Se in Occidente si fa ancora
fatica a parlare pubblicamente e senza vergogna di
ciclo mestruale, pensate se foste nate ad esempio in Nepal. Dove una donna con le mestruazioni viene addirittura isolata e rinchiusa in una
struttura separata dal resto della famiglia. Un'usanza barbara e soprattutto
illegale, ma ancora ben radicata. Che, purtroppo, spesso condanna le stesse giovani ragazze a morti atroci.
Morta a 16 anni nella capanna mestruale
Una ragazza di 16 anni è morta in Nepal dopo essere stata rinchiusa nella cosiddetta "capanna mestruale"
Ora la pratica del "
chhaupadi", le capanne in cui sono costrette le
donne con il ciclo, fa registrare un'altra vittima: una ragazzina nepalese di appena
16 anni, Anita Chand, trovata morta probabilmente per il morso di un serpente mentre dormiva sola nel suo giaciglio isolato per rispettare la tradizione. La sua morte è la prima segnalata negli ultimi anni ma sono diversi, almeno
15, i casi di cui - ricorda Il Guardian - si è avuta notizia.
La barbara usanza del chhaupadi in Nepal
Il chhaupadi si basa sulla secolare convinzione che le donne e le ragazze siano
impure e intoccabili durante le
mestruazioni. Per questo, in quei giorni, non sono autorizzate a svolgere tutta una serie di attività e non sono rari i casi in cui sono addirittura bandite dalla vita della comunità, chiuse in "
capanne per il ciclo".
Il chhaupadi si basa sulla secolare convinzione che le donne e le ragazze siano impure e intoccabili durante le mestruazioni
La pratica, che ha legami con l'induismo, è profondamente radicata nel Nepal occidentale. Vissuta ogni mese dal
44% delle donne che abitano le regioni più remote del Nepal, è stata dichiarata illegale nel 2005, ed è punibile con un massimo di
tre mesi di carcere e una
multa di 3.000 rupie nepalesi (all'incirca 23 euro). Secondo il chhaupadi alle donne con le mestruazioni
non è permesso entrare in casa, incontrare la famiglia - specialmente gli uomini - o recarsi nei templi.
Vietato anche il
consumo di latte, yogurt, burro, carne e altri
alimenti nutrienti, come anche
l'uso di coperte calde durante l'inverno. Isolate negli appositi spazi 'mestruali' le donne sono ad alto rischio di malattie, come la diarrea, la polmonite e problemi respiratori. Devono inoltre affrontare la minaccia di attacchi da parte di animali selvaggi o addirittura aggressioni e stupri.
Le vittime della pratica
La polizia del distretto di Baitadi, dove è morta Anita, ha aperto un'indagine e la sua famiglia ha negato che avesse il ciclo, temendo le punizioni previste dalla legge. "Stiamo lavorando per porre fine a questa pratica, ma
abbiamo ancora molto da fare", ha affermato Bina Bhatta, vicepresidente del comune rurale di Pancheshwar a Baitadi.
Una giovanissima mamma con la figlia: anche in questo caso la donna deve passare il periodo in cui ha il ciclo nella struttura separata
L'ultima vittima prima di Anita era stata una ragazza di 21 anni, Parwati Budh, trovata senza vita in una piccola capanna nell'estremo ovest del Nepal nel 2019. Morì asfissiata a causa dei fumi esalati da un fuoco acceso nel tentativo di scaldarsi durante una notte gelida.
Il progetto di Restless Development
Un progetto finanziato dall'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'uguaglianza di genere e messo in atto dall'ong internazionale
Restless Development, afferma che il programma ha permesso di raggiungere più di 45.000 donne e ragazze, riducendo la percentuale di coloro che dormono nelle fatiscenti strutture
dal 19,4% al 5,5%. Ma non basta, ogni anno continuano a perdere la vita ragazze come Anita.