Elena, mamma di un ragazzo tetraplegico, continua la battaglia #Finoallultimorespiro

Improta, sessantenne condannata a pagare 300mila euro alla clinica dove ha partorito dopo aver perso la causa, è presidente di una onlus e ha creato una struttura a Orbetello per il 'dopo di noi'

27 luglio 2023
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Un figlio, Mario, disabile dalla nascita. Una sentenza che la condanna a pagare circa 300mila euro di spese legali alla clinica romana a cui aveva fatto causa dopo il parto, avvenuto 34 anni fa. Elena Improta, 60enne di origini napoletane ma residente a Orbetello, da 13 giorni porta avanti lo sciopero della fame per protestare contro quella che ai suoi occhi e a quelli di chi la sostiene, è un'ingiustizia. Che la costringerebbe a dire addio ai progetti messi in campo fino ad oggi per dare una speranza in più proprio al suo ragazzo e ai tanti come lui che vivono con una disabilità. Come la onlus e la struttura per il 'dopo di noi'.

La salute peggiora ma la battaglia continua

"Comunicato ore 9.24. 13° giorno di sciopero della fame e arriva una bella notizia: dopo Allianz Assicurazioni e AXA Italia anche Assicurazioni
Generali Italia rinuncia al recupero della sua quota di spese processuali liquidate dalla Corte d’Appello di Roma. Un grazie di cuore. Villa Mafalda resta ancora insensibile a ogni richiesta", ha scritto mercoledì 26 luglio.
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Elena Improta ha superato i 13 giorni di sciopero della fame. le sue condizioni di salute stanno peggiorando (Facebook)

Nonostante le sue condizioni di salute peggiorino, la donna ha intenzione di proseguire nel suo sciopero dopo che Villa Mafalda, nei giorni scorsi, ha respinto ogni proposta di mediazione. Intanto abbiamo chiesto un parere sulla questione a Serena Spinelli, assessora regionale alle Politiche Sociali: "Per noi progetti come quello della dottoressa Improta sono elementi di obiettivo e di programmazione, ci abbiamo creduto e continuiamo a farlo. Invito anche la signora a smettere con lo sciopero della fame perché naturalmente sono e siamo tutti preoccupati per le sue condizioni di salute".

La vicenda di Elena e Mario

La vicenda della 60enne e di Mario, è iniziata appunto oltre 30 anni fa, quando Elena ha dato alla luce suo figlio "in un parto a rischio, a Villa Mafalda di Roma", come si legge nella petizione lanciata su Change.org. Un parto nel quale purtroppo le cose non vanno per il verso giusto, tanto che il neonato, si scoprirà poi, è tetraplegico. "Dopo varie perizie, si conferma ragionevolmente il nesso tra il rapporto della sofferenza ipossico ischemica e l'assenza di ossigeno, con la condizione di Mario. Ma non il nesso di negligenza dei medici e della clinica". La causa intentata alla clinica, infatti, la perde, dopo anni di battaglie legali: secondo i giudici non è stata colpa dei dottori.
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Elena con il figlio Mario (Facebook)

Ma nel frattempo Improta ha saputo ricostruire sulle macerie di quella nascita così disgraziata, facendo della speranza per tutte le persone con disabilità e le loro famiglie un valore portante della propria vita. Ha creato col marito la onlus "Oltre lo Sguardo", per non lasciare Mario solo in un futuro incerto. E ha scelto Orbetello come luogo di insediamento della Casa di Mario, un luogo aperto a tutti i ragazzi e ragazze disabili, dove costruire ogni giorno il "dopo di noi", ovvero un futuro di autonomia per loro e con loro quando si troveranno ad affrontare la loro esistenza senza più il supporto familiare. Oggi tutto questo rischia di andare in fumo.

L'appello disperato: "Avete bisogno dei beni di una persona disabile?"

"Avete bisogno dei beni di una persona disabile? Volete pignorare la casa destinata al Dopo di noi, dove abitano persone adulte disabili che hanno trovato lì una situazione di vita accettabile. Vi invito a parlare con noi, a conoscere come viviamo e a cercare con noi una soluzione per non toglierci quel poco ossigeno che ancora ci resta", ha detto Elena in un video sui social che ha fatto il giro del web . Ma di appelli ce ne sono stati tanti, compresa la lettera aperta inviata al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Che però non ha mai ricevuto risposta. E intanto la spada di Damocle dei 300mila euro pende sulla sua testa e su quella della sua famiglia e degli ospiti della Casa di Mario. Perché quei soldi, ovviamente, Elena non li ha. I risparmi di una vita sono stati investiti nel progetto del 'dopo di noi' e nell'attività della onlus e non bastano le manifestazioni di solidarietà né la rinuncia alla loro parte delle assicurazioni. La clinica non è disposta a rinunciarvi. E allora l'unico modo per pagare sarebbe cedendo la casa che ospita suo figlio e gli altri ragazzi (ormai adulti in realtà) con disabilità a Orbetello. Da qui lo sciopero della fame e i tentativi disperati della signora che si rivolge alla politica nazionale ("Ho scritto alla Ministra Locatelli") e alla clinica romana ("aspetto la lettera degli avvocati di Villa Mafalda [...] che non desistono e offrono solo la possibilità di rateizzazione dei 60mila euro a loro dovuti"). E infine si attacca alla speranza di un "ultimo tentativo disperato con Villa Mafalda" che le ha promesso di fare "Don Luigi D’Errico, che guida la parrocchia romana dei Santi Martiri dell’Uganda, all’Ardeatino, ed è il referente diocesano della pastorale per le persone con disabilità".
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Mamma Elena con Mario, 34 anni, tetraplegico, da cui prende il nome la struttura di Orbetello dedicata a percorsi del 'dopo di noi' per ragazzi e ragazze con disabilità

La Casa di Mario per il dopo di noi

"Ho parlato con la Responsabile del Distretto Usl Toscana Sud Est per mettere in sicurezza gli ospiti della Casa di Mario e per anticipare la mia decisione come Presidente di Oltre lo sguardo di sospendere la nostra partecipazione ai tavoli di cooprogettazione per i finanziamenti pubblici" sul tema, in quanto la struttura "continuerà ad esistere ma solo in forma privata per poter attivare un piano di rientro economico". Parole amare, che la sessantenne affida a un post su Facebook mentre continua nel suo sciopero della fame. Perché a rinunciare a quel progetto per il figlio e per tanti ospiti della casa di Orbetello, su cui ha investito energie e risorse (anche economiche) proprio non ci sta. Un luogo immerso nella bellezza, dove ridare una speranza a chi pensava di non averne. Un impegno personale ma anche istituzionale, visto l'impegno della Regione Toscana sul tema della disabilità e del 'dopo di noi'. Come ci spiega l'assessora Spinelli: "I presidi in Toscana per il 'dopo di noi' sono oltre 28 e hanno seguito un iter a cui anche la struttura della signora Improta ha partecipato".
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L'assessora regionale toscana alle Politiche Sociali Serena Spinelli

La modalità scelta, spiega la politica, "è quella dello strumento della co-programmazione e co-progettazione che mette insieme più realtà: le istituzioni (la Regione come ente di programmazione e poi i territori e la società della salute di quella zona) e chiaramente gli enti del terzo settore e del privato sociale. Vogliamo costruire percorsi di 'dopo di noi' che tengano insieme i portatori di interesse positivo, soprattutto i ragazzi e le ragazze (che in realtà sono tutti adulti) che hanno voglia e desiderano fare un percorso di autonomia abitativa e le loro famiglie (perché devono essere sempre scelte condivise). L’obiettivo delle istituzioni - prosegue - è di favorire tutti quelli che sono i percorsi di autonomia abitativa perché sono quelli più utili nella possibilità delle persone tutte di esprimere le loro potenzialità, i loro desideri, le aspirazioni. Spero perciò che la questione (di Elena) si risolva e prenda, dal punto di vista della situazione economica che si è determinata, anche una via migliore di quella che appare in questo momento. E confermo che per la Regione tutti i progetti di questo tipo sono un elemento di obiettivo, come risposta condivisa per la disabilità ma soprattutto con le persone con disabilità".