Ma i dati sull’aborto in Italia? “Mai dati”

L’indagine dell’Associazione Luca Coscioni sull’applicazione della legge 194 denuncia nuovamente la totale mancanza di trasparenza

di MARCO PILI
26 novembre 2024
Il Pd anche al Senato presenta un odg sul diritto di aborto

Una foto scattata durante una manifestazione a favore dell'aborto

“Forse non lo sai, ma pure questa è violenza” è l’incipit di Mai Dati, l’indagine condotta da Chiara Lalli e Simona Montegiove per Associazione Luca Coscioni che denuncia l’assoluta oscurità con la quale vengono trattati i dati relativi alle procedure di aborto. Una mancanza grave, che impedisce alle donne che decidono di intraprendere questo percorso, di scegliere in modo consapevole la struttura presso la quale recarsi. Una vera e propria violazione dei diritti fondamentali, in particolar modo di quello alla salute. La mancanza di dati puntuali, infatti, elude il principio di chiarezza che la legge 194 prevede, rendendo l’attuazione della norma ancora più complicata.

L’ultima pubblicazione ufficiale da parte del Ministero risulta ferma al 2023 ed è relativa ai dati del 2021, oltretutto aggregati per media regionale. Un ritmo in netto contrasto con l’obbligo temporale di presentazione dei report, sancito per legge a cadenza annua entro ogni mese di febbraio.

Mai Dati, la difficoltà nel reperire i valori

L’intervento di Lalli e Montegiove, negli anni, ha ricordato alle singole regioni di inoltrare i dati istituto per istituto. Un intervento complesso e faticoso, che ha dovuto fare i conti con l’ostilità di molte istituzioni e con informazioni spesso difficili da consultare e da rendere fruibili alla popolazione: “La nostra richiesta è sempre la stessa: pubblicare i dati aggiornati e per singola struttura. Per sapere com’è applicata la 194 e per poter davvero scegliere di andare in un ospedale o in un altro, dobbiamo avere delle informazioni aggiornate e non vecchie di 3 anni e che riguardano le strutture e non le ASL o le regioni. A cosa ci serve sapere cosa succede in Umbria o nel Lazio? A niente. Ci serve sapere che cosa succede nella specifica struttura”.

E ancora: “E non basta sapere la percentuale degli obiettori di coscienza, perché la valutazione deve considerare molte altre variabili (l’accessibilità delle informazioni, i tempi di attesa, i numeri di richieste, la mobilità, la garanzia del farmacologico e il regime ambulatoriale, come da disposizioni dello stesso Ministero della salute, l’IVG dopo i primi 90 giorni). Infine, sarebbe augurabile non ricevere più risposte che rimandano a siti dove i dati non vengono pubblicati come dovrebbero”, hanno dichiarato le due giornaliste ad Associazione Luca Coscioni.

Mai Dati, l'indagine di Chiara Lalli e Simona Montegiove (maidati.it)
Mai Dati, l'indagine di Chiara Lalli e Simona Montegiove (maidati.it)

Mai Dati 2: Ancora tu, ma non dovevamo vederci più?

Dopo un primo sollecito, è con un accenno a Lucio Battisti presente tra le pagine del report che, ancora una volta, le due giornaliste hanno denunciato, in occasione del 25 novembre, lo stato di avanzamento di Mai Dati 2. Un’indagine che, nuovamente, segnala enormi carenze nel reperimento dei dati, alcuni dei quali disponibili unicamente grazie alla perseveranza di Lalli e Montegiove. Richieste che hanno permesso di accedere, in alcuni casi, ai dati relativi a 2022 e 2023.

“La Sicilia, la Calabria e l’Abruzzo non hanno mai mandato i dati nonostante il sollecito e i vari numeri di protocollo o i rassicuranti ‘vi faremo sapere’. L’Emilia Romagna e il Lazio non ci hanno mandato i dati per struttura ma per azienda. Il Veneto ci ha rimandato al sito che pubblica grafici per struttura ma non consente di scaricare i dati in formato aperto. La Campania ci ha mandato solo l’elenco per punti IVG e le medie regionali. La Toscana ci ha invitato a consultare il sito Ars Toscana ma i dati, seppur aperti, sono descritti in modo non chiaro per cui non è possibile interpretarli in modo corretto e rielaborarli. Il Molise ci ha mandato dei dati dettagliatissimi. La Lombardia ci ha spiegato che nelle celle valorizzate con # sono stati oscurati i dati di dettaglio in ottemperanza alla normativa sulla protezione dei dati personali”, si legge.

Una situazione che, in netta contrapposizione con il FOIA, il Freedom of Information Act, non rende fruibile e trasparente un diritto del quale, ad oggi, le donne si sentono sempre più private.