Obbligo di ascoltare il battito del feto: la petizione antiabortista di un Municipio di Roma

L'associazione "Ora et labora in difesa della vita" ha lanciato una proposta di legge di iniziativa popolare che ha fatto immediatamente scattare la replica dei dem: "Propaganda contro le donne!"

di MARIANNA GRAZI
7 novembre 2023
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Vuoi abortire? Prima sei obbligata ad ascoltare il battito cardiaco del feto. Una procedura già adottata dalla destra conservatrice al potere in Ungheria ma che trova sempre più sponda anche nel nostro Paese, tra iniziative denunciate ma mai confermate e proposte di legge ben più concrete. Come quella di iniziativa popolare antiabortista, rilanciata con un post il 13 ottobre scorso sulla pagina del Municipio Roma VI, unico a guida a Fratelli d'Italia. Il contenuto della petizione dell'associazione "Ora et labora in difesa della vita" è a dir poco scioccante, ma non stupisce se inserito nel contesto pubblico attuale, in cui si assiste a un tentativo di ritorno a valori tradizionali e, in molti casi, anacronistici e patriarcali.

La petizione "Un cuore che batte"

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Una proposta di legge antiabortista vuole obbligare i medici a far vedere il feto e a far ascoltare il suo battito cardiaco alle donne che vogliono abortire

La proposta in questione, chiamata "Un cuore che batte", è stata addirittura pubblicata con tanto di orari per andare a firmare presso la sede istituzionale, in viale Duilio Cambellotti. E, nello specifico si propone di introdurre nella legge 194, che regola l'interruzione volontaria di gravidanza, questo comma:
"Il medico che effettua la visita che precede l'interruzione volontaria di gravidanza ai sensi della presente legge è obbligato a far vedere, tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire il nascituro che porta nel grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso".
La proposta in questione obbligherebbe quindi i sanitari a mostrare alla malcapitata, che chiede solo di far valere un proprio diritto, quello di interrompere volontariamente la gravidanza, il feto e a farle sentire il battito cardiaco di questo. Sul post del Municipio Roma VI, governato dall'unico presidente di centrodestra Nicola Franco, anche il rimando al sito istituzionale del municipio con dentro il link con la locandina dell'associazione che recita: "Con la tua firma potrai salvare tanti bambini".

La denuncia: "Far sentire il battito proposta contro le donne"

A denunciare l'accaduto è stata la sezione di Roma del Partito democratico, per voce del segretario Enzo Foschi e della coordinatrice della segreteria romana, la consigliera regionale Emanuela Droghei. "Mai avevamo assistito ad una vergogna simile", dice Foschi, a cui fa eco la consigliera Droghei: "È inaccettabile che un profilo istituzionale sponsorizzi una raccolta firme di iniziativa popolare e che lo faccia con tanto di locandina che rilancia la proposta". E anche dai parlamentari dem arriva l'attacco: "È propaganda", ha dichiarato Cecilia D'Elia, senatrice e portavoce nazionale della Conferenza delle donne democratiche, sottolineando che così "si piega la comunicazione istituzionale a favore di una campagna contro una legge dello Stato".
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Prima di interrompere la gravidanza una donna dovrebbe sentire il battito del feto che porta in grembo

A difendere invece la correttezza dell'atto il rappresentante della circoscrizione Franco: "Il Pd è democratico a parole ma non nei fatti, visto che il Municipio VI ha semplicemente accolto l'invito che il consigliere capitolino Stefano Erbaggi ha esteso ai 13 municipi romani che non avevano ancora aderito alla pubblicazione dell'avviso della raccolta firme per 'Un cuore che batte'", afferma. "La colpa, se così possiamo chiamarla, è che la raccolta firme è a sostegno della vita e della maternità, temi su cui la sinistra è evidentemente confusa e in agitazione", sostiene ancora il presidente del sesto municipio, spiegando poi che lo stesso avviso pubblico si trova sul sito del comune di Roma. Così il Pd ribatte nuovamente ricordando che il Campidoglio ha l'obbligo di pubblicarlo sul sito "ma che nessuno si è sognato di metterlo su una pagina istituzionale con tanto di locandina. Questa è stata una scelta politica. Una scelta politica contro le donne".