Non solo Gisèle Pelicot, anche la figlia sospetta abusi

Le persone coinvolte nei fatti di Mazan, col procedere delle udienze, stanno muovendo nuove accuse verso Dominique Pelicot

di MARCO PILI
22 novembre 2024
Gisèle Pelicot presso il tribunale di Avignone (ANSA)

Gisèle Pelicot presso il tribunale di Avignone (ANSA)

A partire dai primi di settembre, un processo sta sconvolgendo l’opinione pubblica francese e non solo. Nelle aule del tribunale di Digione, infatti, si stanno tenendo le udienze che vedono Dominique Pelicot, marito di Gisèle Pelicot e padre di David e Caroline, accusato di violenza sessuale aggravata, di gruppo, nonché di pedopornografia e altri reati, la totalità dei quali commessi proprio nei confronti dei suoi familiari più prossimi.

Ed è durante una delle ultime udienze che la posizione di Dominique si è ulteriormente aggravata. Alle accuse mosse da Gisèle che, negli anni, è stata stordita e abusata per oltre dieci anni da circa settanta uomini, sono seguite le deposizioni del figlio e della figlia. Per la prima volta, infatti, David ha attaccato in aula il padre: “Se ti è rimasta un po' di umanità, vorrei che dicessi la verità su quello che hai fatto anche a mia sorella Caroline, che soffre ogni giorno e soffrirà per il resto della sua vita, perché non credo che tu dirai mai la verità!”.

Un sospetto, quello del fratello e della sorella, scaturito da alcune immagini della figlia scattate nel sonno e conservate nel computer del padre, le quali avrebbero spinto i figli a chiedere pene ancora più severe. Ciò che è certo, è che il tema della violenza di genere è tristemente più attuale che mai, e necessita misure tanto immediate quanto impattanti. Le modalità adottare da Dominique, in particolar modo, riconducono ad un concetto di possesso del corpo della donna, in questo caso sua moglie Giséle e sua figlia Caroline, adesso quarantacinquenne.

È stato proprio il comportamento della compagna, a più riprese in tribunale, a lanciare un importante messaggio per evitare quella che viene definita vittimizzazione secondaria, cioè la colpevolizzazione della vittima di violenze. Gisèle, infatti, ha chiesto e ottenuto che i processi si tengano a porte aperte, nel tentativo di diffondere un messaggio in favore della legittimità della denuncia che, ancora oggi, stenta ad affermarsi, in quello che lei stessa ha definito “un processo alla vigliaccheria”.

L’ira della donna, infatti, è ricaduta non solo sul marito, mandante di tutte le violenze, ma anche sugli oltre settanta uomini che, metodicamente, hanno rispettato le pressioni imposte dall’imputato per non rivelare agli inquirenti ciò che stesse accadendo. Una violenza sistematica e organizzata nei minimi dettagli, che ricorda ancora una volta a tutti noi quanta strada debba ancora essere percorsa.