A Rondine giovani israeliani e palestinesi convivono lontano dalla guerra. "Hanno paura, ma la affrontano insieme"

Nel borgo vicino Arezzo, Rondine, vivono sei ragazzi israeliani e palestinesi che hanno in comune il dolore per quello che sta accadendo ai loro familiari e parenti

di LUCIA BIGOZZI -
12 ottobre 2023
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C’è un solo luogo al mondo, nei giorni bui della strage, dove israeliani e palestinesi hanno scelto di convivere, mettere in comune il dolore e provare a trasformarlo in opportunità: piccoli passi possibili per costruire la pace. È Rondine, il borgo sull’Arno alle porte di Arezzo, al quale Liliana Segre ha lasciato l’eredità della sua testimonianza pubblica. Lo ha fatto nell’ottobre 2020 in un incontro davanti all’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte e alle più alte cariche dello Stato. "Tutto il dolore del mondo è qui. Ma è un dolore che non si lascia sopraffare dalla violenza". È racchiuso nelle storie e nelle vite dei ragazzi che a Rondine imparano a costruire una prospettiva diversa, provando a ribaltare l’orrore delle guerre come "soluzione" e a farlo con "l’arma", potentissima a ben guardare, della parola, del confronto, del mettersi nei panni dell’altro prima della contrapposizione che alza i muri. Comprendere e insieme cercare la soluzione.

Il presidente di Rondine

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Presidente e Fondatore della Cittadella della Pace, Franco Vaccari nasce ad Arezzo nel 1952

"Tutto il dolore del mondo è concentrato in questo borgo", dice Franco Vaccari che Rondine l’ha fondata e la cura giorno per giorno, alimentando con il dialogo quei "semi" che qui crescono, si formano, studiano, scoprono il valore della condivisione e dell’umanità anche quando la guerra divide le loro terre, le famiglie, gli amici e ipoteca il futuro. Come accade ora tra israeliani e palestinesi, come continua a essere tra ucraini e russi, come tra armeni e azerbaigiani sul Nagorno Karabakh: sono i dolori del mondo che qui diventano percorso per immaginare i futuri leader in uno schema opposto a quello che in queste ore semina sangue e spezza vite. Le notizie dell’orrore nella striscia di Gaza arrivano prima che sui social o sulle "all news" delle tv del mondo. Corrono nei messaggi e sulle foto che raccontano ciò che accade. Sono sei i ragazzi che vivono il dramma di Israele e della Palestina e nella Cittadella della pace si impegnano a costruire ponti.

Le tragiche notizie che arrivano da amici e parenti

"Li ho incontrati e ci sono state lacrime, abbracci, sostegno, incoraggiamento. Il loro dolore è il nostro. Questi sono i momenti in cui Rondine capisce la sua ragione profonda, l’essenza del suo mandato. Attraverso i ragazzi che studiano qui, stiamo accogliendo i dolori degli ucraini e dei russi, di armeni e azerbaigiani e degli armeni. Ora c’è il dolore dei ragazzi israeliani, palestinesi e libanesi. Un vertice di dolore e di angoscia racchiuso in questo borgo, ma senza lasciarsi sopraffare", scandisce Vaccari.
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Le studentesse e gli studenti del nuovo anno scolastico sono arrivati oggi nella Cittadella della Pace

Perché una delle chiavi di Rondine è l’approfondimento, la riflessione, l’elaborazione di un metodo che renda il dialogo non solo possibile e fortificato dal confronto nella convivenza, ma che sia anche nutrimento per costruire nuovi orizzonti che proprio Rondine affida ai ragazzi che accoglie e forma. Orizzonti di pace.

Qui il dolore diventa opportunità

"La domanda che ricorre in queste ore è: che senso ha stare qui mentre il mio popolo soffre, riceve violenza o si scambia violenza? È la domanda radicale di questi ragazzi". La risposta che la Cittadella offre è come un percorso a tappe nel quale ci si tempra e si metabolizza il dolore trasformandolo in opportunità di incontro, non più di scontro. Costruire ponti, abbattere muri. "In questi momenti li aiutiamo a capire che un concetto fondamentale: o i leader del futuro ragioneranno in un altro modo per governare il mondo, oppure le tragedie di oggi si riproporranno. I ragazzi lo capiscono perfettamente ma vivono, lacerante, il dolore di ciò che accade col pensiero alle famiglie e agli amici". Le notizie che a Rondine arrivano prima dei tg dicono che "le loro famiglie stanno bene, ma comincia la conta degli amici morti". Una cintura di protezione intorno è il "metodo" Rondine, anche se l’accoglienza e il sostegno hanno un confine ben definito: "Li lasciamo sempre liberi di decidere. Potrebbero scegliere di tornare a casa, ma hanno scelto di restare qui perché in questo momento è l’unico luogo dove accettano di stare insieme e di non lasciarsi risucchiare dalla tragedia della guerra".