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L’associazione Pamat, nel suo oggetto sociale, mira tra le altre cose a promuovere una cultura di accoglienza dei minori. Questo ci ha indotto a fare quel breve intervento in occasione del recente provvedimento da parte del governo in
tema di minori non accompagnati". Ce ne parla
l'avvocato Gabriele Pica Alfieri, che dell'associazione di Prato è vice presidente, come ha fatto in precedenza su La Nazione in occasione dell'entrata in vigore delle modifiche normative (più stringenti), varate dal governo Meloni nel 2023 sul tema.
Minori stranieri non accompagnati: problemi di accoglienza
"Un tema che ci riguarda proprio per la promozione di una
cultura dell’accoglienza – evidenzia –. Ci siamo sentiti suonare un piccolo campanello d’allarme, senza entrare nelle polemiche politiche, su questo provvedimento".
Alcuni bambini giocano con un operatore dell'hotspot di Pozzallo (Ansa)
L'allarme che fa eco però alle notizie che questi giorni, che raccontano di ragazzi e bambini venuti
in Italia da Paesi esteri, costretti a restare anche tre mesi negli hotspot, quando invece la normativa prevede che in questi centri i minori stranieri non accompagnati (Msna) dovrebbero restare al massimo 45 giorni, per poi essere inseriti nel Sistema di accoglienza e integrazione. "A fronte di una situazione pratica comprensibile e delle problematiche legate all'immigrazione va detto che l'Italia ha però ratificato ormai da molti anni la
Convenzione internazionale dei diritti del fanciullo che prevede una forma di tutela specifica per i minori, a maggior ragione per quelli non accompagnati", continua Pica Alfieri.
Maggiore età a 16 anni: così si tutelano davvero i più giovani?
"All’art. 2 dice ad esempio che gli Stati anno l’impegno di adottare tutti i provvedimenti appropriati affinché il fanciullo sia '
effettivamente tutelato'. Ci sembra che la presunzione contenuta nel provvedimento, ovvero della
maggiore età già dai 16 anni anziché dai 18, sia contraria a questi principi, anche per alti motivi tecnici riportati dagli arti. 20 e 22 della Convenzione, e non garantisca adeguatamente i minori". È questo l’unico modo per tutelare i minori o tutelarsi da soggetti che non lo sono? Presumere che a 16 anni un ragazzo sia già maggiorenne crea le condizioni più giuste per il suo sviluppo? Le perplessità avanzate dall'associazione di Prato è quindi di
effettività della tutela.
La presidente di Pamat Monica Pratesi
"Nella dichiarazione dei diritti dei bambini e ragazzi si stabilisce che i minori hanno diritto a fiorire, a crescere, a svilupparsi in tutte le loro dimensioni, in qualunque Paese, in qualunque momento. È ovvio che questa va calata nelle realtà relazionali e locali e nei momenti storici, ma ci pareva che fosse necessario che la nostra associazione aprisse un dialogo su questo tema", sottolinea
Monica Pratesi, presidente di Pamat.
L'impegno di Pamat: prevenzione e recupero
Attiva da più di 30 anni, nel corso del tempo la realtà di Prato ha aperto le porte a varie situazioni complesse, che richiedevano l’esistenza di una rete che sostenesse non solo il bambino o l’adolescente ma anche gli adulti di riferimento che lo circondavano. Non è raro che si trovi ad accogliere
ragazzi non italiani: il che, comunque, non significa che i problemi sono tutti tra gli stranieri. In questo momento nel nostro Paese ci sono
un milione di minori stranieri, su un totale di 9 milioni e 800 mila (16,2% dei residenti). "È ovvio che ci sia attenzione verso questi bambini e adolescenti, che si voglia favorire anche per loro la prevenzione dell’abuso. Da un lato vogliamo aprire un confronto su questo nuovo decreto legislativo.
In Italia, su 9 milioni e 800 mila minori, un milione sono stranieri
Dall’altro, ci rendiamo conto che quando ci occupiamo della cura, cioè interveniamo nell’area del danno e del recupero, a Prato molte volte ci mettiamo in relazione con ragazzi che non sono di cittadinanza italiana, o a volte sono di seconda o terza generazione". Non va dimenticato, inoltre, il drammatico dato che pone 720mila famiglie italiane in povertà assoluta e di queste il 18% ha bambini o adolescenti all’interno. "La nostra associazione stende una rete nei confronti di chi ha bisogno.
Non esistono differenze tra i minori – dichiara ancora la presidente –: ogni bambino e ragazzo, indipendentemente dalla sua nazionalità, dal colore della pelle, ha il diritto a crescere nel migliore di modi, ad accedere all’istruzione e agli altri servizi che, per fortuna, in Italia si possono offrire a questi soggetti".
Povertà educativa e dispersione scolastica
La povertà economica si lega alla povertà educativa? Pratesi: "Vorrei sfatare un mito: non è che essere in povertà assoluta significa necessariamente essere in povertà educativa, e viceversa. La scuola italiana è aperta a tutti ma purtroppo si rilevano tassi di
dispersione scolastica che sono superiori a quelli ammessi dall’Europa.
Il fenomeno della dispersione scolastica è in crescita in Italia
E situazioni di deprivazione educativa anche laddove le condizioni economiche di sussistenza sono garantite. È un tema molto vasto, quello della povertà educativa, e in Pamat lo affrontiamo cercando di ricostruire la comunità educante attorno ai ragazzi che ospitiamo e che in genere hanno storie complesse. Non si parla solo di profitto scolastico o di disponibilità di risorse economiche ma c'è una dimensione di relazioni, di scambio fra i diversi attori dell’educazione che va considerata”.
La dispersione scolastica è però un fenomeno in crescita in Italia. Perché, secondo voi? E come risolvere il problema? Pica Alfieri: “Noi assistiamo a un crescente e costante scollamento all’interno del mondo scolastico tra insegnanti e studenti, perché diversi sono i linguaggi che caratterizzano le diverse fasce d’età. Non esistono più valori comuni riconosciuti da tutti e la scuola, più volte in maniera responsabile, ha lanciato un campanello di allarme chiedendo di essere aiutata dalle istituzioni, ma si è anche rivolta alle associazioni. Prato è stata teatro di un'iniziativa in risposta a questo
grido di allarme: un progetto patrocinato e finanziato da Cassa di Risparmio a cui ha aderito la Pamat e moltissime altre associazioni. Questi fenomeni, infatti, non sono legati solo alla povertà in termini economici ma spesso c'è povertà culturale, c'è l’idea che la cultura, l’educazione e la formazione siano superflue”.
Per contrastare questo fenomeno, rispondendo al grido di allarme lanciato dalla scuola, Pamat mette in campo alcuni progetti specifici per i più giovani
I progetti dell'associazione
Ha citato i progetti di Pamat: ce ne parla un po’ più nel dettaglio? Pica Alfieri: "Uno a cui ho lavorato personalmente è ‘
Voli di Libertà’ ed è stato poi traslato in quello della Fondazione Cassa di Risparmio. Si fonda sulla scelta e discussione con un gruppo di psicologi, e poi sulla proiezione nelle scuole (coinvolte più di 60) di un film che porti a un dibattito aperto, con l'assistenza dei professionisti e degli insegnanti, per valutare con ragazze e ragazzi le emozioni che hanno provato vedendolo. È un percorso formativo che per noi diventa anche spunto – in situazioni particolari che possono sorgere nel dibattito - per rilevare la presenza di minori che abbiano bisogno di un aiuto diverso”. Pratesi: “L’altro progetto per le scuole si chiama ‘
Io ci credo’. I ragazzi hanno la possibilità di conoscere meglio il mondo dei diritti individuali, della persona. Sono state fatte simulazioni di processi e giochi di ruolo, coinvolgendo la totalità della classe. Poi ci sono attività interne alla Pamat, di intervento educativo. I ragazzi che accogliamo possono venire nel pomeriggio a fare i compiti e sono seguiti personalmente da un volontario (c'è rapporto uno a uno). Questo permette di entrare in contatto anche con gli insegnanti e con gli adulti di riferimento del minore, dove ci sono, che vengono accolti nel
progetto Margherita. Per questi è obbligatorio partecipare affinché il bambino sia accolto dalla Pamat in questa rete relazionale con i volontari. Il progetto ‘
Insieme’ arriva fino alle scuole superiori, ‘
Insieme stella’ è la prosecuzione ma con altre attività, che non sono solo di supporto scolastico. ‘
Ascolto’, infine, è la rete tesa quando c’è bisogno di un intervento di natura psicologica precisa. Si può considerare il filo conduttore degli altri progetti: ci apriamo all’esterno, offriamo degli strumenti ai minori a scuola, poi se il bisogno si fa più pressante li accogliamo anche nella nostra struttura. 'Ascolto' è anche per gli adulti". Tutte queste attività sono completamente gratuite, svolte da volontari che collaborano a titolo gratuito all’associazione senza ricavarne alcun tipo di vantaggio se non la soddisfazione personale di poter aiutare in situazioni concrete. Le gratuità è uno dei tratti fondamentali di Pamat, di cui siamo molto orgogliosi”.
Quanti volontari lavorano in Pamat? E quanti bambini e ragazzi vengono accolti? “Riusciamo a ospitare una trentina di ragazzi, con altrettanti volontari (e anche con riserva). I soci, invece, sono circa un centinaio. Considerate le classi e gli insegnanti coinvolti nei progetti di Pamat con le scuole, complessivamente ogni anno riusciamo a raggiungere tra i 1200 e i 1400 studenti nell’area pratese”.
Capita che qualcuno di essi venga seguito per anni, magari crescendo all’interno dell’associazione stessa? “Sì e ne siamo orgogliosi. Alcuni di loro sono arrivati all’università, altri al mondo del lavoro. Noi lavoriamo affinché poi nella rete di Pamat ci siano poi maglie costituite da chi l’ha conosciuta magari in una situazione particolare della propria vita, che poi è riuscito a superare, e che magari riesce a ritornare per offrire all’associazione il suo sostegno. Il sogno nel cassetto è quello di accompagnare questi ragazzi anche al mondo del lavoro e per questo cerchiamo di costruire una collaborazione con le aziende sul territorio perché si avviino percorsi e relazioni”.