Rai per la famiglia tradizionale: il "No" arriva anche da Strasburgo

Bocciato l'emendamento della maggioranza in vigilanza Rai che chiedeva all'emittente di Stato un impegno nella promozione dei legami familiari tradizionali. Il Parlamento europeo frena i sogni dell'estrema destra

di MARGHERITA AMBROGETTI DAMIANI
5 ottobre 2023
famiglia "naturale"

famiglia "naturale"

La questione dell'emendamento sul nuovo contratto Rai non meraviglia. Che tra i mantra dell'attuale governo ci sia quello della famiglia tradizionale è cosa arcinota. Poco importa se molti di coloro che siedono in Parlamento siano ben lontani dallo stereotipo del “Mulino bianco”: quella giusta è la famiglia composta da un padre, una madre, prole al seguito e così sia, tra un colpo di spugna alle famiglie arcobaleno, un soffio dall’approvazione di una legge contro la gestazione per altri e il niet all’educazione alle differenze sui banchi di scuola.

La Rai e quel compito di promuovere la famiglia "naturale"

In questo contesto, tra gli oltre 400 emendamenti al nuovo contratto di servizio presentati in Vigilanza RAI è stato inserito anche quello che avrebbe voluto vedere l’emittente di Stato impegnata nella realizzazione di prodotti finalizzati a dare una rappresentazione positiva dei legami familiari secondo il modello di famiglia indicato dall'articolo 29 della Costituzione (naturale e fondata sul matrimonio).

I precedenti in Russia e in Ungheria

Non solo: alla RAI, secondo l’emendamento, sarebbe dovuto toccare pure il compito di valorizzare la “maternità”. A sottoscrivere il testo sono stati i parlamentari di Forza Italia Roberto Rosso, Maurizio Gasparri, Rita Dalla Chiesa, Andrea Orsini. Una proposta che ha tutta l’aria di voler raccogliere il testimone della legge del 2013 con cui il presidente russo Vladimir Putin vietò quella che definì “propaganda delle relazioni non tradizionali”, già presa al volo dall’europeo - e vicino alla premier Meloni - primo ministro ungherese Viktor Orbán.
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Giorgia Meloni insieme a Victor Orbàn (Adnkronos)

Non a caso, in Ungheria sono vietate campagne pubblicitarie in favore delle comunità Lgbt e ogni genere di attività di sensibilizzazione su temi come la riassegnazione di genere e l’omosessualità. No assoluto anche a programmi TV e contenitori che, in un modo o nell’altro, potrebbero fare da sponda alle “lobbies Lgbt e alle loro malate, malsane, anticristiane e antipatriottiche" concezioni di vita". La faccenda - e ci sarebbe stato da preoccuparsi del contrario - non è passata inosservata, tanto da scomodare anche il Parlamento europeo. All'agenda della seduta plenaria di Strasburgo di ieri, come ultimo punto all'ordine del giorno è stato inserito il dibattito sulla "diffusione di leggi e propaganda anti-Lgbtq da parte dei partiti e governi populisti in Europa" su richiesta del gruppo Renew Europe, tra le cui fila, oltre - tra le altre e gli altri - ai macronisti, siedono gli europarlamentari italiani di Azione e Italia Viva.

Il "no" del Parlamento europeo

A scagliarsi contro le destre ultra-conservatrici d’Europa dal podio centrale dell’emiciclo è stato l'eurodeputato Pierre Karleskind, sostenendo che, quando si trovano a dover fare fronte a una crisi politica (leggasi nel caso specifico “sbarchi dei migranti”), si buttano a capofitto su battaglie identitarie come la lotta senza quartiere ai diritti Lgbt. A dare man forte a Karleskind è stato il presidente del gruppo Renew Europe al Parlamento europeo, Stephane Sejourne, che in conferenza stampa si è detto molto preoccupato per le sorti dei diritti in Europa. Quello che, agli occhi dei più, poteva sembrare un posizionamento politico fine a se stesso, è diventato invece un assist che ha portato l’emendamento della maggioranza dritto alla bocciatura, con annessa amarezza dei firmatari. La norma "anti-Lgbt" da Bruxelles non è passata, dimostrando che, al di là di ogni ragionevole dubbio, il governo Meloni in fatto di diritti non può fare e disfare a proprio piacimento. La violenta interruzione del riconoscimento dei figli delle coppie Lgbt, la bocciatura da parte del Senato della proposta di Regolamento europeo per l'adozione di un certificato europeo di filiazione, i riferimenti più o meno velati a una fantomatica sostituzione etnica si stanno scontrando con il realismo di un’Unione europea che, anche dalle parti del centro, centro-destra, ha tutta l’aria di non essere disposta a prestare il fianco a oscurantismi di sorta. rai-famiglia-tradizionaleDel resto, già lo scorso 21 aprile il Parlamento Europeo aveva condannato fermamente “la diffusione di retorica anti-diritti lgbt da parte di alcuni governi nell'Ue, come Ungheria, Polonia e Italia”. Molto dipenderà dalla tornata elettorale del prossimo giugno. C’è da scommettere che quello dei diritti sarà uno dei campi di battaglia più animati. La speranza è che a pagare le spese di una campagna elettorale, a colpi di scontri ideologici, non siano le europee e gli europei, da Nord a Sud, da Est a Ovest.