La Usl ha respinto alla mittente la richiesta di richiesta di morte assistita per una signora toscana di 53 anni, paralizzata a causa di una sclerosi multipla progressiva. A darne notizia è l’Associazione Luca Coscioni. Secondo l’azienda sanitaria, infatti, il trattamento di sostegno vitale che le è stato prescritto, che dunque è necessario, deve essere attivo per potersi dire esistente.
L’appello della 53enne
“Quando sono venuti a casa a visitarmi i medici sembravano concordare sul fatto che io fossi di fatto già tenuta in vita da trattamenti vitali. Sono assistita 24 ore su 24 dalla mia famiglia e da personale formato che mi aiuta in ogni attività quotidiana, assumo massicce dosi di farmaci e devo essere sottoposta quotidianamente a manovre di svuotamento intestinale. Senza tutti questi ausili io non potrei sopravvivere. Quello che mi avvilisce di più è che la mia esigenza di essere nutrita con la PEG – aggiunge –, prescritta dal nutrizionista e prontamente trasmessa all’azienda sanitaria, sia stata del tutto ignorata dalla USL. Pretendono che io mi sottoponga a un trattamento sanitario invasivo, contro la mia volontà, per poi poterlo interrompere e ricorrere al suicidio assistito. Tutto questo è crudele e umiliante. Io, a oggi, voglio solo essere libera di scegliere come e quando morire. Perché non posso e non voglio continuare a vivere così. Perché questa non è assolutamente vita”
“Stiamo per attivare le vie giudiziarie per le responsabilità in capo all’azienda sanitaria che ha deciso, contro il parere favorevole del Comitato per l’Etica clinica, di non riconoscere la presenza del trattamento del sostegno vitale, rifiutato dalla persona malata perché ritenuto invasivo e fonte di sofferenza inutile, e sta così causando ulteriori rischi e sofferenze” commenta Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni e coordinatrice del collegio legale della signora, sottolineando che: “Oggi in Toscana c’è una persona malata pienamente capace di autodeterminarsi, con sofferenze intollerabili determinate da una malattia irreversibile, che corre il rischio di una morte lenta e atroce dovuta a soffocamento ogni volta che mangia o beve, e che invece vorrebbe solo morire senza sofferenze”.
Cos’è il “sostegno vitale”?
Anche perché con una definizione restrittiva di ‘sostegno vitale’ come requisito per il suicidio assistito si limita la libertà di scelta delle persone, dichiara oggi in una nota Gallo. E “I disegni di legge all'esame dei Senatori non sciolgono questo nodo”.
Sulla definizione su cosa oggi – nella pratica medica – si possa intendere per ‘forma di sostegno vitale’, “non è certamente possibile attenersi alla imprecisa e sbrigativa definizione che ne ha voluto dare recentemente il Comitato Nazionale per la Bioetica, che si è rifatto a un ormai vetusto e inappropriato concetto di mera ‘sostituzione di organo vitale’; definizione in contrasto con recenti e numerose sentenze e posizioni di comitati etici ospedalieri”, osserva l'anestesista Mario Riccio, che aiutò Piergiorgio Welby a morire e che curò la parte tecnica del primo suicidio medicalmente assistito in Italia.
Secondo la Società italiana di anestesia analgesia rianimazione e terapia intensiva (Siaarti) non esiste una definizione unanime di sostegno vitale, che è infatti il requisito più ambiguo previsto dalla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale che ha legalizzato l'aiuto al suicidio medicalmente assistito per le persone malate a determinate condizioni. “Oggi a differenza di parecchi anni fa non esiste una definizione di trattamento di sostegno vitale, nel contesto scientifico, chiara e accettata in tutto il mondo”, ha aggiunto Alberto Giannini, del Comitato etico di Siaarti nelle prime audizioni in Senato, presso le Commissioni Giustizia e Sanità, riguardanti i disegni di legge sul suicidio medicalmente assistito. Per la segretaria nazionale dell’associazione Coscioni queste sono precisazioni fondamentali per gestire persone diverse affette da patologie diverse e in una fase diversa della malattia. “L'interpretazione restrittiva - aggiunge - si scontra oggi con i limiti posti dalla norma penale e la Corte costituzionale dovrà pronunciarsi su questa nuova questione di legittimità costituzionale che nel 2018 non era all'esame della Corte”.