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Discoteca a cielo aperto e balli contro il decreto anti-rave. "La musica libertà d'espressione"

Raduni improvvisati e street parade in diverse città d'Italia. Il cantante Cosmo: "Questo governo vuole imporre un controllo del tempo libero"

di NICOLÒ GUELFI -
20 dicembre 2022
La protesta a Torino contro il decreto rave party

La protesta a Torino contro il decreto rave party

La protesta rumorosa invade le strade. Palermo, Napoli, Roma, Bologna, Firenze e, soprattutto, Torino per un giorno si sono trasformate in una discoteca a cielo aperto. Migliaia di persone si sono ritrovate con un solo scopo: ballare e divertirsi, un gesto così semplice che è anche estremamente politico. Il gigantesco flash mob nasce proprio per protestare contro il decreto recentemente varato dal governo Meloni contro gli ormai noti rave party.
La protesta contro il decreto rave-party a Bologna

La protesta contro il decreto rave-party a Bologna

“Siamo qui in piazza per dire no al decreto che reprime momenti di aggregazione e di libertà d’espressione, autogestione ed arte – così si legge nel volantino distribuito al corteo di Torino –. Tutto ciò che caratterizza da anni i free party. Vedendoci come criminali stanno concependo leggi che paragonano le nostre pratiche a reati molto più gravi come associazione a delinquere, sequestro di persona e tentato omicidio”. Il cuore della protesta è tutto nel finale: “Il free party non è un crimine”. A Torino il corteo ha sfilato da piazza Statuto al parco del Valentino dalle 13 di sabato 17 dicembre fino alle 23. Migliaia i manifestanti che hanno rivendicato il diritto alla musica e a divertirsi in spazi autogestiti senza scopo di lucro protestando “contro un provvedimento che prevede per gli organizzatori di free party con più di 50 persone pene tra i 3 e i 6 anni di carcere”. Le manifestazioni hanno paralizzato le città e creato disagi per il traffico e la circolazione dei mezzi pubblici. In particolare, nel capoluogo piemontese un corteo composto da otto furgoni che mettevano musica e distribuivano cibo e bevande ha attraversato la città raccogliendo persone in tutto il suo percorso, ma non sono risultati danni rilevanti alle persone o alla proprietà pubblica e privata. La manifestazione era organizzata con delle regole precise: attenzione alla pulizia e all’assistenza reciproca. Tutto per dimostrare che la cultura dei free party non rappresenta un pericolo per la comunità. Le forze dell’ordine, presenti in gran numero lungo tutto il percorso, non sono mai dovute intervenire.
A Torino la street parade per dire no al decreto legge che vieta i rave party (Instagram)

A Torino la street parade per dire no al decreto legge che vieta i rave party (Instagram)

Su uno dei carri alla coda del corteo era presente anche Marco Jacopo Bianchi, in arte Cosmo, producer, dj e cantautore di Ivrea che ha sostenuto la protesta insieme alla sua crew Ivreatronic, e ne ha diffuso il messaggio sui social. Cosmo porta avanti un discorso politico che non è scindibile dal suo lavoro come artista e cerca di sensibilizzare il pubblico sulla cultura dei free party e dell’importanza della musica come momento di aggregazione. A settembre del 2021 il cantautore aveva pubblicato una lettera aperta sulle pagine di "Quotidiano Nazionale" per chiedere il permesso di organizzare una tre giorni di musica a Bologna quando ancora le restrizioni Covid permettevano solo piccoli eventi con posti seduti e distanziati. Annunciata come una Street Parade, la manifestazione si è mossa sul ritmo della techno, del punk, della musica latina e della world music. Le manifestazioni erano collegate tra loro tramite le frequenze di radio libere. "Questo governo non propone soltanto un controllo del tempo libero – afferma Cosmo durante la manifestazione – la repressione è generale e ce ne stiamo accorgendo già dai primi mesi del suo insediamento".
Alla manifestazione di protesta torinese era presente anche il cantautore Cosmo

Alla manifestazione di protesta torinese era presente anche il cantautore Cosmo

L'iter del decreto legge

Il decreto al centro del dibattito è stato da pochi giorni approvato al Senato con 92 voti favorevoli e 75 contrari, e presto passerà anche all’esame della Camera il 27 dicembre. Una ulteriore ragione del dibattere, sin dalla sua prima formulazione, sono l’ambiguità e la vaghezza del testo, che pur riferendosi ai rave-party non li menzionava mai. In mancanza di ulteriori specifiche, anche le manifestazioni di altro genere, svolte in un complesso di proprietà privata, potrebbero essere sciolte dalle forze dell’ordine e i partecipanti potrebbero subire pene molto pesanti. C’è da dire che una delle prime norme varate dal governo non costituisce un’emergenza sociale: il caso scatenante del rave di Modena si è risolto senza feriti o scontri ed eventi di questo genere si svolgono da anni ma non con una frequenza tale da destare preoccupazione per l’ordine pubblico. Il testo presentato introduce l’articolo 633-bis nel Codice penale e prevede la reclusione da tre a sei anni e la multa da euro 1.000 a euro 10.000 per “chiunque organizza o promuove l’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di realizzare un raduno musicale o avente altro scopo di intrattenimento”. Una pena di fatto molto alta anche se rapportata ad altre tipologie di reato. Ciò che sorprende è che un evento di portata nazionale svoltosi nelle grandi città non abbia sortito reazioni della politica, né locale né nazionale. Il contrasto a un fenomeno così poco diffuso come i rave in Italia ha fatto sì che le strade e le piazze delle grandi città si trasformassero in una grande festa itinerante. Una festa in cui nessuno si è fatto male e che ha solo richiesto la libertà che uno stato dovrebbe garantire, non togliere. Una festa che, citando uno dei brani di maggior successo di Cosmo, potrebbe essere l’ultima.