendo di essere o sentirsi qualcuno che non siamo, perché non è la realtà e vai a condizionare male i ragazzi e le persone che magari vogliono fare qualcosa.
In una classe ho esordito così: secondo voi la vita è un dono o una punizione? Molti hanno risposto un dono e ho replicato: ‘Beh allora se pensate così, l'unico modo di dire grazie a questo dono è scoprire quello per cui sei realmente portata. Qual è la tua missione di vita’. Ecco una bella frase: divertiti a cercare il tuo destino. Io non sono mai stato bravissimo a fare niente, ma sapevo ascoltare gli altri e magari la storia di Luca e la storia di Luigi e la storia di Francesco, un giorno potranno tornare utili. Ti ritrovi con un bagaglio culturale importante”.
Che rapporto ha con la fede? È credente?
“Io credo che esista qualcosa al di là di quello che vediamo e sentiamo, ma non riesco a spiegarlo. Vorrei, ma so che c’è qualcosa di più grande di noi. Io non credo che esista un Dio che vede tutto quello che facciamo, ma credo che noi siamo fatti di energia, credo che esista qualcosa al di là di quello che vediamo e sentiamo. Una forza trascendentale, che ci fa essere attratti dalle persone con in nostri stessi traumi. E credo che il modo in cui ci comportiamo in questa vita determinerà chi saremo nella seconda e così via. Non posso pensare che una persona che ha fatto un enorme male possa reincarnarsi in una persona fortunata come sono io oggi. Mi chiedo spesso cosa ho fatto di buono per essere come sono oggi e cosa possa aver fatto di male chi nasce oggi in Siria, in Libia, con una grave disabilità. Ci deve essere un senso a tutto questo. Credo in un Dio. Credo negli angeli. Ma non il Dio del cristianesimo, della Bibbia, perché credo anche nella scienza. Dobbiamo avere il coraggio di cogliere i segnali”.
Che augurio fa per questo Natale?
“Ti auguro di trovare la tua serenità. Ti auguro di trovare qualcuno che ti ami, qualcuno che ti voglia bene, che si prenda cura di te. Perché abbiamo bisogno di qualcuno”.