Omicidio Sharon Verzeni, i due testimoni: “Moussa Sangare straniero? Anche noi lo siamo”

I due ragazzi, poco più che ventenni, che hanno aiutato i carabinieri nelle indagini sono entrambi di origini straniere e con la cittadinanza italiana. Qualcuno direbbe: e quindi? La domanda andrebbe girata a quella destra che strumentalizza

di CHIARA CARAVELLI
31 agosto 2024
La cattiva abitudine a etnicizzare i reati (foto di repertorio)

La cattiva abitudine a etnicizzare i reati (foto di repertorio)

Non c’erano tracce dell’assassino di Sharon Verzeni dalla notte tra il 29 e il 30 luglio scorsi. L’unico indizio in mano agli inquirenti era il frame di un filmato delle telecamere di videosorveglianza vicino alla zona dove la ragazza è stata accoltellata e uccisa, a Terno d’Isola in provincia di Bergamo. Un mese dopo, quell’unico indizio si è arricchito di particolari fondamentali per il fermo del presunto killer, reo confesso, il trentenne Moussa Sangare, nato in Italia da genitori del Mali e residente a Suisio, paese a pochi chilometri da Terno.

A fornire gli elementi utili per la svolta delle indagini sono stati due ragazzi di 23 e 25 anni, anche loro di origini straniere ma con la cittadinanza italiana dall’età di 15 anni. Ed è proprio su questo che i due testimoni chiave hanno puntato l’attenzione dopo che nelle ultime ore alcuni esponenti del centrodestra, primo fra tutti il leader del Carroccio Matteo Salvini, avevano provato (come sempre accade del resto quando a commettere reati sono persone con origini straniere) a strumentalizzare la nazionalità del killer, che tra l’altro è nato in Italia, per scopi politici. E che il tema dell’immigrazione sia uno dei grandi cavalli di battaglia della destra non è cosa nuova.

"Noi abbiamo avuto la cittadinanza da ragazzini – dicono i due giovani – a quindici anni. Vogliamo far riflettere che se il killer è di origini straniere lo siamo anche noi. E forse l'assassino ora, senza la nostra testimonianza, sarebbe libero”.

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Ma facciamo un passo indietro. Il leader della Lega, poco dopo la notizia del fermo di Moussa Sangare, aveva sottolineato in un post che il presunto assassino fosse di origini nordafricane aprendo di fatto la strada da una parte alla polemica, dall’altra ai commenti di altri esponenti di centrodestra. Come la responsabile del dipartimento Pari opportunità della Lega, la deputata Laura Ravetto, che ha commentato: "Davvero sono questi i nuovi italiani a cui aspiriamo?”.

O il senatore del Carroccio Claudio Borghi che ha scritto: "Oh, abbiamo i giornali che per una volta ci dicono la nazionalità di un criminale”. Commenti che, per quanto discutibili, sono in linea con la politica del centrodestra, in particolare della Lega.

Ma che bisogno c’è, viene da chiedersi, di sottolineare la nazionalità di Sangare, persona oltretutto nata e cresciuta nel nostro Paese? Perché davanti a una tragedia come quella della morte della giovane barista bergamasca, davanti alla tragedia della sua famiglia, degli affetti, dell’ennesimo femminicidio, c’è bisogno di focalizzarsi sulle origini del presunto killer? Perché non concentrarsi sul delitto, sul fatto che un’altra donna è morta per causa di un uomo, anche se questo assassinio non è maturato all’interno di un contesto di violenza domestica. Per l’ennesima volta, purtroppo, le strumentalizzazioni di una parte della politica sono passate davanti a tutto il resto.